“Francobolli? Chi usa più la posta? Non avete l’e-mail?” chiese Devon incredulo.
Quasi roteai gli occhi ma in qualche modo riuscii a trattenermi. Stavo cominciando a pensare che Fitz avesse tutto il cervello dei due. Ebbi il pensiero di soprannominarli Batman e Robin. Mentre Fitz sembrava calmo, controllato e tranquillo, Devon sembrava avere degli impulsi più pazzi. Era come un bambino che non aveva ancora imparato le buone maniere.
“Non abbiamo internet qui e non ci sono computer a disposizione degli studenti o dello staff,” gli dissi. Lui si pizzicò il volto come se fosse sbalordito dall’idea. Non avrei spiegato i costi astronomici dei computer a qualcuno che chiaramente non capiva il valore di un dollaro. Dissi invece, “Questo è un campeggio per artisti. Agli studenti qui non interessa star dietro ai loro account su America Online. Molti non ne hanno neppure uno. Inoltre, c’è qualcosa da dire sulle lettere scritte a mano. Penna e inchiostro aggiungono un tratto distintivo che non può essere raggiunto con una tastiera.”
Devon alzò le spalle e si appoggiò alla parete.
“Credo di essere solo abituato a Georgetown. Quando siamo qui sembra di essere come in –”
“Amico! Questo posto ti sembra Georgetown? Smettila di fare lo stupido e lascia parlare la signorina,” disse bruscamente Fitz a Devon, poi si girò verso di me. “Mi scuso per il mio amico. Per favore continua.”
Una sensazione di curiosità e di paura corse lungo la mia spina dorsale. Per quanto avessi ammirato Fitz per aver messo a posto il suo amico, mi ritrovai a guardarlo con cautela. Non mi fidavo ancora di lui, Avevo la sensazione che stesse solo provando a entrare nelle mie grazie. Osservai con attenzione quel ragazzo terribilmente bello, solo per provare una terza ondata di farfalle nello stomaco quando si passò una mano sulla nuca tra i suoi capelli tagliati corti. I suoi occhi incrociarono i miei–meravigliose pozze grigie coperte da spesse sopracciglia scure. C’era della malizia in quel grigio, e potei solo immaginare i pensieri che gli passavano per la mente. Cose spinte–di quello ne ero sicura.
Quando l’angolo della sua bocca si alzò in un sorriso, fu veramente difficile sopprimere il sospiro che voleva fuggire dalle mie labbra. Le mie pulsazioni aumentarono di nuovo, e dovetti combattere il rossore che minacciava di inondare le mie guance.
Gesù riprendi il controllo. Ho decisamente perso la strada.
“Grazie, Fitz,” ringraziai, cercando disperatamente di mantenere il contegno. “Ora, a che punto ero?”
Proseguii, dando a ogni responsabile le istruzioni per la sera e dissi loro dove fare rapporto con i loro studenti il mattino successivo. Dopo aver risposto ad alcune domande, i responsabili cominciarono a uno a uno ad andarsene e a dirigersi verso I loro alloggi assegnati. Una volta che se andarono tutti, rimasi da sola con Batman e Robin.
Questo dovrebbe essere divertente.
Feci loro un sorriso esageratamente dolce e feci cenno con un dito ai due piantagrane di seguirmi. Fitz–per quanto arrogante sembrasse–in realtà sembrava nervoso per quello che gli aspettava. Camminai davanti a loro, fuori dalla fresca aria condizionata della Creator Hall, nella umida aria esterna. Non mi guardai indietro per vedere se mi stessero seguendo ma li potevo sentire sussurrare dietro di me. Non ero in grado di sentire quello che stavano dicendo. Sentii solo occasionalmente Fitz sibilare al suo amico di chiudere la bocca.
Mi fermai quando arrivammo al fienile che stava a circa duecento metri dalla sala principale. Aprii le ampie porte rosse del fienile e feci cenno di entrare. Come previsto, mio padre era dentro, circondato dalla sua collezione di attrezzi, scope e ramazze. Sembrava stesse cercare di sistemare una grossa ruota metallica. Le sue mani erano luride, e notai una macchia nera di grasso sulla sua guancia sinistra.
“Ehi, papà,” lo chiamai allegramente mentre mi dirigevo verso di lui. Lui sorrise quando mi vide, evidenziando ancora di più le sue rughe sul suo volto abbronzato.
