Giovanni Mongiovì
IL CERCATORE DI CORALLI
Regnum
Sullo sfondo: cattedrale di Palermo, decorazioni dell’abside; XII secolo.
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A Valentina e ai suoi sguardi...
A Tommaso, piccola anima che non indossa maschere...
PARTE I - L’‘AMIL DI MAHDIA PARTE I - L’‘AMIL DI MAHDIA
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
PARTE II - NELLA RETE DELL’INGANNO
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Cronologia dei sovrani di Sicilia
Albero genealogico Rossavilla
Regnum - Il cielo di Nadira
Regnum - Le tessere del Paradiso
Opere dell’autore
Biografia
PARTE I - L’‘AMIL DI MAHDIA
Capitolo 1
Tarda primavera 1148, Balermus 1
Non sono molte le parole che finiscono per contenere un significato intrinsecamente specifico quando sono spogliate di ogni susseguente descrizione. Ad esempio, se parliamo del "dio dei mari" è chiaro che ci riferiamo al pagano Poseidone. Ma se spogliamo della sua specificazione l'appellativo "dio", è subito palese che stiamo parlando del Dio delle grandi religioni monoteistiche. Proprio da quest'esempio, il più eccelso, comprendiamo quindi che il privilegio di essere considerati qualcuno o qualcosa per antonomasia riguarda solo una piccola ed esclusiva rosa di nomi e attributi.
Tale privilegio fu concesso anche al termine Regnum. Non che il Regnum Siciliae fosse l'unico esistente, ma a causa di grandezza e splendore finì per essere annoverato tra i contemporanei della sua fondazione come il Regno per antonomasia. Creazione di Ruggero, figlio dell'omonimo Conte che aveva strappato la Sicilia ai saraceni, il Regno divenne l'icona dello splendore e del cosmopolitismo. Crogiolo di razze e culture, esso sbalordì i viaggiatori stranieri per la fertilità delle sue terre e la bellezza della sua capitale.
L'aspetto più esemplare del Regnum andava tuttavia ricercato nell'esercizio del potere di Re Ruggero; un sovrano europeo che vestiva all'orientale e si attorniava di eunuchi mori come funzionari di stato. Mentre infatti l'Europa sperimentava più pienamente il sistema feudale, Ruggero regnava alla maniera dei re-sacerdoti delle epoche antiche, sedendo in chiesa più in alto degli stessi vescovi e precludendo perfino l'autorità del papa nei suoi territori. Mentre infatti il mondo cristiano prorompeva per la seconda volta nel grido "Dio lo vuole!" e si gettava nel massacro delle guerre sante, il Regno diveniva un esempio atipico di tolleranza.
Ruggero dimostrava di disinteressarsi del sangue degli infedeli e dei meriti per il Paradiso non perché fosse poco cristiano, ma perché la ragion di stato e la convenienza lo portavano nell'opposta direzione. Aveva sdegnato i re d'Europa, suoi pari, che in quegli anni avevano ricevuto la croce dei cavalieri diretti in Terra Santa dalle mani di Bernardo di Chiaravalle. Aveva ritenuto infatti di dover preservare il suo esercito, composto nella quasi totalità da saraceni 2 e convertiti, e la sua formidabile marina per altri scopi. Mentre infatti tutti i sovrani della cristianità marciavano verso levante per la riconquista di Edessa 3 e la difesa di Gerusalemme, e altrove si adoperavano per la liberazione di Lisbona, egli si impegnava ad espandere i territori del Regno oltre i suoi confini. In quegli anni i siciliani strappavano l'isola di Corcira 4 all'Impero d'Oriente e saccheggiavano perfino Atene; si sarebbero spinti oltre l'umanamente concesso, arrivando a scoccare frecce contro le finestre dell'Imperatore nell'inviolabile Costantinopoli...
