Molti tirocinanti erano uomini, e la maggior parte ben vestita. Si sentì un po’ insicura nel suo tailleur con pantaloni, che aveva acquistato in un negozio al risparmio di Lanton. Era il miglior completo da lavoro che possedesse, e sperava di apparire sufficientemente rispettabile.
Poco dopo, un uomo di mezza età, dall’aspetto curato, si posizionò di fronte ai tirocinanti seduti.
Esordì: “Sono l’Assistente Direttore Marion Connor, e sono responsabile per il Programma Estivo di Tirocinio dell’FBI. Dovreste essere tutti molto orgogliosi di essere qui oggi. Siete un gruppo molto selezionato ed eccezionale, scelto tra migliaia di candidati …”
Riley deglutì rumorosamente, mentre l’uomo continuava a congratularsi col gruppo.
Migliaia di candidati!
Quanto sembrava strano. La verità era che non aveva nemmeno fatto domanda. Era semplicemente stata scelta per il programma non appena uscita dal college.
Merito davvero di stare qui? si chiese.
L’Assistente Direttore Connor presentò al gruppo un agente più giovane, Hoke Gilmer, il supervisore all’addestramento, che aveva chiamato Riley il giorno prima. Gilmer chiese ai tirocinanti di mettersi in piedi, alzare la mano destra e pronunciare il giuramento dell’FBI.
A Riley venne un nodo in gola, mentre pronunciava le parole …
“Io, Riley Sweeney, giuro solennemente di sostenere e difendere la Costituzione degli Stati Uniti contro tutti i nemici, stranieri e interni …”
Dovette sbattere le palpebre per non piangere e proseguì.
Questo è reale, si disse. Sta accadendo davvero.
Non aveva idea di che cosa l’aspettasse da quel momento in poi.
Ma era sicura che la sua vita non sarebbe più stata la stessa.
Dopo la cerimonia, Hoke Gilmer portò gli studenti a fare un lungo giro del J. Edgar Hoover Building. Riley rimase sempre più stupita per via delle grandezza e complessità dell’edificio, e per tutte le diverse attività che si svolgevano al suo interno.
C’erano stanze destinate agli usi più svariati, un campo da pallacanestro, una clinica medica, una tipografia, molti tipi di laboratori e stanze adibite ad uso informatico, un poligono di tiro, e persino un obitorio e un’officina.
Tutto la sconvolse.
Alla fine del giro, il gruppo fu condotto alla mensa, all’ottavo piano. Riley si sentì esausta, quando mise il cibo sul proprio vassoio, non tanto per i chilometri che aveva percorso a piedi, ma per tutto quello che aveva visto e stava provando ad assorbire.
Quanto di questa meravigliosa struttura poteva sperare di conoscere nelle settimane che avrebbe trascorso al suo interno? Voleva apprendere tutto ciò che poteva, quanto velocemente avrebbe potuto.
E voleva iniziare subito.
Mentre reggeva il vassoio, guardandosi intorno in cerca di un posto in cui sedersi, si sentì stranamente fuori posto. Gli altri tirocinanti sembravano già impegnati a fare amicizia e, seduti in gruppi, chiacchieravano entusiasti della giornata che stavano trascorrendo. Si disse che forse avrebbe dovuto sedersi tra alcuni dei colleghi giovani, presentarsi e conoscerli.
Ma sapeva che non sarebbe stato facile.
Spesso Riley si era sentita fuori posto, e fare amicizia e unirsi agli altri non era mai stata una cosa naturale per lei.
E, al momento, si sentiva più timida di quanto ricordasse di essersi mai sentita.
Ed era solo la sua immaginazione, o alcuni tirocinanti la stavano guardando e facendo commenti sotto voce su di lei?
Aveva appena deciso di sedersi da sola, quando sentì una voce accanto a lei.
“Sei Riley Sweeney, non è vero?”
Si voltò e vide un giovane che aveva catturato la sua attenzione nell’aula e durante il giro. Non era riuscita a fare a meno di notare il suo fascino: un po’ più alto di lei, robusto ed atletico, con corti capelli ricci e un sorriso piacevole. Il completo che indossava sembrava costoso.
