Анна Радклиф - I misteri del castello d'Udolfo, vol. 2
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- Название:I misteri del castello d'Udolfo, vol. 2
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« Qui bisogna separarsi, » diss'ella sostando. « Perchè prolungar questi momenti? Rendetemi quel coraggio del quale ho tanto bisogno. Addio, » soggiunse con voce languida; « quando sarete partito, mi ricorderò di mille cose ch'io doveva dirvi.
– Ed io! di tante e tante altre, » rispose Valancourt; « non vi ho mai lasciata senza ricordarmi subito dopo d'una domanda, d'una preghiera, e d'una circostanza relativa al nostro amore, ch'io ardeva dal desiderio di comunicarvi, ma che mi sfuggiva dalla fantasia appena vi vedeva. O Emilia! quelle fattezze ch'io contemplo in questo momento, fra poco saranno lontane da' miei sguardi, e tutti gli sforzi dell'immaginazione non potranno delinearmeli con sufficiente esattezza… »
Ciò detto se la strinse di nuovo al seno, ove la tenne in silenzio bagnandola delle sue lagrime, che vennero pure a sollevare l'ambascia della fanciulla. Si dissero addio, e si separarono. Valancourt sembrava fare ogni sforzo per allontanarsi. Traversò a precipizio il viale; ed Emilia, che camminava lentamente verso il castello, ascoltò i suoi passi veloci. La calma malinconica della notte cessò alfine di essere interrotta. Ella si affrettò di tornare alla sua camera per cercarvi il riposo, ma, oimè! esso era fuggito lungi da lei, e la sua sciagura non le permetteva più di gustarne.
CAPITOLO XIV
Le carrozze furono di buon'ora alla porta: il fracasso dei servitori che andavano e venivano per le gallerie, svegliarono Emilia da un sonno affannoso. Il suo spirito agitato le aveva rappresentato tutta notte le immagini più spaventose ed il più tristo avvenire. Fece ogni sforzo per bandire queste sinistre impressioni, ma passava da un male immaginario alla certezza d'un male reale. Rammentandosi che aveva lasciato Valancourt, e forse per sempre, il cuore le mancava a misura che la sua immaginazione se lo rappresentava lontano; questi sforzi spargevano sulla di lei fisonomia un'espressione di rassegnazione, come un legger velo rende la bellezza più interessante nascondendone soltanto qualche debole tratto. Ma la signora Montoni notò il di lei pallore straordinario, e la rimproverò severamente; disse alla nipote che male a proposito si era abbandonata ad inquietudini fanciullesche, che la pregava di osservare un po' più il decoro, e non lasciar trasparire che fosse incapace di rinunziare ad un affetto poco conveniente. Fu servita la colazione: Montoni parlò pochissimo, e parve impaziente di partire. Le finestre della sala guardavano sul giardino, e nel passarvi vicino, Emilia non potè fare a meno di dare un'occhiata a quel luogo, ove, nella notte precedente, erasi separata da Valancourt. Gli equipaggi erano già in ordine, ed i viaggiatori salirono in carrozza e si misero in cammino. Emilia sarebbe partita dal castello senza rammarico, se Valancourt non avesse abitato ne' dintorni.
Da una piccola eminenza, ella osservò le immense pianure della Guascogna, e le vette irregolari dei Pirenei che sorgevano da lontano sull'orizzonte, illuminate già dal sole nascente. « Care montagne, » diss'ella fra sè, « quanto tempo passerà prima ch'io vi rivegga! quante disgrazie in quest'intervallo, potranno aggravare la mia miseria! Oh! s'io potessi esser sicura di non ritornar mai più, ma che Valancourt vivesse un giorno per me, partirei in pace! Egli vi vedrà, vi contemplerà, mentr'io sarò lontana di qui. »
Gli alberi della strada, che formavano una linea di prospettiva alle immense distanze, stavano per nasconderne la vista; ma gli azzurri monti distinguevansi ancora traverso il fogliame, ed Emilia non si tolse dalla portiera fin quando non li ebbe totalmente perduti di vista.
