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Blake Pierce: Il Killer della Rosa

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Blake Pierce Il Killer della Rosa

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I cadaveri di alcune donne, uccise in modi grotteschi, sono ritrovati nelle campagne della Virginia. Non sembrano esserci soluzioni e viene coinvolta l’FBI ma anche i federali sono disorientati. Un pericoloso serial killer è a piede libero e non si vuole fermare. Gli agenti sanno che uno solo, tra loro, è in grado di risolvere il caso: l’Agente Speciale Riley Paige. Riley è in convalescenza dopo l’incontro con il suo ultimo serial killer e, sapendola ancora debole, l’FBI è riluttante a ricorrere alla sua mente brillante. Nonostante tutto, Riley, bisognosa di combattere i suoi stessi demoni, torna in campo; si ritrova a frequentare l’inquietante ambiente dei collezionisti di bambole, entra nelle case di famiglie distrutte e finisce per penetrare nei meandri più oscuri della mente del killer. A poco a poco, Riley capisce di avere di fronte un assassino più complicato di quanto avesse immaginato. In un’incalzante corsa contro il tempo, si ritrova spinta al limite: rischia di perdere il lavoro, la sua famiglia é in pericolo e i suoi nervi rischiano di crollare. Riley Paige ha accettato di seguire di nuovo un caso ed è determinata a risolverlo a qualsiasi costo. Ne è ossessionata, si ritrova ad esplorare gli angoli più oscuri della sua stessa mente, mentre il confine tra cacciatore e preda si assottiglia sempre di più. Con una serie di incredibili colpi di scena, il suo istinto la guidano ad una soluzione, che nemmeno Riley avrebbe mai immaginato. Giallo psicologico che lascia senza fiato, IL KILLER DELLA ROSA segna il debutto di una nuova affascinante serie – e di un nuovo amato personaggio – che vi terrà attaccati alle pagine fino a tardi. Il Libro #2 nella serie di Riley Paige sarà presto disponibile.

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Blake Pierce

IL KILLER DELLA ROSA (UN MISTERO DI RILEY PAIGE—LIBRO 1)

TRADUZIONE ITALIANA
A CURA DI IMMACOLATA SCIPLINI
Blake Pierce

Blake Pierce è un avido lettore ed è da sempre ammiratore dei romanzi gialli e thriller. IL KILLER DELLA ROSA è il romanzo di debutto di Blake. Blake apprezza i vostri commenti, pertanto siete invitati a visitare www.blakepierceauthor.comper unirvi alla email list, ricevere una copia gratuita del libro, dei regali, a connettervi su Facebook e Twitter, e a restare in contatto!

Copyright © 2015 di Blake Pierce. Tutti i diritti sono riservati. Fatta eccezione per quanto consentito dalla Legge sul Copyright degli Stati Uniti d'America del 1976, nessuno stralcio di questa pubblicazione potrà essere riprodotto, distribuito o trasmesso in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, né potrà essere inserito in un database o in un sistema di recupero dei dati, senza che l'autore abbia prestato preventivamente il consenso. La licenza di questo ebook è concessa soltanto ad uso personale. Questa copia del libro non potrà essere rivenduta o trasferita ad altre persone. Se desiderate condividerlo con altri, vi preghiamo di acquistarne una copia per ogni richiedente. Se state leggendo questo libro e non l'avete acquistato, o non è stato acquistato solo a vostro uso personale, restituite la copia a vostre mani ed acquistatela. Vi siamo grati per il rispetto che dimostrerete alla fatica di questo autore. Questa è un'opera di fantasia. Nomi, personaggi, aziende, società, luoghi, eventi e fatti sono il frutto dell'immaginazione dell'autore o sono utilizzati per mera finzione. Qualsiasi rassomiglianza a persone reali, viventi o meno, è frutto di una pura coincidenza. Immagine di copertina di Copyright GoingTo, usata con l’autorizzazione di Shutterstock.com.

Prologo

Un nuovo spasmo di dolore riportò Reba nell’incubo. Si mosse tendendo le corde che la tenevano legata intorno allo stomaco ad un tubo verticale, imbullonato al pavimento ed al soffitto, al centro della piccola stanza. I polsi erano legati davanti, e così anche le caviglie.

Si rese conto di essersi addormentata e la paura la svegliò del tutto. Improvvisamente avvertì la consapevolezza del fatto che quell'uomo l'avrebbe uccisa. A poco a poco, ferita dopo ferita. Non era la sua morte che lui voleva, e neppure il sesso. Desiderava solo che lei provasse dolore.

Devo restare sveglia, pensò. Devo uscire da qui. Se mi addormento di nuovo, sono morta.

Nonostante il calore all'interno della stanza, il suo corpo nudo grondava di sudore. Guardò in basso, e vide i piedi nudi contro il pavimento di legno duro. Intorno si distinguevano macchie di sangue secco, un chiaro segnale che non lei non era stata certo l'unica ad essere stata legata lì. Il panico crebbe in lei.