In molti definivano Ruggero un mezzo infedele e una sorta di sultano cristiano per via dello stile di vita della corte palermitana e dei numerosi islamici di cui si serviva per l'esercizio del potere. Aveva infatti un harem composto da donne siciliane, calabresi, lombarde, franche e saracene d’Africa, il quale, similmente a quanto avveniva nei palazzi orientali, era sorvegliato da eunuchi. Inoltre, il suo primo ministro si chiamava Emiro degli Emiri e i suoi ministeri erano i dīwān 5 , gestiti alla stessa maniera di quanto avvenisse sotto il dominio saraceno. Insomma, tutto nel Regnum aveva un sapore esotico!
Nonostante questo, sebbene i suoi motivi andassero al di là del fervore religioso del periodo, Ruggero credette bene che i tempi fossero maturi per espandersi a sud, nell'Ifrīqiya 6 saracena.
Ci aveva provato più di vent’anni prima, quando non esisteva ancora il Regno, ed allora i siciliani avevano portato a casa una sonora sconfitta, la quale aveva fatto rallegrare l'Islam e ispirato i poeti delle corti africane. Adesso però Ruggero si era fortificato ed era ricco come nessuno in tutta l'Europa cristiana. Per di più l'Africa degli ziridi 7 attraversava una crisi profonda, insistendo in essa gravi carestie ed essendo minacciata ad ovest dal potente califfato almohade 8 .
Nemmeno un anno prima, Giorgio d'Antiochia, l'Emiro degli Emiri, l'Arconte degli Arconti, ovvero la seconda persona più importante del Regno, aveva guidato l'esercito alla conquista di Tripoli 9 . Ora nondimeno l'opportunità era più ghiotta... Prendere Mahdia 10 , capitale degli ziridi, significava prendere il controllo di tutte le rotte che univano i due opposti del Mediterraneo e poter smerciare il grano siciliano in uno dei porti e dei mercati migliori d'Africa.
La scusa la offrì un certo Jūsuf, governatore di Gabes 11 , il quale, inimicatosi con Hasan, emiro suo, chiese aiuto a Ruggero, promettendogli di reggere d'ora in poi la città in nome del sovrano cristiano. Ruggero accettò e il savio Giorgio organizzò l'affare, sicuro che questa volta, grazie all'esperienza acquisita in vent'anni di battaglie, avrebbe conseguito la vittoria.
Nominalmente non si trattava di una guerra santa, ma la posta in palio andava al di là dei semplici interessi territoriali: la vecchia sfida tra gli Altavilla e gli emiri ziridi si riapriva portando il terreno di scontro dalle colline siciliane alle dune del Nordafrica. Ruggero era pronto così a risuscitare i vecchi rancori di famiglia contro chi aveva osato nuocer loro in passato.
A tal proposito, non molto prima di adunare la flotta, venne convocato al Palazzo della Favara 12 un uomo che in quei giorni, nelle inquietudini del Re, costituiva una persona di interesse nazionale.
Giordano di Rossavilla aveva poco più di quarant’anni e serviva Ruggero da oltre venti. Apparteneva alla specie di uomini di cui il sovrano si compiaceva: non aveva titolo ma molti meriti, non aveva terre ma molta intraprendenza, non aveva obblighi feudali ma una cieca lealtà nei confronti del Re. Per Giordano era Ruggero, e non il papa, il vero vicario di Cristo... tanta era l'ammirazione che nutriva per il suo sovrano!
D'altronde Ruggero aveva fatto del cesaropapismo, alla maniera degli imperatori di Costantinopoli, il suo credo, divenendo Re non solo per legittimazione feudale, ma soprattutto perché “Dio l'aveva voluto”. Quest'aura di santità in realtà l'aveva ereditata da suo padre, essendo stato questi il campione della cristianità contro gli infedeli che insozzavano la Sicilia. Per di più, il fatto che alla guerra santa fosse seguita un'insolita tolleranza, aveva reso le figure del Gran Conte e di Re Ruggero leggendarie agli occhi di chi li stimava.
Chi stimava poco Ruggero erano invece i pontefici, i quali delle volte l'avevano pure scomunicato. Ciò nonostante, egli era stato in grado di forzare persino la volontà del Cielo, ottenendo la revoca con la pressione delle armi e proponendosi di volta in volta come difensore di Roma, contro l’Imperatore d’Occidente, nemico giurato del papa, e contro chi altri minacciasse il potere del successore di Pietro.
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