“Cadence! Come stai, ragazza? Sopravvissuta al primo giorno?”
“Chiedimelo domani. Non è ancora finito,” scherzai.
“Dillo a me. É solo il primo giorno e già ho una carrucola di una delle tende del palcoscenico che si è rotta. Tua mamma era pronta per essere già legata.”
“Sono sicura che poi mi racconterà tutto,” dissi ridendo. “L’altra sera a cena ti ho sentito dire che eri un po’ a corto di personale quest’estate. Sono venuta a offrirti un po’ di aiuto. Vorrei che tu incontrassi Fitzgerald Quinn e Devon Wilkshire. Ho pensato che i lavori di manutenzione sarebbero una scelta perfetta per loro. Sono sicura che avrai parecchio lavoro per tenerli occupati.”
E di questo ne ero certa. Mio padre era fantastico e io lo amavo profondamente ma era un tipo che non perdeva tempo. Dopo tutto era il capo carpentiere di tutti gli edifici del campeggio. Era il suo sudore che rendeva fattibili le visioni di mia madre. C’erano ben pochi dubbi che avrebbe fatto in modo che quei ragazzi avrebbero finito l’estate con ben più di qualche callo sulle mani. Se fossi il tipo di ragazza che scommetteva avrei scommesso che anche Fitz e Devon lo sapevano. Potevo sentire le loro occhiatacce senza aver bisogno di guardarli.
“Sono sicuro che avrò ben più di un po’ di lavoro per tenere occupati questi ragazzi!” disse ridendo mio padre. Girandosi verso Fitz e Devon, si pulì con uno straccio il grasso dalle mani prima di allungarle per stringere le loro. “Piacere di conoscervi. Sono Jameson Riley, ma tutti qui mi chiamano signor Jimmy. In che alloggio staranno i ragazzi?”
Devon e Fitz si girarono verso di me con aria interrogativa.
“Oh, non ve l’ho detto?” chiesi con finta innocenza. “Siamo al completo quest’anno, perciò starete qui, nel solaio del fienile.”
Sorrisi e girai I tacchi, lasciando entrambi fissarmi sbalorditi mentre me ne andavo.
Fitz
Incazzato da morire, gettai il mio borsone sul materasso nel solaio del fienile. Chiamarlo materasso era una forzatura. Era in realtà una grossa imbottitura distesa sopra un paio di balle di fieno. Sì, fieno. Stavo per dormire come un dannato aiutante di una fattoria. In un certo senso lo ero. Solo che non ero pagato per stare lì.
“Questa è colpa tua,” aggredii Devon. “Avresti potuto tenere la tua bocca chiusa, ma no. Hai dovuto fare il cazzone e ora quella pollastra ci tiene sotto tiro. Voglio dire, ci ha fatto diventare dei fottuti manutentori!”
Mi fece un cenno con la mano mentre tirava fuori poche cose dalla sua borsa.
“Io? Credo che tu l’abbia fatta incazzare per primo quando l’hai chiamata dolcezza. Seriamente, amico. Hai visto la sua faccia?”
“Già, probabilmente non avrei dovuto farlo,” ammisi.
“Rilassati. Questa sera non è andata così male. Tutto quello che ci ha fatto fare il signor Jimmy è stato spazzare la sala principale. A che altro poteva assegnarci la signorina coi pantaloni Cadence? Pensavi che ci avrebbe incaricati di insegnare ballo?”
“Già, certo,” dissi ridendo. L’idea era ridicola. “Onestamente, forse hai ragione. Hai sentito il curriculum di quella ragazza, Sophie? Non ci avrebbero assegnato a nessuno degli studenti di questo posto. Non sappiamo nulla di queste stronzate artistiche. Solo i migliori insegnano qui.”
“Oh, già. Sophie era decisamente il meglio. Il tipo che mi fa desiderare di essere assegnato come maestro di danza. Non mi dispiacerebbe che ballasse attorno al mio uccello.”
Alzai incuriosito un sopracciglio.
“Cosa è successo alla suonatrice di flauto? Non era vecchia abbastanza?”
“Oh, diavolo no. Ti ho detto che non avrei fatto quell’errore. Non l’hai vista all’incontro dei capi del campeggio? Si chiama Jessica e ha vent’anni. É alla sua seconda estate di insegnamento qui. É con i musicisti,” mi disse. Fece un sorriso subdolo e aggiunse, “sto per andare a incontrarla fra pochi minuti.”
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