1 ...7 8 9 11 12 13 ...16 I capelli folti erano divisi ordinatamente, ma con sorpresa di lei, non erano più del nero corvino che ricordava. Adesso erano più che altro una combinazione sale e pepe. Ai margini della tuta della prigione, riusciva a vedere porzioni dei molteplici tatuaggi che gli rigavano il lato destro del corpo fino a risalire sul collo. Il lato sinistro era ancora incontaminato.
Mentre lo portavano alla sedia di metallo dall’altra parte del tavolo rispetto a dove si trovava lei, gli occhi grigi non la lasciarono mai. Sapeva che la stava analizzando, studiando, misurando, cercando di capire tutto ciò che poteva della sua situazione prima ancora che parlasse.
Quando si fu seduto, la guardia prese posizione vicino alla porta.
“Stiamo bene anche da soli, agente… Kiley,” disse Keri strizzando gli occhi per leggergli la targhetta col nome.
“La procedura, signora,” disse bruscamente la guardia.
Lo guardò. Era nuovo… e giovane. Dubitava che prendesse già mazzette, ma non poteva permettersi che nessuno, corrotto o pulito, sentisse quella conversazione. Anderson le sorrise leggermente, sapendo che cosa stava per succedere. Probabilmente per lui sarebbe stato un intrattenimento.
Keri si alzò in piedi e fissò la guardia finché il ragazzo non percepì gli occhi su di sé e non la guardò.
“Innanzitutto, non signora. Detective Locke. Secondo, non me ne frega un cazzo della procedura, novellino. Voglio parlare con questo detenuto in privato. Se non riesci a venirmi incontro, allora dovrò parlare con te in privato, e non sarà una conversazione piacevole.”
“Ma…” cominciò a balbettare Kiley spostando il peso da un piede all’altro.
“Ma niente, agente. Hai due scelte davanti. Puoi lasciarmi parlare col detenuto privatamente. Oppure possiamo fare quella conversazione! Quale scegli?”
“Magari dovrei chiamare il mio supervisore…”
“Non rientra nella lista di scelte, agente. La sai una cosa? Decido io per te. Esci, così posso fare due chiacchiere. Si penserebbe che beccare un pedofilo fanatico religioso mi dia un pass per il resto della settimana, ma immagino di dover istruire anche un carceriere adesso.”
Si allungò verso il pomello della porta e cominciò a tirare quando l’agente Kiley finalmente perse del tutto il controllo dei nervi. Era colpita da quanto fosse durato.
“Non importa, detective,” disse frettolosamente. “Aspetto fuori. Però la prego di essere cauta. Quel prigioniero ha un passato di incidenti violenti.”
“Certo che sarò cauta,” disse Keri, la voce adesso tutto miele. “Grazie di essere stato così premuroso. Cercherò di fare presto.”
Lui uscì e chiuse la porta, e Keri tornò al suo posto, piena della fiducia in sé e dell’energia che appena trenta secondi prima le mancavano.
“È stato divertente,” disse gentilmente Anderson.
“Ne sono sicura,” rispose Keri. “Può scommettere che mi aspetto delle informazioni valide in cambio dell’intrattenimento di qualità che le ho fornito.”
“Detective Locke,” disse Anderson in un tono di finta indignazione, “lei offende la mia delicata sensibilità. Sono passati mesi dall’ultima volta che ci siamo visti, eppure il suo primo istinto quando mi vede è di chiedermi informazioni? Nessun salve? Nessun come sta?”
“Salve,” disse Keri. “Le chiederei come sta, ma è chiaro che non sta benissimo. Ha perso peso. I capelli sono diventati grigi. La pelle vicino agli occhi floscia. È malato? O è qualcosa che le pesa sulla coscienza?”
“Entrambe le cose, a dire il vero,” ammise. “Vede, i ragazzi di qui mi stanno trattando in modo un po’ ruvido, ultimamente. Non sono più nel gruppo dei popolari. Perciò occasionalmente mi viene ‘presa in prestito’ la cena. Di tanto in tanto mi viene eseguito un massaggio alle costole non richiesto. Ah, e ho un principio di cancro.”
“Non lo sapevo,” disse piano Keri, presa sinceramente alla sprovvista. Tutti i segni fisici di deperimento adesso avevano più senso.
