“Credi che lo sappia?”
“Penso di sì. Ma non è una cosa di cui noi…”
Fu interrotta dal suono del vetro che andava in frantumi e da un brusco tonfo. Fu tanto improvviso e imprevisto che le servirono due secondi per alzarsi in piedi e afferrare la situazione. Allo stesso tempo, Rose emise un breve strillo. Era saltata su dal divano ed era scappata in cucina.
La finestra della parete a sinistra del divano era stata spaccata. Uno sbuffo d’aria fredda invase l’appartamento. L’oggetto usato per romperla era per terra e a un primo sguardo non sembrò avere alcun senso.
Sul pavimento c’era un vecchio mattone logoro, ma Avery lo notò solo dopo aver visto il gatto morto. L’animale sembrava un randagio, magro e malnutrito. Era stato legato al mattone con una specie di filo di gomma, come quello usato per bloccare i tendoni o le tettoie. Frammenti di vetro spezzato scintillavano al suo fianco.
“Mamma?” chiese Rose.
“Va tutto bene,” disse Avery mentre correva alla finestra. Il suo appartamento era al secondo piano, quindi anche se sarebbe servita una certa forza, era un lancio totalmente possibile dalla strada.
Nella via subito sotto non vide nessuno. Pensò di uscire, fare le scale e andare fuori, ma chiunque avesse lanciato il mattone con il gatto avrebbe avuto almeno un minuto di vantaggio su di lei. E con il traffico nelle strade di Boston e i pedoni a quell’ora di sera (solo le 9:35, vide controllando l’orologio), era come se fosse bello che andato.
Si avvicinò al gatto, facendo attenzione a non calpestare il vetro con i piedi nudi.
C’era un piccolo pezzo di carta infilato tra il fianco del gatto e la corda di gomma nera. Si abbassò per afferrare il biglietto, facendo una smorfia quando sentì il corpo freddo e rigido dell’animale.
“Mamma, ma che fai?” esclamò Rose.
“C’è un biglietto.”
“Chi farebbe una cosa del genere?”
“Non lo so,” rispose lei mentre l’afferrava e lo srotolava. Era stato scritto su mezzo foglio strappato da un normale quaderno. La nota era semplice ma mandò ugualmente un brivido lungo la schiena di Avery.
Sono LIBERO! E NON VEDO L’ORA di vederti di nuovo!
Merda, pensò. Howard. Deve essere lui.
Fu il primo pensiero nella sua mente e si ritrovò subito a metterlo in discussione. Proprio come la brutalità dell’omicidio con la sparachiodi, c’era qualcosa in quella dichiarazione sfacciata, il lancio di un gatto morto attraverso una finestra con un biglietto minaccioso, che non sembrava una cosa da Howard Randall.
“Che cosa dice?” chiese Rose, avvicinandosi. Sembrava sul punto di scoppiare a piangere.
“È solo una stupida minaccia.”
“Da parte di chi?”
Invece che rispondere a Rose, prese il suo cellulare dal divano e chiamò Connelly.
Da parte di chi? aveva chiesto Rose.
E mentre il telefono iniziava a squillarle nell’orecchio, per quanto cercò di opporsi sembrò che ci fosse un’unica risposta.
Howard Randall.
Successero molte cose nei dodici minuti che servirono a Connelly per arrivare da lei. Tanto per iniziare, la macchina di pattuglia dell’A1 non fu il primo veicolo a presentarsi. Un furgone della TV si fermò con uno stridio di freni davanti al palazzo dove abitava Avery. Dalla sua finestra rotta vide uscirne tre persone: un reporter, un cameraman e un tecnico, intento a srotolare dei cavi dal retro del furgone.
“Merda,” esclamò Avery.
Il furgone della TV aveva quasi finito di preparare tutto quando arrivò Connelly. Un’altra auto si fermò a pochi centimetri dietro di lui, andando quasi a sbandare nel furgone. Lei non fu affatto sorpresa di vedere Finley che ne emergeva. A quanto pareva O’Malley lo stava spingendo in avanti nei ranghi, forse persino per riempire il vuoto lasciato da Ramirez.
