Guido Pagliarino - La Trasformazione - Sull'Eterno Corpo Glorioso Spirituale E Sul Nulla Eterno Infernale

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Per inciso, può essere interessante un’osservazione relativa alla più volte citata concezione antropologica aristotelica del sinolo umano che, comunque, per lo Stagirita è mortale tanto che la persona sia stata giusta quanto che sia stata peccatrice: Tal idea, dopo essere passata in ambiente culturale arabo, insidia in tempo rinascimentale il credo di cristiani neo aristotelici; in particolare, influisce sull’illustre filosofo Pietro Pomponazzi il cui relativo pensiero, pubblicato nel 1516, viene giudicato eretico quasi immediatamente dal V concilio Lateranense, svoltosi fra il maggio 1512 e il maggio 1517 – vedi anche l’Appendice 2, I 21 concili ecumenici della Chiesa e tracce dei relativi argomenti trattati -, concilio che tuttavia, più che richiamarsi all’affermazione di san Paolo sulla trasformazione del corpo umano da materiale a spirituale, si basa sul platonismo con la sua anima umana naturalmente immortale. S’era scritto in un precedente saggio 15: “Il filosofo arabo Averroè (Ibn Rushd, 1126-1198) tanto tempo dopo Aristotele, afferma dietro di lui che l’intelletto produttivo 16è unico com’è unica la specie umana e conclude espressamente che non c’è permanenza in vita per la persona ma solo per le specie e che di quella umana sopravvive l’intelletto produttivo, cioè la razionalità dell’uomo di tutti i tempi, e non l’anima intellettiva personale 17. L’idea d’Averroè passa a un certo numero di cristiani colti, causando crisi di fede, tanto più che Aristotele è ormai considerato in quel tempo quasi un cristiano ante litteram, in qualche modo ispirato da Dio, almeno di fondo, prima della venuta di Cristo. Tra coloro che perdono la fede ragionando sull’inseparabilità di anima e materia, c’è il noto filosofo cristiano e aristotelico Pietro Pomponazzi (1462-1524), anche se continua a manifestarla pubblicamente, come tanti altri, secondo la cosiddetta doppia verità , religiosa e filosofica: un atteggiamento – che viene attribuito erroneamente all’aristotelismo averroista – tutto sommato di comodo perché mostrarsi credenti evita di correre rischi con l’Inquisizione e, comunque, di perdere privilegi sociali. Il Pomponazzi scrive un suo trattato sull’immortalità dell’anima proponendosi d’esporre fedelmente la dottrina d’Aristotele, diversa da quella, a suo parere, stravolta dalla dottrina cattolica scolastica e in particolare da san Tommaso d’Aquino, il quale secondo lui avrebbe coperto con la ragione quanto doveva riguardare la sola fede. Il Pomponazzi, in sintonia con Averroè, conclude che l’anima non può svolgere la propria più alta funzione, quella intellettiva, se privata dei dati provenienti dagli organi del corpo: anche per lui, morto il corpo, morta l’anima; ovvero, per il principio della doppia verità , se per la fede l’anima è immortale, secondo ragione invece muore col corpo, con cui costituisce un’unità vale a dire forma una singola persona, cioè, aristotelicamente, è un sinolo.

L’errore sta nel vedere la sopravvivenza in modo platonico, possibile cioè solo grazie a un’anima intrinsecamente immortale, invece di contemplare paolinamente, e pure secondo la Genesi, lo spirito di vita di Dio che, secondo il Cristianesimo del I secolo, non solo mantiene viva la persona sulla terra ma la fa risorgere dopo la morte, o per meglio dire la mantiene viva nell’Essere eterno, in modo soprannaturale, prescindendo dalla naturale mortalità del suo corpo e della sua inscindibile anima.

Parlerò ancora della sopravvivenza a proposito dei cosiddetti Novissimi, parola che è la trascrizione in italiano del termine latino plurale novissĭma cioè cose estreme o ultime. A volte lo si trova citato in greco antico come éschata. S’intende parlare in sintesi, usando tal vocabolo, di Paradiso (l’unico che si deve, o si dovrebbe, scrivere con l’iniziale maiuscola perché è un soprannome di Dio), di purgatorio, accolto dai soli cattolici e d’inferno.

Dirò anche qualcosa, per inciso, sul limbo dei neonati e dei giusti morti senza battesimo e di come nacque fra i teologi tal fantasiosa idea del limbo, non dogmatica nemmeno per i cattolici.

Intanto torniamo ai casi A), B), C) più nei particolari e cominciamo, nel capitolo seguente, a esaminare il caso A, la risurrezione del solo animo.

III – RISURREZIONE DEL SOLO ANIMO UMANO SECONDO I PLATONICI E GLI GNOSTICI CRISTIANEGGIANTI

Dualismo greco e gnostico e semidualismo cristiano platonizzato: cenni

È noto che, con eccezioni come il monista Aristotele, i filosofi greci antichi hanno di regola un’ottica antropologica dualista, dagli orfici ai pitagorici a Platone fino a Plotino: per loro, corpo psichico e spirito dell’essere umano sono scindibili e il primo ha fine con la morte mentre lo pneuma, parte nobile dell’uomo di natura spirituale, sopravvive, si reincarna più volte e si confonde finalmente con Dio, per cui si può dire che l’individuale persona non c’è più, come d’altro canto, fuori d’Europa, è nel sentire delle religioni e metafisiche orientali reincarnazioniste dal buddismo in poi, che influisce in tal senso sull’induismo il quale, precedentemente, contempla invece un ciclo eterno e disperante di morti e rinascite.

L’idea dualista – o se vogliamo, trialista, ma usiamo il classico termine considerando singolare il corpo psichico – col pneuma da una parte e la psiche e il corpo dall’altra, è accolta sia dall’ipotetico Gnosticismo precristiano, o comunque acristiano, sia da quello cristianeggiante.

Le idee degli gnostici cristiani ci sono giunte grazie alle critiche di apologisti e di Padri della Chiesa e ad alcuni vangeli gnostici. È invece solo ipotetica l’esistenza d’uno Gnosticismo non cristiano, o se precedente il Cristianesimo, precristiano, considerando che non ce ne sono giunti documenti né diretti né indiretti. Lo Gnosticismo cristiano, o meglio cristianeggiante, potrebbe essere dunque un fenomeno non preesistente al Cristianesimo ed essere derivato storicamente, in epoca cristiana, sia da filosofie pitagoriche e platoniche, da teosofie orientali, egiziane, dionisiache, orfiche e proprie dell’ebraismo esoterico, sia dall’essenziale incontro con la predicazione della Chiesa, sulla quale avrebbe ragionato e che avrebbe distorto eliminando i discorsi essenziali della fede, della carità e della salvezza eterna offerta a tutti. In particolare Gilles Quispel ha ritenuto ch’esso possa essere stato un diretto prodotto del tardivo giudaismo intellettuale ellenistico 18.

Per tutti gli gnostici solo lo pneuma, che appartiene a pochi eletti, si salva ontologicamente, mentre tal idea è rifiutata dai cristiani, per i quali l’essere umano ha corpo e anima-psiche personali, non pneuma individuale, e dai quali il concetto gnostico è considerato eretico ed è combattuto.

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