Giovanni Haas - Jessica Ek

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Jessica suona il campanello. L’appartamento si trova al primo piano di una palazzina fuori città, una zona non certo di lusso, ma apparentemente tranquilla e pulita, dotata di piccoli giardini tra un complesso residenziale e l’altro e di larghe strade ben curate.

«Buongiorno, come posso aiutarla?»

La signora Balestra ha un tono di voce pacato e uno sguardo che lascia trasparire una certa diffidenza, anche se gentile. Il suo aspetto è curato: dalla pettinatura con un'accesa tinta ramata, senza segni di ricrescita, al trucco vivace, ma non eccessivo; dimostra circa sessant’anni. Indossa un vestito variopinto e allegro, accompagnato da una bella collana di pietre colorate che si abbinano perfettamente agli orecchini. Sicuramente una donna che non ama passare inosservata; caratteristica che evidentemente Matteo ha assimilato da lei.

«Mi chiamo Jessica e… devo parlarle. Mi concederebbe qualche minuto del suo tempo?»

«So chi è lei.» Il tono della donna diventa contrariato come un vento che muti repentinamente direzione. «Matteo mi ha chiamata, la sua visita di questa mattina lo ha sconvolto, sa? Come si è permessa di piombare in questo modo nella sua vita? Per trent'anni ha potuto vivere sereno ritenendo che fossimo noi i suoi veri genitori, e ora arriva lei e gli sbatte in faccia che sua madre lo ha abbandonato quando era ancora in fasce. Dovrei denunciarla per quello che gli ha fatto. Se ne vada.»

Jessica arretra, avvilita: «La prego di credermi… Credevo che lui lo sapesse, e nostra madre non lo ha abbandonato, è stata costretta a… »

«Se ne vada, io non ho niente da dirle!»

La donna spinge la porta, ma Jessica la ferma con una mano.

«La prego, mi lasci almeno spiegare… è una storia importante ed è giusto che ne siate al corrente!»

Questo gesto irrita la donna che alza la voce. «Le ho detto di andarsene!»

«No, non me ne vado! Sono sua sorella, e per trent'anni neppure io ho saputo della sua esistenza.»

«Già. E per tutto questo tempo siamo stati tutti bene, non ho motivo di parlare con lei.» Chiude la porta con vigore, facendola sussultare.

«Anche il fratello gemello di Matteo ha il diritto di conoscerci!» grida Jessica allo spioncino. «E senza il suo aiuto, forse non lo troverò mai.»

La donna riapre la porta quanto basta per mostrare il volto; la bocca aperta, gli occhi spalancati.

«Gemello? Ma…come? Io non ne ho mai saputo nulla.»

«Mi faccia entrare, per favore.» Jessica unisce le mani a mo' di preghiera, il viso supplichevole. «Le spiegherò tutto.»

***

«Vieni, ti stavamo aspettando» dice Silvia, stringendo forte la mano di Matteo e facendolo entrare nella grande villa in cemento armato, con vetrate scure che occupano quasi interamente le pareti che danno sul giardino e la piscina, ormai coperta con un telo grigio per la stagione invernale.

La mamma di Francesca ha cinquantacinque anni, ma ha già i capelli grigi; oggi li tiene sciolti, le superano di poco le spalle. È una donna alta e magra, anche se non si può definire una sportiva. Riesce a essere cordiale e calorosa anche in questi giorni così terribili, probabilmente i più difficili che abbia mai vissuto. La stanchezza e il dolore trapelano dal suo sguardo e dai suoi movimenti nervosi.

Si dirigono verso il soggiorno e, come forse fanno tutti quelli che passano da lì, lui non può fare a meno di guardare la grande foto di Francesca, ancora bambina, appesa alla parete. È ritratta in pantaloncini e maglietta, seduta sul ramo di un grosso albero mentre ride di gusto. Lì porta ancora i capelli lunghi e sono molto più chiari di come li ha oggi, almeno quindici anni dopo. La somiglianza con Silvia è lampante: l'aria sbarazzina e la fossetta sul mento fanno intuire all'istante che si tratta di madre e figlia.

«Sai, Nico è una persona adorabile» dice Silvia.

Matteo è sorpreso da quella affermazione, si ferma a metà del lungo corridoio.

«Nico?»

«Sì. È di là con Edo, stiamo bevendo un tè.»

Dovevo immaginarlo.

Matteo controvoglia la segue; riconosce la voce di Nico che parla con il papà di Francesca e ha un moto di fastidio acuto.

