1 ...6 7 8 10 11 12 ...16 “Avete detto tutte e due che era come se fosse uscito dai radar, come se fosse sparito, giusto?”
“Ah-ah,” disse Keri osservandolo attentamente, sentendo accelerare il respiro.
“Quasi come… un fantasma?” chiese.
“Ah-ah,” ripeté.
Smise di scorrere le immagini e ne fissò una sullo schermo prima di alzare lo sguardo su Keri.
“Penso che sia perché lui è un fantasma; o, più precisamente, ‘il Fantasma.’”
Ray voltò lo schermo in modo che Keri riuscisse a vedere la foto segnaletica. Mentre fissava l’immagine dell’uomo che per primo aveva condotto Jackson Cave nel suo oscuro cammino, un brivido freddo le corse giù per la spina dorsale.
Lo conosceva.
Keri cercò di controllare le emozioni mentre una scarica di adrenalina le percorreva il sistema, facendole formicolare tutto il corpo.
Riconosceva l’uomo che le restituiva lo sguardo. Ma non lo conosceva come John Johnson. Quando si erano conosciuti, si faceva chiamare Thomas Anderson, ma tutti facevano riferimento a lui col nome del Fantasma.
Avevano parlato solo due volte, ogni volta al Twin Towers Correctional Facility del centro di Los Angeles, dove al momento era incarcerato per crimini non dissimili da quelli per cui era stato condannato John Johnson.
“Chi è, Keri?” chiese Mags, per metà preoccupata per metà infastidita dal lungo silenzio.
Keri si accorse di essere rimasta a fissare, muta, la foto segnaletica per gli ultimi secondi.
“Scusa,” rispose tornando al presente. “Si chiama Thomas Anderson. È nella cella della contea per rapimento e vendita di minori, per lo più a famiglie di altri stati che non soddisfacevano i requisiti per le adozioni. Non riesco a credere che non mi sia venuto in mente che Johnson e Anderson potessero essere la stessa persona.”
“Cave ha a che fare con un sacco di rapitori, Keri,” disse Ray. “Non c’è ragione per cui avresti dovuto fare il collegamento.”
“Come fai a conoscerlo?” chiese Mags.
“Mi ci sono imbattuta l’anno scorso esaminando documenti su casi di rapimento. A un certo punto ho pensato che potesse aver preso lui Evie. Sono andata alle Twin Towers per interrogarlo ed è diventato chiaro piuttosto velocemente che non era stato lui. Mi ha anche dato qualche pista che alla fine mi ha aiutata a scovare il Collezionista. E, adesso che ci penso, lui è stato il primo a menzionarmi Jackson Cave – ha detto che Cave era il suo avvocato.”
“Non avevi mai sentito di Cave prima?” chiese Mags.
“No, ne avevo sentito parlare. È tristemente noto ai poliziotti delle persone scomparse. Ma non avevo mai conosciuto uno dei suoi clienti né avevo ragione di pensare di lui altro che fosse un reietto qualsiasi finché Anderson non mi ha resa più consapevole su di lui. Finché non ho conosciuto Thomas Anderson, Jackson Cave non è mai stato nel mio radar.”
“E tu non pensi che sia una coincidenza?” chiese Mags.
“Con Anderson, non sono sicura che esistano coincidenze. Non è strano che esca impunemente come ‘John Johnson’ ma che venga poi arrestato sempre per i rapimenti usando la sua identità vera, Thomas Anderson? Perché non ha usato di nuovo una falsa identità? Cioè, quello è stato un bibliotecario per oltre trent’anni. Fondamentalmente si è rovinato la vita usando il suo nome vero.”
“Magari ha pensato che Cave sarebbe riuscito a farlo uscire un’altra volta,” suggerì Ray.
“Ma ecco un fatto,” disse Keri. “Anche se Cave tecnicamente era il suo avvocato della difesa, all’ultimo processo, quello in cui è stato condannato, Anderson si è difeso da solo. E, presumibilmente, è stato grandioso. Si dice che sia stato così convincente che se il caso non fosse stato a prova di bomba sarebbe uscito.”
“Se questo qui è un genio del genere,” replicò Mags , “come mai il caso contro di lui era così solido, allora?”
