Non mi va di scrivere di sessualità nella camera da letto. Baciare, accarezzare, baciare. Mi dispiace, ma questo non vi riguarda. Altre cose di cui non voglio scrivere: diete, mestruazioni, violenza di piazza e gruppi di gente pericolosa, quello che talvolta si vede al telegiornale, guerre e politica difficile e gente ubriaca.
Io sono disabile dalla nascita. Sono nata con sei settimane di anticipo. I medici mi hanno tirata fuori con un taglio cesareo. E poi mi hanno pesata. Pesavo solo 1,3 chili. Dopo mi hanno esaminata. E poi i medici mi hanno messa in un’incubatrice calda nella clinica di Innsbruck. Ero circondata da tanti tubi.
Qualche tempo dopo ho saputo da mia mamma che ero venuta al mondo con le manine aperte. Non ho fatto i pugni. Mia mamma mi ha anche raccontato che il ginecologo guardando l’ecografia pensava che dovessi diventare un maschietto. In tal caso mi avrebbero dato il nome Tobias. Anche il cane del vicino si chiamava così. Però poi hanno lasciato perdere quando hanno saputo che ero una femmina. Mi hanno dato il nome Verena Elisabeth. Anche questo è piaciuto ai miei genitori.
La sindrome di Down l’ha scoperta il dottor Down. Non soffro di questo. Lo devo dire tante volte. A me la sindrome di Down non dà nessuna difficoltà. Semplicemente ce l’ho. E non fa neanche male.
Ho imparato a parlare con la logopedista fino a quando avevo quattro anni. Per esempio dovevo soffiare e fare esercizi con la lingua. Dovevo sempre tirare fuori la lingua. E far qualche suono e parlare come gli animali. Mi mostravano delle figure e io le dovevo indicare e nominare. Però avevo altre parole quando ero piccolina: O stava per Oma (nonna), Bo per Brot (pane). Mam e nam per il mangiare, wuwu per cane, umm per l’automobile e bam per il resto.
Il mio zainetto dell’asilo era rosa e bianco con degli orsetti pink e blu. Lì dentro mia mamma mi ha sempre messo la merenda. All’asilo c’erano tanti bambini. E io ho avuto diverse maestre d’asilo. Mi piaceva molto giocare con la sabbia in giardino. O ero sull’altalena o sullo scivolo. Il mio asilo si chiamava “Löwenegg”. Abbiamo giocato molto, cantato, ballato e fatto lavoretti manuali. Su una foto ho visto che ero nella buca della sabbia e portavo due trecce pendenti.
Quando ero un po’ più grande e vecchia, ho sentito da mia sorella che noi persone con la sindrome di Down abbiamo una linea speciale sul palmo della mano. Questo lo trovo particolarmente bello. Anche il mio aspetto con la sindrome di Down è super.
Avevo sei anni quando sono entrata nella prima classe della scuola elementare della mia città. Su una foto ho visto che avevo uno zainetto di colore bianco-pink. Con le mie dita ho fatto vedere i miei sei anni. La direttrice mi ha messo nella scuola regolare, senza problemi e senza bisogno di giudice. Naturalmente i miei genitori erano molto contenti che potessi frequentare la scuola normale. Mi hanno incoraggiata, incitata, mi hanno educata bene e mi hanno resa indipendente. La mattina andavo a scuola assieme alla direttrice. A scuola c’erano molti compagni. Avevo tante materie. A me piacevano soprattutto le scienze naturali, il canto, la ginnastica, il nuoto, tedesco, italiano e religione. Quasi tutto il tempo mi trovavo in classe con i miei compagni. Erano molto carini. Loro non erano disabili. Anche tutte le maestre erano carine con me. Nessuno mi ha fatto arrabbiare o mi ha preso in giro.
Il mio banco di scuola si trovava davanti alla cattedra. Al mio banco erano sedute le mie insegnanti di sostegno. Se non avevo capito bene la materia, andavo con loro in un locale un po’ più piccolo. Lì le insegnanti mi spiegavano tutto con disegni, in modo facile, comprensibile e colorato. E mi spiegavano meglio come dovevo fare i compiti a casa. Così ho quasi superato i miei compagni.
La mia materia preferita erano le scienze naturali. E la ginnastica. E il canto. E scrivere temi. I miei colleghi volevano sempre avere ferie. Solo io no. A me piaceva molto andare a scuola.
