Ray le aveva preparato un bagno. Lo aveva chiamato sulla strada di ritorno in modo che conoscesse i fondamentali della situazione ed era così misericordioso da non massacrarla di domande mentre lei cercava di riprendersi. Mentre era distesa nell’acqua, lasciando che il calore le placasse le ossa doloranti, lui sedeva in una sedia accanto alla vasca, a convincerla a intermittenza ad accettare cucchiaiate di brodo.
Alla fine, dopo essersi asciugata e aver indossato uno dei pigiami di lui, si sentì abbastanza bene da fare un’analisi retrospettiva. Sedettero sul divano del soggiorno, illuminato solo da una mezza dozzina di candele. Nessuno dei due commentò il fatto che le loro armi giacessero entrambe sul tavolo da caffè di fronte a loro.
“Sembra una cosa così sfacciata,” disse Ray riferendosi all’audacia dell’aggressione nel parcheggio, “e direi disperata.”
“Sono d’accordo,” disse Keri. “Presumendo che quelli fossero dei lacchè di Cave, la cosa mi fa pensare che abbia davvero paura che Anderson abbia sputato tutti i rospi che aveva in quella sala interrogatori. Ma quello che non capisco è, se era disponibile ad arrivare a questo punto, perché non mi ha fatto semplicemente sparare da quei due alla schiena per chiudere la questione? Perché il taser e il manganello?”
“Forse voleva scoprire quello che sai, vedere chi altro sa, prima di liberarsi di te. O forse Cave non c’entra niente. Hai detto che Anderson ti ha detto che c’è una talpa nell’unità, no? Magari qualcun altro non voleva che quell’informazione uscisse.”
“Immagino che sia possibile,” ammise Keri, “anche se ha parlato così piano quando l’ha detto che quasi non riuscivo a sentirlo. È difficile immaginare che persino in una stanza con delle cimici qualcuno sia riuscivo a cogliere la cosa. A essere sincera, ho ancora problemi a processare quell’informazione.”
“Già, anch’io,” disse Ray. “Allora, da qui che facciamo, Keri? Sono rimasto in quella sala conferenze con Mags un altro paio di ore ma non abbiamo scoperto niente di nuovo. Non so come procedere.”
“Penso che seguirò il consiglio di Anderson,” rispose.
“Quale, vuoi dire andare da Cave?” chiese, incredulo. “Domani è sabato. Ti presenterai davanti alla sua porta di casa?”
“Non so che altre scelte ho.”
“Che cosa ti fa pensare che servirà a qualcosa?” chiese.
“Potrebbe non servire a niente. Ma Anderson ha ragione. A meno che non salti fuori qualcosa presto, ho finito le opzioni, Ray. Evie verrà uccisa su una televisione a circuito chiuso tra ventiquattro ore! Se parlare con Jackson Cave – rivolgermi a lui per la vita di mia figlia – ha una sola possibilità di funzionare, ci proverò.”
Ray annuì, stringendo la mano di lei nella sua e avvolgendo le sue enormi braccia attorno alla sua spalla. Fu delicato, ma lei fece una smorfia di dolore comunque.
“Scusa,” sussurrò piano. “Ovvio – faremo tutto ciò che serve. Ma io vengo con te.”
“Ray, non nutro molte speranze che funzioni. Ma sicuramente non dirà nulla se ci sei tu accanto a me. Devo farlo da sola.”
“Ma forse stasera ha cercato di farti uccidere.”
“Probabilmente solo mutilarmi,” disse con un debole sorriso, cercando di abbassare la temperatura. “E poi non lo farà se mi presento a casa sua. Non mi aspetta. E sarebbe troppo rischioso. Che alibi avrebbe se mi succedesse qualcosa a casa sua? Sarà anche delirante, ma non è stupido.”
“Okay,” cedette Ray. “Non verrò con te a casa sua. Ma farai meglio a credere che starò nelle vicinanze.”
“Che bravo fidanzato,” disse Keri accoccolandosi contro di lui, nonostante il malessere dato dal movimento. “Scommetto che stai facendo pattugliare il vicinato da una volante per assicurarti che la tua piccola signora dorma bene stanotte.”