“Gli ho chiesto la stessa cosa,” rispose Keri. “E lui mi ha dato ragione sul fatto che fosse strano che qualcuno di così intelligente e meticoloso come lui fosse stato preso così. Non l’ha detto esplicitamente, ma essenzialmente ha insinuato che voleva essere condannato.”
“Ma perché, per Dio?” chiese Mags.
“Questa è una domanda eccellente, Margaret,” disse Keri chiudendo il laptop. “Ed è una domanda che intendo fare subito al signor Anderson.”
*
Keri parcheggiò la macchina nella massiccia struttura di fronte alle Twin Towers e andò all’ascensore. A volte, se doveva venire lì di giorno, la grande prigione di contea era così piena che doveva percorrere tutta la strada fino al nono piano scoperto della struttura per trovare un parcheggio. Ma erano quasi le otto di sera, e trovò posto al primo piano.
Attraversando la strada, ripassò il piano. Tecnicamente, vista la sospensione e le indagini degli affari interni, non era autorizzata a vedere un prigioniero in una sala interrogatori. Ma non si trattava di un fatto di dominio pubblico, ancora. Sperava che la familiarità che aveva con lo staff della prigione le avrebbe permesso di convincerli a parole a farle fare ciò che voleva.
Ray si era offerto di venire con lei per lisciarle la strada. Ma lei temeva che la cosa avrebbe portato a domande, mettendolo potenzialmente in pericolo. Anche in caso contrario, avrebbero potuto chiedergli di essere presente all’interrogatorio di Anderson. Keri sapeva che in quelle circostanze l’uomo non si sarebbe aperto.
Come si scoprì, non avrebbe dovuto preoccuparsi.
“Come va, detective Locke?” chiese l’agente della sicurezza Beamon quando lei si avvicinò al metal detector posto nell’atrio. “Sono sorpreso di vederla in piedi dopo lo scontro con quello psicopatico di questa settimana.”
“Ah, già,” disse Keri decidendo di usare il confronto che aveva avuto a suo vantaggio, “lo sono anch’io, Freddie. Pare che sia stata a un incontro di pugilato, vero? A dire la verità sono ancora ufficialmente in malattia finché non sono in una forma migliore. Ma stavo diventando matta chiusa a casa, perciò ho pensato di dare un’occhiata a un vecchio caso. È una cosa informale, perciò non ho neanche portato la pistola e il distintivo. Va bene lo stesso se interrogo qualcuno fuori dalle ore di lavoro?”
“Ma certo, detective. Vorrei solo che se la prendesse un po’ comoda. Però so che non lo farà. Firmi. Prenda il badge dei visitatori e vada al piano interrogatori. Conosce la procedura.”
Keri la procedura la conosceva, e quindici minuti dopo era seduta in una sala interrogatori, in attesa dell’arrivo del detenuto #2427609, o Thomas “il Fantasma” Anderson. La guardia l’aveva avvertita che si stavano preparando a spegnere le luci e che ci sarebbe potuto volere un po’ di tempo in più per recuperarlo. Cercò di stare tranquilla mentre aspettava, ma sapeva che era una battaglia persa.
Anderson sembrava sempre irritarla, come se segretamente le stesse rimuovendo lo scalpo per aprirle il cranio e leggerle i pensieri. Frequentemente le pareva di essere un gattino mentre lui teneva in mano una di quelle penne con le lucine per farla scorrazzare in direzioni casuali a seconda dei suoi capricci.
Eppure erano state le sue informazioni ad averla portata per una strada che l’aveva condotta più vicina a trovare Evie di quanto avesse fatto qualunque altra cosa. Era stato un progetto o solo fortuna? Non le aveva mai dato indicazione che i loro incontri fossero altro che eventi fortuiti. Ma se lui era così avanti nel gioco, perché avrebbe dovuto?
La porta si aprì e lui la attraversò, molto simile a come se lo ricordava. Anderson, sui cinquantacinque anni, era bassino, sul metro e settantasei, con una figura quadrata e ben costruita che faceva pensare che usasse con regolarità la palestra della prigione. Le manette sugli avambracci muscolosi sembravano strette. Però sembrava più snello di come lo ricordava, come se avesse saltato qualche pasto.
Читать дальше