“Beh, allora,” commentò Connelly, “non ti piacerà per niente quello che mi ha chiesto di fare.”
Aspettò che Connelly glielo dicesse. Era chiaramente a disagio e sembrava che avrebbe di gran lunga preferito che fosse O’Malley a informarla della questione. Alla fine, sospirò e disse: “Vuole che ti trasferiamo per qualche giorno. Anche se non è stato Randall a lanciare il mattone, è ovvio che qualcuno ti ha presa di mira e ti sta minacciando. E sì… probabilmente è perché è evaso. Detesto dirtelo, ma non sei in una bella posizione. Anni fa lo hai fatto assolvere… lo hai lasciato libero di uccidere. Molta gente…”
“Questa è una cazzata,” sibilò Rose. “La gente crede che mia madre abbia qualcosa a che fare con la sua evasione?”
“Alcuni lo pensano, sì,” ammise Connelly. “Fortunatamente ai notiziari e sui giornali non è ancora stato esplicitato. Non li hai guardati?” chiese, guardando verso Avery.
Lei ripensò ai momenti confusi nella stanza d’ospedale di Ramirez. La televisione era sempre stata accesa e aveva visto il volto di Howard, leggendo la notizia a grandi linee sul telescrivente in fondo allo schermo. Ma non aveva mai visto il suo nome; non se l’era nemmeno aspettato. Alla fine scosse la testa in risposta alla domanda di Connelly.
“Beh, qualsiasi cosa tu creda, io mi trovo assolutamente d’accordo con lui. Devi trasferirti fino a quando questa storia non sarà conclusa. Diciamo che la persona che ha tirato il mattone non sia Howard. Significa che è stato un cittadino qualunque. Qualche stronzo scontento che ti crede responsabile per la fuga di un assassino. Quindi dove vuoi andare?” concluse O’Malley. “Pensaci su mentre fai le valige. Finley e io saremo felici di portarti dovunque tu debba andare.”
“Non ho bisogno di riflettere,” rispose lei. “Ho già in mente un posto.”
***
Arrivarono all’appartamento di Ramirez mezz’ora più tardi. Le erano serviti meno di dieci minuti per mettere in borsa tutto l’indispensabile. Anche Rose era andata con loro, su insistenza di Avery e Connelly. Dopo una breve e accesa discussione, Rose si era arresa, dichiarando che sarebbe rimasta con la madre per la giornata… solo per essere certa che stesse bene.
Quando i quattro entrarono nell’appartamento di Ramirez, fu un po’ inquietante. Anche se tecnicamente aveva accettato di trasferirsi a casa di Avery, il partner non aveva ancora avuto l’occasione di farlo. Tutta la sua roba era ancora lì, in attesa del suo ritorno a casa.
Avery si aggirò per la casa, fingendo di non essere turbata. Era stata lì già diverse volte e si era sempre sentita la benvenuta. Non avrebbe dovuto essere diverso in quel momento.
“Ne sei certa?” chiese Finley. “Scusami se te lo dico, ma mi sembra un po’ triste.”
“Non è più triste di stare nella sua stanza d’ospedale,” rispose Rose.
Avery voleva lasciare che quel posto penetrasse dentro di lei, la avvolgesse, e poi doveva capire che cosa fare in seguito.
Mentre entravano, Connelly era a telefono, a organizzare i dettagli della sorveglianza dell’appartamento di Avery, oltre che di quello di Ramirez. Erano stati attenti a non farsi seguire durante il viaggio, ma non volevano correre rischi.
Avery stava sistemando la borsa nel soggiorno di Ramirez, quando Connelly concluse la chiamata. Il supervisore si prese un momento, fece un profondo sospiro e guardò fuori dalla finestra. Al di sotto, le strade erano un po’ meno affollate di quando Avery e Rose si erano godute il vino e una piacevole conversazione. Sembravano anche più sinistre dopo che le avevano gettato un gatto morto attraverso la finestra.
“Quindi, ecco il piano,” annunciò Connelly. “Per i prossimi tre giorni, avrai costantemente delle auto a sorvegliarti giù in strada. Saranno auto civili, ma tutte di membri dell’A1.”
“Non sarà necessario,” replicò Avery. Stava iniziando a sentirsi come se la situazione le stesse sfuggendo di mano.
