DANNATO MALLOPPO!
Romanzo Western
di Mario Micolucci
Progetto e immagine di copertina di Mario Micolucci
Copyright © 2017 Mario Micolucci
Tutti i diritti riservati.
ISBN: 978-1973816584
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A mio padre con il quale ho condiviso la passione per questo genere
Pur essendo ambientata in un contesto geo-storico reale, trattasi di un'opera di fantasia. Pertanto, nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono frutto dell'immaginazione dell'autore. Ogni somiglianza con fatti, luoghi o persone è del tutto casuale. La menzione di personaggi famosi realmente esistiti serve solo a definire lo sfondo storico delle vicende. Infatti, gli stessi non prendono mai parte attiva nello sviluppo della trama.
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Indice generale
Little Pit.
Riconoscenza.
Dalla parte della legge.
Le buone maniere.
Buoni affari.
Un piano folle.
Madri bagasce.
Un uomo onesto.
La pulzella da marito.
Alla vecchia maniera.
Inferno e paradiso.
Come i fagioli.
Un diritto sacrosanto.
Anime senza un nome.
La febbre… dell'argento.
Un atto di misericordia.
Maledetto caprone!
La giusta ricompensa.
Un verdetto già scritto.
Dannato malloppo!
Note dell'autore.
Ringraziamenti.
Little Pit.
Little Pit era un villaggio misero, lo era da sempre. Misero, polveroso e malandato.
Era nato decadente come un marmocchio che viene alla luce decrepito, e il sole rovente non aveva fatto altro che peggiorare le cose. L'unica ragione della sua sussistenza era quel piccolo pozzo da cui poter attingere qualche secchio d'acqua limacciosa per irrigare gli ortaggi rinsecchiti. Era l'unico nel raggio di diverse miglia, ma ciò non lo rendeva prezioso, se non per i malcapitati che si trovavano ad attraversare quello squallido canyon fatto di clivi brulli e riarsi.
Di certo, se passavano di lì, non lo facevano per diletto, ma per ragioni oscure e che spesso trascendevano la loro volontà. Per farla breve, o fuggivano da qualcosa o erano stati sbattuti in quella landa di crotali e scorpioni a morire di stenti. Pertanto, i visitatori erano sporadici, stremati e moribondi, ma soprattutto senza un penny in tasca: nulla che potesse favorire l’esistenza di una locanda. E Little Pit di locande non ne aveva, o meglio non ne aveva più. In realtà, un giorno, Joe Otthims era tornato con un carico di whiskey e birra sulla cui provenienza era meglio non indagare. Insomma, qualcosa da mettere dietro un bancone: così, aveva allestito uno squallido saloon nella sua stalla. Come era prevedibile, gli anni erano passati, ma i clienti no, e il vecchio Joe, giorno dopo giorno, aveva finito per scolarsi tutto lui, facendo la fine dell'alcolizzato senza nulla da bere. Della locanda, era rimasta solo l'insegna a penzolare per uno solo dei ganci arrugginiti. Dondolava mestamente ad ogni alito di vento e il cigolio sinistro che produceva era, di norma, l'unico rumore a riempire l'inquietante silenzio di quel posto. Un posto fatto di edifici in rovina abitati da individui consunti e lerci, nel corpo, ma soprattutto nell'anima. Il villaggio era un'accozzaglia di evasi, ricercati e donne reiette: mogli ripudiate o baldracche troppo sfiorite persino per i peggiori bordelli, oppure, assai più spesso, entrambe le cose.
A dire il vero, non proprio tutti i viandanti che avevano ottenuto ristoro dal pozzo erano giunti completamente sguarniti; tuttavia, lì, in quel luogo dimenticato dal mondo e anche dalla legge, si era persa l'attitudine a usare la sottile arma del commercio per spillare quattrini, ma non quella di usare le armi da fuoco. Così, il primo che ci si trovava faceva fuori il malcapitato e gli sottraeva gli averi. Poi, qualche dollaro da spendere per ubriacarsi come si deve ci usciva pure. Di fatto, quei pochi clienti che Joe aveva avuto erano stati in prevalenza i suoi stessi paesani.