Un altro oggetto risvegliò in breve la sua attenzione. Aveva essa osservato appena un uomo che camminava lungo la strada col cappello calato sugli occhi, ma ornato d'un pennacchino militare. Al rumore delle ruote egli si voltò, ed essa riconobbe Valancourt. Le fece un segno, si avvicinò alla carrozza, e dalla portiera le pose in mano una lettera. Si sforzò di sorridere in mezzo alla disperazione che vedevasegli dipinta sul volto; questo sorriso restò impresso per sempre nell'anima di Emilia: si affacciò allo sportello, e lo vide su d'una collinetta, appoggiato ad uno degli alberi che l'ombreggiavano; seguiva cogli occhi la carrozza, e stese le braccia; ella continuò a guardarlo fintantochè la lontananza non n'ebbe cancellati i lineamenti, e che la strada, svoltando, nol fece sparire affatto.
Si fermarono ad un castello poco lontano per prendervi Cavignì, e i viaggiatori percorsero le pianure della Linguadoca. Emilia fu relegata, senza riguardo, colla cameriera di sua zia nella seconda carrozza. La presenza di costei le impedì di legger la lettera di Valancourt, non volendo esporsi alle di lei probabili osservazioni sulla commozione che avrebbele cagionato la lettura della medesima. Nulladimeno, n'era tale la curiosità, che la sua mano tremante fu mille volte sul punto di romperne il sigillo. All'ora del pranzo, Emilia potè aprirla: essa non aveva mai dubitato de' sentimenti di Valancourt; ma la nuova assicurazione che ne riceveva, restituì un po' di calma al suo cuore. Bagnò la lettera con lacrime di tenerezza, e la mise da parte per leggerla quando sarebbe stata soverchiamente afflitta, e per occuparsi di lui meno dolorosamente di quello avesse fatto la loro separazione. Dopo molti dettagli che l'interessavano assai, perchè esprimevano il suo amore, ei la supplicava di pensar sempre a lui al tramonto del sole. « I nostri pensieri allora si riuniranno, » diceva egli; « io attenderò il tramonto colla maggiore impazienza, e godrò dell'idea che i vostri occhi si fisseranno in quel momento sopra i medesimi oggetti che i miei, e che i nostri cuori si comprenderanno. Voi non sapete, Emilia, la consolazione che me ne riprometto, ma mi lusingo che la proverete anche voi. »
È inutile dire con qual commozione Emilia aspettò tutto il giorno il tramonto del sole: lo vide finalmente declinare su d'immense pianure, lo vide scendere, ed abbassarsi dalla parte ove abitava Valancourt. Da quel momento il di lei spirito fu più tranquillo e rassegnato di quello nol fosse stato dopo il matrimonio di Montoni e di sua zia.
Per molti giorni i viaggiatori traversarono la Linguadoca, e quindi entrarono nel Delfinato. Dopo qualche tragitto pe' monti di quella provincia pittoresca, scesero dalle carrozze, e cominciarono a salir le Alpi. Qui si offrirono ai loro occhi scene così sublimi, che la penna non potrebbe imprendere a descriverle in verun modo. Queste nuove e sorprendenti immagini occuparono talmente Emilia, che talfiata le fecero allontanare l'idea costante di Valancourt. Più spesso esse le rinnovavano la rimembranza de' Pirenei, che avevano ammirati insieme, e di cui allora credeva che nulla superasse la bellezza. Quante volte desiderò di comunicargli le nuove sensazioni che l'animavano a questo spettacolo: quante volte si compiaceva essa d'indovinare le osservazioni ch'egli avrebbe fatte, e se lo figurava sempre vicino: queste idee nobili e grandiose davano alla di lei anima, ai di lei affetti una nuova vita.
Con quali vive e tenere emozioni si univa essa ai pensieri di Valancourt all'ora del tramonto! Vagando in mezzo alle Alpi, contemplava quell'astro maraviglioso che si perdeva dietro le lor vette, le cui ultime tinte morivano sulle punte coperte di neve, e questo teatro s'avvolgeva in una maestosa oscurità. Passato quel momento, Emilia distolse gli occhi dall'occidente col dispiacere che si prova alla partenza d'un amico. L'impressione singolare che spande il velo della notte, a misura che si svolge, veniva vie più accresciuta da quei sordi rumori che non si ascoltano mai se non al progressivo calar delle tenebre, e che rendono la calma generale assai più imponente: è il lieve stormir delle foglie, l'ultimo soffio della brezza che s'alza al tramonto, il mormorio dei vicini torrenti.....
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