Mario Micolucci - Dannato Malloppo!

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Western all'italiana.
Ho indirizzato lo sforzo creativo nel ricreare le atmosfere, il linguaggio e il “sapore” dei film western italiani degli anni sessanta e settanta. Per realizzare quest'intento, ho raccolto a piene mani sia dai cosiddetti spaghetti western che, in dosi più circostanziate, dai fagioli western -quelli di Bud Spencer e Terence Hill, per intenderci-; ma non solo, essendo personalmente convinto che questo particolare genere sia figlio della commedia, ho attinto anche da lì.

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L'uomo ci pensò su un attimo: forse, era tentato di rimandare il moccioso dal bandito a pretendere la parte mancante o, ancor peggio, di affrontarlo per prendersi tutto. Fortunatamente, era convinto che il tizio non potesse avere più di cinquemila dollari. Così, alla fine, stabilì che il gioco non valesse la candela. «E sia! Diciamo che per stavolta, gli faccio lo sconto» concesse scuotendo la testa.

Le buone maniere.

Se Hugg Badfinger aveva puntato diritto ad Agua Dulce, c'era un motivo. Lì, si trovava un misero negozio di cianfrusaglie; tuttavia se si avevano le giuste conoscenze, si poteva accedere a una discreta varietà di servizi... accessori. Ad esempio, era possibile impegnare qualcosa per un prestito o, addirittura, rivendere merce anche e soprattutto di dubbia provenienza. Certo, Aaron Mansill non era che un ricettatore da quattro soldi, però era il solo che Hugg conoscesse da quelle parti ed era l’unico con il quale aveva già concluso dei buoni affari. Una cosa era sicura, il commerciante non avrebbe mai potuto riscattare l'intera refurtiva: sia perché non aveva agganci così importanti da riuscire a reimmettere sul mercato tutta quella roba, sia perché non disponeva, neanche lontanamente, di una liquidità così cospicua da poterla acquistare. Se l’avesse avuta, non sarebbe stato lì a spillare spiccioli dai ladri di polli. A ogni modo, Hugg da qualche parte doveva pur sempre cominciare.

Non si era fidato a portarsi dietro tutto quel ben di Dio, così aveva nascosto larga parte del bottino sotto una roccia poco fuori dal paese. Era stato molto prudente e, prima di darsi da fare, si era appostato ed era rimasto a vigilare intorno a sé a lungo. In pratica, per tutto il tempo necessario a essere assolutamente certo che nessuno lo stesse spiando: una precauzione ai limiti della paranoia.

Giunse nel saloon di Agua Dulce poco prima di mezzogiorno. Giusto in tempo per farsi servire qualcosa dal vecchio Ben: una birra sgasata e calda come piscio, insieme a uno stufato di patate e coniglio. Era ragionevolmente sicuro che il coniglio non fosse coniglio, ma faceva lo stesso: l’importante era mettere qualcosa sotto i denti. Fortunatamente, grazie al suo aspetto lercio e all’atteggiamento cupo, era riuscito a starsene per i fatti suoi, in un angolo appartato, senza che nessuno lo avvicinasse. Regole non scritte stabilivano che avrebbe dovuto offrire da bere al suo vicino di bancone: aveva sempre odiato farlo e tale avversione non risultava affatto mitigata dal fatto che fosse diventato ricco. Completato il pasto, si fece assegnare una topaia ove alloggiare e vi si chiuse dentro a doppia mandata. Intendeva attendere la sera per recarsi dal ricettatore: presentandosi in corrispondenza dell’orario di chiusura, avrebbe avuto tutto il tempo di sbrigare l’affare a battenti serrati, senza essere disturbato da avventori occasionali.

Giunse la sera ed era quasi ora di incontrare Aaron. Prima di ogni altra cosa, si assicurò che i gioielli che si era portato dietro fossero ancora con lui. D’altra parte, dove potevano essersene andati. Poi infilò in una tasca interna del gilet il documento dall’aspetto importante, si accese un sigaro e scese di sotto a farsi un whiskey. Aveva la gola secca, inoltre, non ci si trovava a concludere affari senza un po’ di spirito in corpo.

Aveva appena portato il bicchiere alle labbra, quando una voce spiacevolmente familiare gli fece andare di traverso il drink.

«Sapevo che ti avrei trovato qui! Vedi che succede a ingozzarsi da soli? Lo dico sempre io: chi beve da solo si strozza!» Voleva dire esattamente ciò che stava affermando o quella frase nascondeva un doppio senso?