“Che ne dici di due?” disse. “Non lascerò che ti accada nulla.”
“Il mio cavaliere dall’armatura scintillante,” disse Keri sbadigliando nonostante tutti i suoi sforzi. “Ricordo ancora i giorni in cui ero una professoressa di criminologia alla Loyola Marymount University e tu venivi a parlare ai miei studenti.”
“Tempi più facili,” disse piano Ray.
“E ricordo anche i giorni oscuri dopo il rapimento di Evie, quando ho cominciato a bere scotch al posto dell’acqua, quando Stephen ha voluto il divorzio perché andavo a letto con qualunque cosa si muovesse, e l’università mi ha scaricata per aver corrotto uno dei miei studenti.”
“Non dobbiamo soffermarci in ogni caverna sul viale dei ricordi, Keri.”
“Sto solo dicendo, chi è stato a tirarmi fuori da quella buca di disprezzo per me stessa, a darmi una spolverata e a farmi presentare domanda per l’accademia di polizia?”
“Sarei stato io,” sussurrò dolcemente Ray.
“Giusto,” mormorò Keri. “Vedi? Il cavaliere dall’armatura scintillante.”
Posò la testa sul suo petto, permettendosi di rilassarsi, di adeguarsi al ritmo del respiro di lui, che inspirava ed espirava lentamente. Mentre le palpebre le si facevano pesanti e si addormentava, un ultimo pensiero coerente le passò per la testa: Ray non aveva davvero chiamato due macchine della polizia a pattugliare il vicinato. Aveva controllato fuori dalla finestra quando prima si era vestita, e aveva contato almeno quattro unità. E quelle erano solo quelle che era riuscita a vedere.
Sperava che bastassero.
Keri si aggrappò forte al volante, cercando di non lasciare che le curve acute della strada di montagna la rendessero più nervosa di quanto già non fosse. Erano le 7:45, ad appena sedici ore da quando sua figlia probabilmente sarebbe stata sacrificata in un rituale davanti a dozzine di pedofili benestanti.
Guidava per le tortuose colline di Malibù in una mattinata fresca ma limpida di un sabato di gennaio verso la casa di Jackson Cave. Sperava di convincerlo a restituirle la figlia sana e salva. Se non ci fosse riuscita, quello sarebbe stato l’ultimo giorno della vita di Evie Locke.
Keri e Ray si erano svegliati presto, appena dopo le sei. Lei non aveva molta fame, ma Ray aveva insistito perché mandasse giù delle uova strapazzate e un toast con le sue due tazze di caffè. Erano fuori dall’appartamento per le sette.
Ray aveva parlato brevemente a uno degli agenti di pattuglia che stavano fuori, che aveva detto che nessuna delle unità aveva riportato attività sospette durante la notte. Li aveva ringraziati e li aveva mandati per la loro strada. Poi lui e Keri erano montati nelle rispettive macchine ed erano andati separatamente a Malibù.
A quell’ora di un sabato mattina le strade normalmente intasate di Los Angeles erano virtualmente vuote. Nel giro di venti minuti erano sulla Pacific Coast Highway, a cogliere gli ultimi residui dell’alba sulle Santa Monica Mountains.
Per quando Keri si ritrovò a risalire a velocità da brivido la Tuna Canyon Road nelle colline di Malibù, lo splendore del mattino aveva ceduto il passo alla fosca realtà di quel che doveva fare. Il GPS indicava che si trovava vicino alla casa di Cave, perciò accostò. Ray, che era subito dietro, si portò piano accanto a lei.
“Penso che sia subito dopo la prossima curva,” disse dal finestrino aperto della macchina. “Perché tu non vai avanti e ti sistemi un poco più giù lungo la strada? È il tipo di persona che avrà telecamere di sorveglianza dappertutto, perciò è meglio che non ci veda arrivare insieme.”
“Okay,” acconsentì Ray. “Il cellulare prende a sbalzi quassù, quindi quando hai fatto ti seguo giù per la collina e possiamo aggiornarci a quel ristorante che abbiamo superato all’incrocio con la Pacific. Come ti pare?”
“Mi pare un bel piano. Augurami buona fortuna, partner.”
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