Avery guardò accigliata il furgone mentre Finley diceva il fatto suo al reporter. Ebbe luogo una rapida discussione prima che Finley e Connelly sparissero dalla visuale, dirigendosi verso le scale che conducevano all’appartamento di Avery.
Non appena bussarono alla porta, lei rispose e non gli lasciò il tempo di dire nulla prima di esprimere tutte le sue ansie e frustrazioni.
“Connelly, che cazzo succede? Ho chiamato direttamente te invece che la centrale per evitare i giornalisti. E comunque che cosa vogliono?”
“Sono a caccia di qualsiasi notizia legata alla fuga di Howard Randall. E sanno che in passato voi vi conoscevate, quindi ti stanno tenendo gli occhi addosso. Immagino che questi giornalisti in particolare abbiano uno scanner della polizia.”
“In grado di intercettare le telefonate al cellulare?” chiese Avery.
“No. Senti, ho dovuto fare rapporto alla centrale. È una faccenda troppo importante. Devono averlo captato in mezzo a tutte le altre notizie.”
Avery si sarebbe voluta arrabbiare, ma sapeva quanto era difficile comunicare segretamente quando i giornalisti cercavano freneticamente di trovare una storia. Lanciò un’occhiataccia fuori dalla finestra e vide che stavano facendo una ripresa, dicendo Dio solo sapeva cosa. Sotto il suo sguardo, arrivò anche un altro furgone del notiziario, un piccolo SUV.
Connelly e Finley studiarono il mattone, il gatto e il vetro rotto. Avery aveva lasciato il biglietto sul pavimento, per non appoggiare un foglio che era stato sulla carcassa di un animale sul suo bancone della cucina o sul tavolino da caffè.
“Detesto doverlo dire,” esordì Finley, “ma sembra ovvio. Voglio dire… sono libero. Chi altro potrebbe essere, Avery?”
“Non lo so. So che è difficile da credere, ma non mi sembra qualcosa che Howard farebbe.”
“Il vecchio Howard Randall, forse,” replicò Connelly “Ma chi sa come è cambiato in prigione?”
“Aspettate,” intervenne Rose. “Non capisco. La mamma ha fatto scagionare quel tizio quanto lo ha rappresentato in tribunale. Perché verrebbe a cercarla? Non dovrebbe esserle grato?”
“Dovrebbe,” ammise Connelly. “Ma non è così che funziona una mente criminale.”
“Ha ragione,” disse Avery, interrompendo il detective prima che potesse partire con una dissertazione. “Un uomo come Howard vedrebbe chiunque sia stato coinvolto nel processo come una minaccia, anche l’avvocato che lo ha fatto liberare. Ma Howard… questo non è da lui. Quelle poche volte che sono andata a chiedere il suo aiuto è stato… non lo so… socievole. Se aveva delle cattive intenzioni nei miei confronti, le ha nascoste davvero bene.”
“Certo che l’ha fatto,” disse Connelly. “Credi che la sua evasione sia stata un incidente casuale? Scommetto che quel verme la progettava da mesi. Forse persino dal suo primo giorno lì dentro. E se programmava di evadere e di darti la caccia, o quanto meno di coinvolgerti in qualche piano folle, perché accidenti avrebbe dovuto fartelo sapere?”
Avery avrebbe voluto controbattere, ma capiva il suo punto di vista. Aveva ogni motivo per pensare che quel biglietto venisse da Howard. E sapeva anche che la paura della città per la sua fuga avrebbe reso facile a lui e a O’Malley puntare il dito nella sua direzione per l’omicidio della sparachiodi.
“Senti, lasciamo perdere per un attimo la faccenda di Howard Randall,” disse lei. “Che sia stato lui o meno, qualcuno mi ha lanciato questa cosa attraverso la finestra. Ho pensato solo che sarebbe stato meglio riportarlo tramite i canali appropriati, dato che O’Malley mi vuole il più lontana possibile da qualsiasi cosa potrebbe avere a che fare con Howard.”
“È chiaro,” disse Finley. “L’ho sentito alla radio mentre venivo qui. Al momento è impegnato in una faccenda con il sindaco e la stampa.”
“A proposito di Howard Randall.”
Finley annuì.
“Buon Dio,” esclamò Avery. “Questa faccenda sta diventando ridicola.”
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