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Gianni Rodari: Le avventure di Cipollino

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Gianni Rodari Le avventure di Cipollino

Le avventure di Cipollino: краткое содержание, описание и аннотация

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Un monello che fa piangere chi gli strappa i capelli e un principe acido, cattivo e poco furbo sono i due antagonisti di questo memorabile romanzo del 1952. La posta in gioco dello scontro fra Cipollino e Limone è nientemeno che la libertà di un popolo intero, composto di pomodori, ciliegie, fagiolini e vecchie talpe. Incantate come una fiaba, lunghe come un romanzo, divertenti come un cartone animato, "Le avventure di Cipollino" sono un libro unico, nato nell'atmosfera di entusiasmo e di speranza del secondo dopoguerra. La trama è lineare: i buoni, vessati dal tiranno e oppressi da regole insensate, guidati dal giovane Cipollino riusciranno a sconfiggere i cattivi a colpi di scherzi, beffe e piani geniali, senza mai ricorrere alla violenza. Ma l'intento di Gianni Rodari, non è mettere in scena una lotta tra il male e il bene: è quello di dimostrare che una società giusta sia possibile, auspicabile e anche più divertente per tutti. Età di lettura: da 8 anni.

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— Non ti crucciare. Torneranno anche per noi i giorni felici. Purtroppo l'ora della passeggiata era terminata e bisognava rientrare nelle celle.

— Ti farò avere mie notizie, — bisbigliò Cipollone.

— Ma come?

— Vedrai. Sta di buon animo, Cipollino.

— Arrivederci, babbo.

E il vecchio sparì in un corridoio. La cella di Cipollino era nel sotterraneo, ma adesso che aveva rivisto il suo babbo, non gli sembrava più tanto buia. Del resto, a guardarci bene, dal finestrino che dava sul corridoio un pochino di luce veniva. Ma un pochino tanto pochino, che bastava solamente per veder sfilare avanti e indietro gli stivali dei Limoncini.

Il giorno dopo, mentre si divertiva a contare e ricontare i tacchi di quegli stivali per far passare il tempo, Cipollino si sentì chiamare da una vocina strana, che non si capiva da che parte venisse.

— Chi mi chiama? — domandò stupito.

— Guarda sul muro.

— Ho un bel guardare, non vedo nemmeno il muro.

— Guarda vicino al finestrino.

— Ora ti ho visto. Ma tu sei un ragno. Che cosa cerchi quaggiù? Alle mosche non piace stare all'umido.

— Ho la mia rete al piano di sopra. Quando ho fame ci vado a guardare e qualcosa ci trovo sempre.

Un Limonacelo picchiò violentemente la porta.

— Silenzio, lì dentro. Si può sapere con chi parli?

— Sto dicendo le orazioni che mi ha insegnato la mia mamma, — rispose Cipollino.

— Dille sottovoce, — ribattè la guardia, — ci fai sbagliare il passo.

Il ragno scese più in basso e bisbigliò con la sua vocina vellutata:

— Ho un messaggio per te, da parte del tuo babbo.

Difatti lasciò cadere un biglietto, che Cipollino aprì e lesse d'un fiato. Diceva solamente:

«Cipollino caro, sono al corrente di tutte le tue avventure. Non te la prendere se le cose non ti sono andate come volevi. Al tuo posto avrei fatto lo stesso. Un po' di prigione non ti farà poi tanto male: potrai continuare i tuoi studi ed avrai tempo per rimettere ordine nei tuoi pensieri. La persona che ti recapita questo messaggio è il nostro portalettere. Si chiama Ragno Zoppo. Abbi fiducia in lui e mandami notizie per suo mezzo. Ti abbraccio affettuosamente: tuo padre Cipollone».

— Hai finito di leggere? — domandò il ragno.

— Sì, ho finito.

— Bene, allora metti in bocca il biglietto, masticalo e inghiottilo. Le guardie non lo devono trovare.

— Ecco fatto, — disse Cipollino, masticando il foglietto.

— E adesso, — disse il ragno, — arrivederci.

— Dove vai?

— Vado a distribuire la posta.

Cipollino notò solo allora che il ragno aveva al collo una borsa come quelle dei portalettere, gonfia di biglietti.

— A chi porti tante lettere?

— Da cinque anni faccio questo mestiere: tutte le mattine faccio il giro delle celle e raccolgo la posta, poi la distribuisco. Le guardie non mi hanno mai scoperto, e non hanno mai trovato nemmeno un bigliettino. Così i prigionieri possono scambiarsi le notizie.

— Ma come si procurano la carta?

— Non scrivono mica sulla carta, scrivono su un pezzetto della loro camicia.

— Adesso mi spiego lo strano sapore di quel biglietto, — fece Cipollino.

— L'inchiostro, — proseguì il ragno, — si fa con l'acqua della zuppa, grattandoci dentro qualche briciola di mattone dal muro.