“Um, sì” Riley rispose, sentendosi improvvisamente sempre più timida di prima. “E tu … ?”
“John Welch. Piacere di conoscerti. Ti direi di stringerci le mani, ma …”
Lui accennò ai vassoi che entrambi stavano trasportando, e accennò una risata.
“Vorresti sederti con me?” le chiese.
Riley si augurò di non arrossire.
“Certo” gli rispose.
Si sedettero ad un tavolo l’uno di fronte all’altra e cominciarono a mangiare.
Riley chiese: “Come conosci il mio nome?”
John sorrise maliziosamente e disse: “Scherzi, vero?”
Riley rimase stupita. Si sforzò di non rispondere…
No, non scherzo.
John alzò le spalle e disse: “Qui tutti sanno chi sei. Immagino che si possa dire che la tua reputazione ti procede.”
Riley posò lo sguardo su alcuni degli altri studenti. Come previsto, erano ancora intenti a guardarla e a scambiarsi commenti sottovoce.
Riley cominciò a capire …
Devono sapere che cos’è successo a Lanton.
Ma quanto sapevano?
Ed era un bene o un male?
Certamente non aveva preso in considerazione la possibilità di avere una “reputazione” tra i tirocinanti. L’idea la imbarazzava profondamente.
“Di dove sei?” gli chiese.
“Proprio di qui, Washington DC” fu la risposta. “Mi sono laureato in criminologia questa primavera.”
“Che università?” fu ora la domanda di Riley.
John arrossì leggermente.
“Um … George Washington University” rispose.
Riley spalancò gli occhi al nome di un college così costoso.
Dev’essere ricco, pensò.
Sentiva anche che lui si sentiva un po’ a disagio per questo.
“Wow, una laurea in criminologia” esclamò. “Io sono laureata in psicologia. Sei in vantaggio rispetto a me.”
John rise.
“Rispetto a te? Penso di no. Voglio dire, probabilmente sei l’unica tirocinante nel programma con una vera esperienza sul campo.”
Ora Riley si sentì davvero sbalordita.
Esperienza sul campo?
Non aveva pensato a quanto accaduto a Lanton come un’“esperienza sul campo”.
John continuò: “Beh, hai già aiutato a trovare e catturare un vero serial killer. Non riesco ad immaginare a come debba essere stato. Ti invidio, sul serio.”
Riley si accigliò e divenne silenziosa. Non voleva dirlo, ma l’invidia sembrava un’emozione molto inappropriata da provare per quanto aveva vissuto.
Che cosa pensava John fosse successo durante quelle terribili settimane a Lanton? Aveva idea di che cosa avesse provato a trovare i cadaveri delle sue migliori amiche, con le gole brutalmente squarciate?
Sapeva quanto si fosse sentita terrorizzata e distrutta dal dolore e anche quanto si sentisse in colpa?
Era ancora perseguitata dal pensiero che la sua coinquilina, Trudy, sarebbe stata ancora viva, se Riley avesse semplicemente fatto un lavoro migliore prestandole attenzione.
E aveva idea di quanto fosse stato terribile per lei cadere nelle grinfie del killer?
Riley bevve un sorso della sua bibita e infilzò il cibo con una forchetta.
Poi, disse: “E’ stato … beh, non è stato come potresti pensare. E’ soltanto qualcosa che è successa.”
Ora John le rivolse uno sguardo colmo di vera preoccupazione.
“Scusa” disse. “Immagino che tu non voglia parlarne.”
“Forse un’altra volta” Riley replicò.
Cadde uno strano silenzio. Non volendo essere scortese, Riley cominciò a fare delle domande a John sulla sua vita. Quest’ultimo sembrò riluttante a parlarne, ma riuscì a tirargli fuori delle risposte.
I genitori di John erano entrambi noti avvocati, pesantemente coinvolti nella politica di Washington DC. Riley rimase colpita, non tanto dall’ambiente benestante in cui era cresciuto John, ma dal modo in cui aveva scelto un percorso diverso da tutto il resto della famiglia. Invece di perseguire una carriera prestigiosa in legge e politica, John si era dedicato ad una vita più umile di servizio nelle Forze dell’Ordine.
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