L'uomo era andato da qualche parte. La porta della stanza era ben chiusa, ma sarebbe tornato. Lo faceva sempre. E, poi, avrebbe fatto qualcosa che credeva l'avrebbe fatta gridare. Le finestre erano sbarrate, e non poteva capire se fosse giorno o notte; la sola luce proveniva da una lampadina appesa al soffitto. Ovunque fosse, sembrava che nessuno potesse sentire le sue grida.

Si chiese se quella stanza, un tempo, fosse appartenuta ad una bambina; infatti era grottescamente rosa, decorata interamente da ghirigori e motivi fiabeschi. Qualcuno, certamente il suo carceriere, non ripuliva da molto tempo; aveva rotto e rovesciato sgabelli e sedie e distrutto tavoli. Il pavimento era disseminato di arti e busti di bambole per bambine. Piccole parrucche – di bambole ovviamente immaginò Reba – erano inchiodate come scalpi alle pareti: per la maggior parte, erano acconciate in maniera elaborata, e sfoggiavano tutte i colori tipici dei giocattoli. Una toeletta, rosa e malconcia, era poggiata alla parete; lo specchio, a forma di cuore, era stato ridotto in mille pezzi. L'unico altro elemento di mobilio intatto era un minuscolo letto singolo, con una logora coperta rosa. Il suo carceriere talvolta riposava lì.

L'uomo la osservava con scuri occhi brillanti, nascosto dietro il passamontagna che gli copriva il volto. All'inizio, aveva confidato nel fatto che indossasse sempre la maschera: Se non voleva che lei gli vedesse il volto, doveva voler dire che non pianificava di ucciderla e che l'avrebbe lasciata andare …

Ma ben presto aveva compreso che la maschera serviva ad uno scopo diverso. Le sembrava di aver scorto un mento sottile e una fronte inclinata, ed era certa che i tratti dell'uomo fossero femminei e sgraziati. Sebbene fosse forte, era più basso di lei, il che probabilmente gli procurava insicurezza. Indossava la maschera -immaginava – per apparire più terrificante.

Aveva rinunciato a convincerlo a non farle del male. All'inizio, aveva pensato di riuscirci. Dopotutto, sapeva di essere graziosa. O almeno lo ero , pensò tristemente.

Sudore e lacrime scesero lungo il viso graffiato, e lei poté sentire il sangue intriso nei lunghi capelli biondi. Gli occhi le bruciavano: le aveva messo delle lenti a contatto, che le rendevano più difficile vedere.

Soltanto Dio conosce il mio aspetto ora.

Si abbandonò, reclinando la testa in avanti.

Ora muori, implorò a se stessa.

Doveva essere molto semplice da fare. Era certa che altre persone fossero morte lì prima.

Ma lei non poteva. Soltanto il pensarci le fece battere più forte il cuore, venire l'affanno, stringere lo stomaco. Lentamente, quando divenne ormai consapevole che la sua morte si stava avvicinando, una nuova sensazione si fece largo dentro di lei. Stavolta, non era panico o paura. Non era disperazione. Era qualcos'altro.

Che cosa provo?

Poi realizzò. Era rabbia . Non contro il proprio carceriere. Aveva ormai da tempo esaurito quel sentimento verso di lui.

Sono io, lei pensò. Sto facendo quello che vuole. Quando urlo, piango, singhiozzo e imploro, faccio ciò che vuole lui.

Ogni qualvolta lei trangugiava quella brodaglia fredda e insipida che lui le dava da mangiare con l'aiuto di una cannuccia, faceva quello che lui voleva. Ogni qualvolta frignava pateticamente, affermando di essere madre di due figli che avevano bisogno di lei, non faceva altro che deliziarlo a non finire.

La sua mente si aprì su una nuova finestra, cessando finalmente di agitarsi. Forse doveva provare un'altra via. Si era ribellata così tanto in quei giorni. Forse era stato l'approccio sbagliato. Erano come quei piccoli giochi di bambù, le trappole cinesi, dove si mettono le dita in ogni estremità del tubicino, e più si spinge, più si bloccano le dita. Forse, il trucco stava nel rilassarsi, deliberatamente e completamente. Forse, era quella la via d'uscita.

Muscolo dopo muscolo, la donna lasciò che il suo corpo si rilassasse, sentendo ogni dolore, ferita dove la carne toccava le corde. E, lentamente, capì quale era il punto in cui le corde erano in tensione.

Almeno, aveva trovato quello che le serviva. C'era soltanto una leggera tensione intorno alla sua caviglia destra. Ma non sarebbe bastata a scioglierla, almeno non ancora. No, doveva lasciare che i muscoli le si rilassassero di più. Ondeggiò gentilmente la caviglia, poi sempre più gentilmente, poi con maggior forza, finché la corda non si allentò.

Finalmente, con un misto di gioia e sorpresa, avvertì allentarsi la corda che le bloccava il,tallone e riuscì a liberare il piede destro.

Esaminò immediatamente il pavimento. A meno di un metro di distanza, mescolato alle parti di bambole, c'era il coltello del suo carceriere. L'uomo rideva sempre, lasciandolo lì, stuzzicandola. La lama, ricoperta di sangue, scintillava sarcasticamente nella luce.

Allungò il piede libero verso il coltello ma non riuscì a raggiungerlo.

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