“Invece potrebbe esserlo,” ribadì lui. “Negli ultimi giorni sei stata isolata da tutta questa faccenda. Sta peggiorando. Le strade sono piene di vigilanti che danno la caccia a Randall. La gente sta iniziando a cercare nel suo passato e a trovarci te.”
Vai avanti e finisci la frase, pensò lei. Trovano l’avvocato che è riuscito a dargli la libertà, una libertà che ha usato per uccidere di nuovo una persona. È questo che vuoi dire veramente.
Ma lui non lo fece. Invece, continuò a guardare fuori dalla porta. “I primi due saranno Sawyer e Dennison. Saranno qui tra circa mezz’ora. Fino ad allora… tocca a me e a Finley.”
Rose guardò i due agenti e poi la madre. “È… è davvero tanto brutta? Abbiamo bisogno di protezione?”
“No,” disse Avery. “Sta esagerando.”
“È per la sicurezza di tua madre e anche per la tua. A seconda di chi c’è dietro l’omicidio della sparachiodi e il mattone con il gatto tirati alla finestra, anche tu potresti essere in pericolo. Dipende da quanto questa persona vuole vendicarsi di tua madre.”
“Vediamo di abbassare i toni,” intervenne Avery, con un tono inviperito nella voce. “Preferirei che non spaventassi mia figlia.”
“Scusa, mamma,” dichiarò Rose. “Ma nell’ultima ora, ho visto un gatto morto volare attraverso la tua finestra insieme a un biglietto minaccioso, e poi mi hanno portata via in fretta a furia da casa per mettermi sotto la protezione della polizia. Posso dire per certo che sono già spaventata.”
Qualsiasi speranza di passare una tranquilla serata tra ragazze era stata distrutta. Quando Connelly e Finley se ne andarono, l’appartamento rimase in silenzio. Rose era sprofondata nel divano di Ramirez. Stava guardando le ultime notizie sui suoi social media e scambiandosi messaggi con gli amici.
“Immagino tu sappia che non devi dire a nessuno quello che è successo,” disse Avery.
“Lo so,” rispose Rose, con un certo risentimento. “Aspetta… e papà? A lui dovremmo dirlo?”
Avery ci rifletté per un momento, soppesando le proprie opzioni. Se fosse stato solo per lei, non ci sarebbero stati dubbi. Non c’era alcun motivo per cui Jack dovesse saperlo. Ma il coinvolgimento di Rose, ecco, quello cambiava le cose. Tuttavia… poteva ugualmente essere rischioso.
“No,” affermò. “Non ancora.”
In tutta risposta Rose fece un secco cenno con il capo.
“Rose, non so che cosa dirti. È uno schifo. Sì, è vero. È una scocciatura, e mi dispiace che tu sia stata coinvolta. Neanche per me è esattamente una gioia.”
“Lo so,” disse Rose, abbassando il telefono e guardando la madre negli occhi. “Non sono davvero arrabbiata per quest’inconveniente. Non è questo. Mamma… non avevo idea che le cose fossero diventate così pericolose per te. È sempre così?”
Avery trattenne a stento una risatina. “No, non sempre. È solo che questa storia di Howard Randall ha messo tutti all’erta. La città ha paura e ha bisogno di incolpare qualcuno mentre cerca delle risposte e un modo per sentirsi al sicuro.”
“Sii sincera con me, mamma: andrà tutto bene?”
“Sì, credo di sì.”
“Davvero? Allora chi ha lanciato il mattone? È stato Howard Randall?”
“Non lo so. Personalmente ne dubito.”
“Ma c’è qualcosa di… strano, tra voi due, giusto?”
“Rose…”
“No, voglio saperlo. Come fai a essere così sicura?”
Avery non vedeva alcun motivo per mentirle o per tenerla all’oscuro di tutto, specialmente in quel momento, in cui era stata coinvolta nella situazione.
“Perché un gatto morto attraverso una finestra è troppo ovvio. È troppo teatrale. E nonostante quello che i suoi omicidi potrebbero far pensare, non è da Howard Randall. Un gatto morto… è quasi comico. E dopo aver parlato con lui, sia come avvocato che come detective… non è qualcosa che farebbe. Devi fidarti di me su questo, Rose.”
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