“Come poteva?” chiese. “Non ho pubblicizzato la cosa. Avrei potuto dirglielo all’udienza di novembre, ma lei non c’era. Non ce l’ho fatta, comunque. Non è colpa sua, però. La sua lettera era adorabile, grazie mille.”
Keri aveva scritto una lettera sulla condotta di Anderson dopo che lui l’aveva aiutata. Non aveva sostenuto il suo rilascio, ma era stata generosa nella descrizione dell’assistenza data da lui alle forze dell’ordine.
“Non è rimasto sorpreso di non avercela fatta, mi par di capire.”
“No,” disse. “Ma è dura non sperare. Era la mia vera ultima possibilità di uscire di qui prima che mi prenda la malattia. Sognavo di vagare per una spiaggia di Zihuatanejo. Ahimè, non avverrà. Ma abbiamo chiacchierato a sufficienza, detective. Andiamo al perché lei è qui, sul serio. E si ricordi che i muri hanno orecchie.”
“Okay,” cominciò, poi si sporse in avanti e sussurrò, “sa di domani sera?”
Anderson annuì. Keri sentì un’ondata di speranza salirle al petto.
“Sa dove accadrà?”
Scosse la testa.
“Non posso aiutarla con il dove,” le sussurrò in risposta. “Ma potrei essere in grado di aiutarla sul perché.”
“A che mi servirebbe?’ domandò amaramente.
“Sapere il perché potrebbe aiutarla a scoprire il dove.”
“Mi permetta di chiederle un perché diverso,” disse, capendo che la rabbia la stava sopraffacendo ma incapace di contenerla.
“Va bene.”
“Perché mi sta aiutando?” chiese. “Mi guida dall’inizio, dalla prima volta che l’ho conosciuta?”
“Ecco quello che le posso dire, detective. Lei lo sa che cosa facevo per vivere, che coordinavo il rapimento di bambini dalle loro famiglie perché venissero dati ad altre famiglie, spesso per commissioni enormi. Era un business molto lucroso. Sono stato in grado di condurlo da una certa distanza usando un nome falso e vivendo una vita felice e semplice.”
“Come John Johnson?”
“No, la mia vita felice era come Thomas Anderson, il bibliotecario. Il mio alter ego era John Johnson, il facilitatore di rapimenti. Quando sono stato preso, sono ricorso a qualcuno che conosciamo entrambi per assicurarmi che John Johnson venisse esonerato e che Thomas Anderson non venisse mai collegato a lui. Questo è stato quasi dieci anni fa. Il nostro amico non lo voleva fare. Ha detto che lui rappresentava solo le persone bistrattate dal sistema e che io ero, ed è buffo pensarci adesso, un cancro di quel sistema.”
“È buffo sì,” gli diede ragione Keri, senza ridere.
“Però, come sa, so essere convincente. L’ho persuaso che prendevo bambini da famiglie benestanti e indegne per darli a famiglie amorevoli prive delle medesime risorse. Poi gli ho offerto un’enorme quantità di soldi per farmi assolvere. Penso che lo sapesse che stavo mentendo. Dopotutto, come potevano permettersi di pagarmi queste famiglie a basso reddito? E i genitori dei bambini perduti erano davvero tutti terribili? Il nostro amico è molto sveglio. Doveva saperlo. Ma ha avuto qualcosa a cui aggrapparsi, qualcosa da dirsi mentre prendeva da me contanti a sei cifre.”
“A sei cifre?” ripeté Keri, incredula.
“Come ho detto, è un business molto lucroso. E quel pagamento era solo il primo. Nel corso del processo l’ho pagato all’incirca mezzo milione di dollari. E con quello, lui era sulla buona strada. Dopo l’assoluzione e la riassunzione al lavoro sotto il mio vero nome, ha persino cominciato ad aiutarmi a facilitare i rapimenti per queste famiglie ‘più degne’. Fin quando riusciva a trovare un modo per giustificare le transazioni, queste non lo mettevano a disagio, ne era persino entusiasta.”
“Quindi gli ha fatto dare lei il primo morso del frutto proibito?”
“Sì. E lui ha scoperto che il sapore gli piaceva. Anzi, ha scoperto che gli piaceva il sapore di molte cose grandiose che non era consapevole gli sarebbero potute piacere.”
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