— Ho capito, — disse Cipollino, — domattina passa dalla mia cella. Avrò della posta da consegnarti.

— Senz'altro, — promise il ragno. E si avviò. Cipollino si accorse che zoppicava.

— Ti sei fatto male?

— Macché, sono i reumatismi. Stare all'umido non mi fa bene affatto. Sono vecchio, avrei tanto bisogno di andare un poco in campagna. Ho un fratello che abita in un campo di granoturco: stende la sua rete tra due fili d'erba e tutto il giorno si gode il sole e l'aria pura. Mi ha scritto tante volte invitandomi ad andarlo a trovare, ma ormai mi sono preso questo incarico. Io dico che quando uno si prende un incarico lo deve mantenere. E poi ce l'ho col Principe Limone, perché il suo servitore ha ucciso mio padre. Lo ha schiacciato sul muro della cucina, povero vecchio. C'è ancora la macchia su quel muro. Ogni tanto la vado a rivedere e dico così: spero che un giorno anche il Principe finisca su un muro, e che non resti nemmeno la sua macchia. Dico bene?

— Non ho mai trovato un ragno così generoso, — disse Cipollino, gentilmente.

— Si fa quello che si può, — rispose modestamente il ragno. E zoppicando raggiunse il finestrino, passò sotto il naso di un Limonaccio e continuò il suo giro.

Capitolo XXIV

Servizio postale ma non troppo con laiuto del Ragno Zoppo

Cipollino si strappò un lembo di camicia e lo ritagliò in tanti pezzettini.

— Ecco pronta la carta da lettere, — pensò soddisfatto. — E adesso aspettiamo che ci portino l'inchiostro.

Quando il Limonaccio di guardia gli portò la zuppa, non ne mangiò nemmeno un boccone. Graffiò dal muro un poco di mattone, servendosi del cucchiaio, e lo versò nell'acqua. Mescolò un poco, poi usando il manico del cucchiaio, scrisse le lettere che aveva pensato.

«Caro babbo, — diceva la prima lettera, — ricordate che vi ho promesso di venirvi a liberare! Ebbene, il momento si avvicina. Ho in mente un piano che ci permetterà di fuggire. Vi abbraccio, vostro figlio Cipollino».

La seconda lettera, indirizzata alla Talpa, diceva:

«Vecchia Talpa del mio cuore, non credere che ti abbia dimenticata. In prigione non ho niente da fare e continuo a pensare ai vecchi amici. Pensa e pensa, ho pensato che forse tu puoi aiutarmi ad uscire di qui e a liberare il mio babbo. L'impresa è un po' difficile, lo riconosco. Ma se tu sei in grado di radunare un centinaio di Talpe e di farti dare una mano, anzi una zampa da loro, non sarà impossìbile. Aspetto una tua pronta risposta, ossia aspetto il momento in cui sbucherai nella mia cella. Il tuo vecchio amico Cipollino.

Poscritto — Questa volta non ti farai male agli occhi. L'ergastolo è più buio di un pozzo d'inchiostro».

La terza lettera era per Ciliegino, e diceva così:

«Caro Ciliegino, sono senza tue notizie, ma sono sicuro che non ti sei perso di coraggio per la nostra sconfitta. Ti prometto che metterò a posto, una volta per sempre, il Cavalier Pomodoro. In prigione ho pensato tante cose che fuori non avrei avuto il tempo di pensare. Tu devi aiutarmi a uscire di qui. Consegna alla Talpa la mia lettera, nel posto che tu sai. Ti manderò altre istruzioni. Saluti a tutti. Cipollino».

Nascose le tre lettere sotto il pagliericcio, versò l'inchiostro che gli rimaneva in una piccola buca, rese la ciotola al Limonaccio, quando passò per l'ispezione serale, e si addormentò.

Il mattino dopo Ragno Zoppo gli portò un'altra lettera del babbo. Il povero Cipollone era ansioso di ricevere notizie da Cipollino, ma gli raccomandava di non consumare troppo presto la camicia.

Cipollino si strappò quasi mezza camicia, la distese per terra, intinse un dito nel calamaio, ossia nella buchetta sotto il letto e cominciò a scrivere.

— Che fai? — domandò il postino, indignato, — se usi dei fogli così grandi tra una settimana non avrai più carta per scrivere.

— Non ti preoccupare, — rispose Cipollino, — tra una settimana non sarò più qui.

— Figliuolo, tu ti illudi.

— Può darsi. Ma intanto, invece di stare a farmi delle prediche, non potresti darmi una mano?

— Ti do anche tutte le mie otto zampe. Che cosa hai in mente?

— Voglio disegnare una pianta della prigione, segnando al posto giusto il muro di cinta, il cortile, i corridoi, le celle e tutto il resto.

— Oh, non è difficile. Conosco la prigione centimetro quadrato per centimetro quadrato.

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