«Ah, eccoti» dice Edo. «Stavamo proprio parlando di te. Il tuo collega è davvero una persona speciale; come lo sei tu, d'altronde.»

I due sono seduti attorno a uno splendido tavolo in legno intarsiato, su delle sedie imbottite e foderate in pelle; Edo gli fa cenno di accomodarsi e sorride beffardo.

«Già, l'ho sentito dire» risponde Matteo, che sta osservando Nico: indossa vestiti puliti e ben stirati; non si è tagliato la barba, ma perlomeno si è pettinato.

«Matteo.» Nico accenna un saluto.

«Mi pareva di aver capito che avresti rifiutato l’accordo.»

«Infatti, è così.»

Silvia si siede vicino al marito. «Nico ci ha fatto capire quanto fosse sbagliato lasciare tutto il peso di certe decisioni solo a te.»

«Come?»

«Certo» continua Edo, «tu devi concentrarti sulle tue percezioni, non devi farti confondere da quelle di Nico. Ci ha spiegato come siano diversi i vostri poteri: tu puoi vedere nel futuro, mentre Nico nel passato. Siamo noi le persone più adatte a interpretare le vostre visioni. Sappiamo che sarà doloroso, ma siamo disposti a tutto per la nostra Francesca.»

Matteo fa un lungo sospiro. «Edo, Silvia, vi rendete conto che…»

«Ormai è deciso.» La voce di Edo si fa decisa. «Avrete accesso entrambi allo stesso materiale. Domani contatterò il commissario Martini e lo pregherò di includere anche Nico nel team d'indagine, come ha fatto con te. Naturalmente, potrete lavorare come meglio credete, assieme o in modo indipendente, ma esigo che collaboriate e, visto che vi pago io, tutto quello che scoprirete mi appartiene, quindi non sarà più Martini a decidere cosa mi può essere detto oppure no. È ovvio che informerete di tutto anche lui.»

Edo ha sessant'anni e da un decennio dirige da una delle più grosse fiduciarie della zona con molti dipendenti; è membro di svariati consigli di amministrazione ed è abituato a trattare con pezzi grossi della finanza. Quando decide una cosa sa come farsi capire e come imporre il suo volere.

Nico guarda Matteo e accenna un sorriso. Lui, invece, rivolge il suo sguardo al padrone di casa.

«Edo, non credo che Martini sia disposto ad accettare queste condizioni. Rischiamo che butti fuori anche me dal suo gruppo.»

«Non farà nulla del genere, altrimenti parlerò con il sindaco, il questore e la stampa. Il corpo di polizia non ha certo bisogno di altri problemi.»

«Un tè, Matteo?» Silvia appoggia sul tavolino una tazza fumante.

«Volentieri.» La ringrazia e, mentre si allunga a prendere la bevanda, manda uno sguardo furente a Nico, che gli risponde con un altro sorriso.

***

«Lei vive sola?»

Jessica osserva la donna che ha fatto da madre a suo fratello; è elegante nei movimenti e parla in modo cordiale ed educato. Sono sedute nel piccolo soggiorno arioso, arredato con mobili che probabilmente erano già lì quando arrivò in casa Matteo, ma ancora in ottimo stato. Le tendine a fiori che decorano le grandi finestre accostate ondeggiano leggermente alla brezza. C’è serenità nell’aria e adesso Jessica sa che Mateo ha avuto un’infanzia felice.

«Sì, mio marito Marco è morto due anni fa; la domenica di solito mi viene a trovare Matteo, ma ora è preso da un caso molto importante e domenica scorsa non è potuto venire. Sinceramente, dopo la telefonata di questa mattina, non sono sicura che passerà neppure la prossima: era sconvolto dalla notizia che lei gli ha dato. Il suo intervento ha messo me in una situazione difficile, Jessica.»

«Sono davvero dispiaciuta di averle procurato questi problemi, non era certo mia intenzione sciupare l’armonia della vostra famiglia e, a dire il vero, mi sono resa conto da sola di non possedere la fermezza d’animo necessaria a comunicare qualcosa di così delicato a Matteo. Mi sono sentita come il classico elefante nella cristalleria, stamattina, mi scuserò con Matteo ma … come si fa a essere preparati a una cosa simile? Lui è mio fratello e non lo vedo da decenni, si metta nei miei panni: davvero pensa che avrei fatto meglio a sparire e a rinunciare per sempre a lui?»

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