Anche gli psicologi mi hanno accompagnata durante il periodo scolastico. Hanno fatto dei test e hanno giocato con me per aiutarmi a passare da una classe all’altra.
Un giorno uno mi ha suonato una serenata per il mio compleanno. Con il suo flauto traverso. E la mia insegnante d’italiano mi ha portato una torta a sorpresa. Al buio sulla torta c’erano candeline splendenti. Non si spegnevano, erano magiche. Io soffiando avrei dovuto spegnere queste candeline, però le fiamme non volevano spegnersi. Solo con l’acqua siamo poi riusciti a farlo. Tutti i compagni e l’insegnante hanno cantato per me gli auguri in italiano. E dopo abbiamo visto la pellicola di Walt Disney “La bella e la bestia” in italiano. L’insegnante continuava a fermare il film e spiegava diverse cose. Questo mi rendeva nervosa. Avrei voluto vedere il film senza pause. Questa festa mi è piaciuta moltissimo.
Allora all’età di 11 anni ho scoperto anche l’amore. Era molto eccitante durante la pausa. Davanti alla porta della classe mi ero seduta su una panchetta per mettermi le pantofole. Alzatami, vedo davanti a me un ragazzo molto carino. E mi sono innamorata di lui. Dopo mi ha dato un bacio sulla bocca. Proprio in quel periodo ho iniziato ad avere il ciclo.
La vita a scuola mi è piaciuta moltissimo. Mi ricordo bene quanto era bello nelle ore di ginnastica giocare a palla. Ero sempre l’ultima che veniva colpita dalla palla. Non mi prendevano mai.
Durante gli esami di terza media in ginnastica dovevo formare col mio corpo un ponte e poi ballare col cerchio hula hoop. Ho ballato. Gli insegnanti volevano fermarmi perché l’esame l’avevo già superato. Io invece continuavo a ballare.
Alla maestra d’italiano dovevo raccontare una storia in italiano. Non era facile per me.
In scienze naturali mi sono fatta interrogare volontariamente. Ho raccontato come funziona la vita del lombrico e delle farfalle.
La seconda parte della mia vita scolastica l’ho passata nella grande città, a Bressanone. Lì ho vissuto in un istituto. Solo i fine settimana sono tornata a casa in treno. La scuola allora si chiamava scuola professionale. I miei compagni erano tutti un po’ come me. C’erano tanti ragazzi e donne. Questa scuola l’ho frequentata per quattro anni. Avevamo insegnanti molto carini. E tante materie varie. Per esempio: tedesco, italiano, matematica, computer, scienze naturali, geografia, politica. Mi piaceva molto fare i compiti. Per la politica per compito dovevamo vedere regolarmente il telegiornale.
La matematica non è cosa mia. Invece nello scrivere temi ero molto brava. Di tanto in tanto ero la più brava.
Talvolta abbiamo anche avuto bisogno di fare pause dal tanto studiare. Ogni tanto abbiamo fatto gite. Per esempio al panificio e anche quando una volta siamo andati in piscina coperta e questo l’ho trovato veramente super. In modo particolare amo l’acqua per nuotare. Vado spesso in piscina. Il nuoto mi diverte molto.
Ogni mercoledì a scuola abbiamo cucinato insieme il nostro pranzo. In quel periodo ho trovato un’amica. Era una ragazza più grande di me e di un’altra classe. Le volevo molto bene.
Facevo parte anche di un gruppo di teatro. Abbiamo fatto tante prove e lavorato molto. La nostra direttrice era molto simpatica. Non era facile non ridere. Per esempio se ci si doveva guardare seriamente negli occhi. Qualche volta la direttrice era anche severa. Però doveva essere così. Una volta il mio ruolo era di una giovane ragazza esclusa. Purtroppo non mi ricordo più il nome di questo pezzo. Però mi ricordo che i miei colleghi bisbigliavano testa a testa. Non volevano che io capissi qualcosa. Come se avessero in mente qualcosa contro di me. Mi sono fatta da sola lo sgambetto, così mi sentivo esclusa sul pavimento del palcoscenico. Quando stavo lì distesa gli altri tutti insieme sono venuti da me. Per deridermi. E hanno mostrato contemporaneamente il loro indice verso di me. In quel momento mi sentivo impotente, sola, abbandonata, molto triste e offesa da loro.
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