Un giorno simile a tanti altri, giunse un tizio a cavallo. Fatti salvi gli stivali e il cappello, indossava solo cenci impolverati. Però alla sella, era stato assicurato un fagotto sospetto, e agli abitanti di Little Pit piacevano molto i fagotti sospetti: spesso e volentieri nascondevano piacevoli sorprese. Inoltre, l'uomo era ben armato e sembrava avere una gran fretta di ripartire: tutti ottimi segnali. Dall'atteggiamento, doveva essere un duro, però non ebbe modo di dimostrarlo, poiché, proprio mentre era intento a tirar su il secchio, Hugg Badfinger gli infilò un bel pallettone in testa. La finestrella della latrina aveva una splendida visuale sul pozzo, tanto valeva usarla per puntare il fucile senza essere visti. Badfinger non cagava mai senza Jagy: era così che chiamava il suo fucile Jacob Hawken. Nulla di strano: d'altra parte, c'erano imbrattacarte che, pare, non lo facessero senza un libro a portata di mano. Purtroppo, Hugg non sapeva leggere; in compenso, sapeva sparare.
Il colpo attirò l'attenzione degli altri, ma la preda era sua e non aveva intenzione di dividere il bottino con nessuno. Così, mandò il suo moccioso a ripulire l'ospite, mentre lui si assicurava che a qualcuno non venisse la malaugurata idea di avvicinarsi troppo. In effetti, nessuno lo fece: tutti a Little Pit sapevano che il dito indice della mano sinistra di Hugg non si faceva problemi a premere il grilletto. Non se ne era fatti neanche quando, per futili motivi, aveva sparato all'altro suo figlio e alla moglie che cercava di difenderlo. Pace all'anima loro.
Non vi erano dubbi: di tutta la feccia di Little Pit, quell'individuo era il più marcio e di conseguenza, il più temuto e rispettato.
Sgattaiolando come un furetto, lo sbarbatello provvide a perquisire il cadavere requisendo le cose di valore, poi afferrò le briglie e rientrò nella sua dimora fatiscente portandosi dietro il cavallo. Il tutto, con perizia navigata. Nel frattempo, anche Hugg uscì dalla latrina badando più a tenere il fucile ben puntato che a risalirsi adeguatamente le brache. Con passo misurato e circospetto, imboccò anch'egli l'uscio di casa.
«Allora, marmocchio, cosa abbiamo rimediato?» La mole corpulenta dell'uomo incombeva sul ragazzo che, invece, era di corporatura smilza e minuta: in ciò, era tutto sua madre; tuttavia l'uomo non aveva dubbi sulla sua paternità. Questo, non perché si fosse mai fidato di quella sgualdrinella che aveva malauguratamente sposato: per quanto lo riguardava, solo una bella calibro quarantaquattro nel cinturone era degna di fiducia. Non aveva dubbi, perché i capelli rossicci spessi e arruffati, uniti alla carnagione lentigginosa e ai denti laschi, li accomunavano in maniera inequivocabile.
«Sì, pa'. Ho qui un bel cinturone di cuoio buono: nella fondina, c'è una nuovissima Colt Navy, e poi ho trovato questo fermacarte d'oro con attaccati, più o meno, un centinaio di dollari. In realtà, anche gli stivali e il cappello non erano male, ma nella fretta, non li ho presi. Vuoi che vada a recuperarli?» Il ragazzo rispose evitando di incrociare il suo sguardo. Non guardava mai nessuno negli occhi: usava scrutare il mondo con minuziosa attenzione, ma sempre sottecchi. Era l'unico, in tutto il villaggio, in grado scambiare più di quattro parole con Hugg senza mandarlo su di giri: bastava ciò a certificare la sua fine scaltrezza. Finn era il suo nome di battesimo, ma per tutti era Donnola.
«No, lascia che quei quattro straccioni lì fuori si scannino per le cianfrusaglie: così, almeno, non ci romperanno le scatole per un po'. Sai, figliolo? Se vuoi toglierti di torno un branco di cani, getta un osso e aspetta che si sbranino tra loro.» Ovviamente, l'adolescente era già giunto a quelle considerazioni da sé e, consapevolmente, aveva preferito non ripulire del tutto il generoso ospite; tuttavia era bravissimo a far credere al padre che fosse lui quello che gestiva le cose.
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