«Ben! Un bicchiere di acqua di fuoco anche per il mio amico.» “Che il diavolo se porti! Stupido alcolizzato! Perché non è crepato insieme agli altri di Little Pit?”

«Dimmi, Hugg: dove andavate tu e il tuo marmocchio con quella corsa? Ero di ritorno al villaggio. Prima, mi ha sorpassato un pistolero a cavallo che sembrava avere molta fretta, poi, quando ero quasi arrivato, vi ho visto schizzare via come se aveste il diavolo alle calcagna: avevate la stessa fretta del tizio e... anche lo stesso cavallo. Ho provato a seguirvi con il mio carretto, ma eravate così lanciati che vi ho persi di vista. Però, ho scommesso sul fatto che vi avrei trovato qui. Cosa gli avete trovato addosso?» Joe Otthims, che si era accomodato accanto a lui, accompagnò la domanda con un sorrisone complice e una gomitata scherzosa. L’uomo era enorme e sfoggiava un pancione oltremodo prominente. Era molto più grosso di Badfinger che, comunque, era assai ben piazzato. Il viso butterato e rubicondo era contornato da barba e capelli neri, incolti e schizzati di bianco. La voce rude, poderosa e il gergo colorito stridevano con il suo accento perfettamente inglese.

«Stai zitto, idiota!» gli sibilò l’altro guardandosi intorno allarmato.

«Allora, ci ho preso! A quanto ammonta la refurtiva? Cento? Duecento?» Ci provò, ma non era proprio capace di parlare sottovoce. Così, Hugg si limitò a rivolgergli uno sguardo feroce. Qualcuno si voltò verso di loro interessato.

«Cento bigliettoni e un orologio placcato d’oro che potrà fruttarmi centocinquanta dollari, almeno spero» sussurrò, in modo volutamente udibile, però. Due-trecento verdoni era la refurtiva più ricorrente dei clienti di Aaron: una discreta somma, ma nulla che potesse indurre qualcuno a fare cretinate. D’altra parte, quel posto brulicava di ruba galline che cercavano di ottenere somme simili dai loro miseri bottini. Anche lui non era mai andato oltre i duecento dollari di guadagno. Fino ad allora, s’intende.

«Hai cento verdoni in tasca e speri di cavartela con un solo sorso? Perlomeno, mi devi offrire un quarto di gallone di buon whiskey!»

Badfinger scosse la testa, sbuffò e infine fece un cenno al barista che gli consegnò un’intera bottiglia di bourbon. L'afferrò con rabbia e la sbatté sul bancone davanti a Joe, poi saldò il conto e se ne andò senza proferir parola. Si era pure dimenticato del sigaro, ma non importava: gli era passata anche la voglia di fumare. “Spero che sarà abbastanza ubriaco da scordarsi della faccenda per il tempo necessario a dileguarmi! Anzi, sarebbe molto meglio che gli scoppi il fegato una volta per tutte a quel dannato impiccione!” pensò imboccando l'uscita.

«Amico, stai attento a Mansill! Tira, sempre, a fregare sui prezzi!» gli gridò dietro il Gigante. No, non avrebbe dovuto offrirgli da bere, doveva riempirlo di buchi per vedere se zampillasse fuori dell’alcool. A stento, si era trattenuto dal farlo, ma i suoi non erano scrupoli: già così come erano andate le cose, buona parte della discrezione era andata a farsi friggere; se lo avesse affrontato, avrebbe attirato l’attenzione di tutto il paese.

Joe non si era ancora tracannato un terzo della sua bottiglia, che Donnola fece irruzione nel saloon. Era trafelato e ansimante.

«Ehi, Moccioso, hai sbagliato porta, qui non servono latte!» lo irrise un ceffo suscitando l’ilarità degli altri avventori e soprattutto quella dei suoi due compari di bevuta. Il solito spaccone: senza ombra di dubbio, si trattava di una mezza calzetta che probabilmente non avrebbe mai avuto il coraggio di darsi tante arie con un suo pari. Il ragazzo ignorò la provocazione e s’incamminò verso il bancone.

«Hai sentito cosa ti ho detto, puzzola, o vuoi che te lo spieghi a calci nel sedere?» Lo sbruffone si alzò per sbarrargli la strada.

Per nulla impressionato, Finn fece per passargli accanto. L’uomo decise di dargliene di santa ragione e fece per afferrarlo; tuttavia non ci riuscì, poiché si ritrovo con il braccio torto dietro la schiena da una forza incontrastabile. Immediatamente dopo, un calcio ben assestato lo mandò a schiantarsi contro il tavolo da cui veniva. Questa volta, l’ilarità della sala era rivolta a lui.

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