Odiavo me stesso.
Perché vivevo dall’altra parte dei cancelli, mentre le persone di cui dovevo occuparmi soffrivano, che se lo meritassero o no. Perché sapevo che i bambini morivano di fame mentre i Reali mangiavano a sazietà. Per non aver mai riferito queste cose al Re, che gliene importasse o meno.
Per aver guardato una femmina omega, desiderando che potesse essere mia.
Rimasi immobile quando la vidi in lontananza, sbattendo le palpebre due volte per assicurarmi che fosse davvero lei. Non era sporca come la prima volta che l’avevo vista al castello. E sebbene il suo vestito ora fosse modesto, non era logoro e strappato come prima. Portava i capelli scuri intrecciati dietro la testa, ma non erano più incrostati di fango.
Tavia era diversa ora che sua sorella era la Regina, ma le piaceva ancora fingere di essere una di quei disperati. Mi aveva fatto odiare ancora di più me stesso, e non ne era nemmeno consapevole. Se avessi avuto qualcosa da dire al riguardo, avrei taciuto.
Allontanando gli occhi da lei, mi concentrai sull’orizzonte.
Gli omega erano diventati il mio popolo senza volerlo. Ero io stesso la Divisione , metà devoto a loro e metà al mio Re. La barriera tra loro e la città. Era stato il mio segreto più oscuro e meglio custodito, e sarebbe rimasto tale fino al giorno in cui fossi morto.
Chi cazzo ero io, adesso? Qual era il mio posto in quel nuovo branco unificato per il quale Re Adalai lottava?
Nessuno dei sentimenti che gli omega suscitavano in me contava più della mia posizione. Il posto che mi spettava.
Ora dovevo riguadagnarmelo.
Sarei partito all’alba. Avrei trovato tutti gli omega spariti sotto la mia supervisione e li avrei riportati a casa. E, già che c’ero, avrei ritrovato me stesso. Non sarei mai più stato combattuto tra l’onore e il dovere.
Mai più.
Due
«Parto per una missione di salvataggio» annunciai. Quelle parole rimasero sospese tra me e mia sorella come una ragnatela, e nessuna delle due allungò una mano per strapparla via.
Diventare la prima Regina omega in una generazione non si avvicinava nemmeno lontanamente alla cosa più spericolata che mia sorella Zelene avesse mai fatto. Tenere il suo culo fuori dai guai, per me, era stato un lavoro part-time, e non avevo mai osato confessarle che era quello il motivo per cui ero stata licenziata dal mio lavoro al castello. Dal primo, in ogni caso. A quel tempo, mi era sembrata la fine del mondo. Avevo pensato che fosse un segreto che mi sarei portata nella tomba. Se non ero stata abbastanza brava per lavorare al servizio dei Reali di Luxoria, avevo temuto che nessun altro mi avrebbe assunta. E non avevo potuto mettere a rischio anche il suo, di lavoro, perché saremmo morte di fame.
Ma, a volte, la scintilla che mia sorella aveva negli occhi ogni volta che combinava dei guai era l’unica luce nelle Badlands.
E in quel momento eravamo lì, nella suite privata del castello reale di Luxoria. No, non ci eravamo intrufolate in quella stanza lussuosa. Ci vivevamo. Beh, Zelene ci viveva, ora che si era accoppiata con Re Adalai.
Mia sorella era una Regina, una vera Regina. Mi ci sarebbe voluto un bel po’ di tempo per farmelo entrare in testa.
Ecco perché, nonostante le proteste di Zelene, ogni sera tornavo a casa nelle Badlands, dove gli omega erano stati condannati a una vita di stenti, così che il precedente sovrano, il padre di Adalai, potesse consumare la sua vendetta. Come suo figlio, anche lui si era innamorato di un’omega, ma ciò non gli aveva impedito di farci finire in una tale miseria.
Per quel motivo non mi sarei mai fidata di Adalai o di nessun altro della sua corte. Assetati di sangue e spietati, ero convinta che avrebbero fatto di tutto per tutelare i propri interessi. Dopo venticinque anni nelle Badlands, avevo capito cosa fosse l’istinto di sopravvivenza più di quanto avrei mai voluto. La differenza tra gli Alfa e me? Io non avrei mai messo qualcun altro in pericolo pur di salvarmi.
Però ora stavo per essere imprudente per il bene superiore. Fissai mia sorella, sfidando la sua espressione scioccata. Era il mio turno di essere temeraria.
«In quanto tua Regina, posso proibirti di andare. Ti posso ordinare di rimanere nel castello.» Zelene si strinse un cuscino di velluto al petto. La sua gamba rotta la costringeva a rimanere in quella stanza. Aveva le stampelle, ma odiava mostrarsi debole. Tutte le persone che abitavano in città, e quelle fuori dai suoi confini, osservavano con attenzione la Regina omega. Il suo posto preferito era vicino alla finestra, dove poteva guardare il giardino. Oltre a esso, in lontananza, potevamo scorgere le Badlands. Qualcuno avrebbe potuto dire che si stava nascondendo, ma lei era la prima linea di difesa da un altro attacco.
«Mi proibiresti di tornare nelle Badlands? Ti sei dimenticata molto in fretta da dove vieni» la derisi. Zelene mi aveva giurato che non lo avrebbe mai fatto.
«Se avessi intenzione di restare lì, forse ti lascerei fare. Ma oltrepassarle? Andare dove vivono gli umani?» Scosse la testa. «Non è sicuro. Non lo è mai stato, ma soprattutto non adesso. I mutanti ti daranno la caccia, perché per gli umani sarebbe fantastico catturare la sorella della Regina.» Rabbrividì, e lo stesso brivido percorse la mia schiena. «Quindi sì, posso ordinarti di restare qui. E se tu ti rifiutassi...»
Non aveva niente.
«Quale punizione credi di inventarti che sia peggiore di quello che abbiamo già passato?» Guardai verso la porta, per assicurarmi che il Re non ci avesse fatto una visita a sorpresa. Lo faceva spesso, molto spesso. Probabilmente intrufolarsi nella stanza della sua nuova sposa avrebbe dovuto essere romantico, ma io non ne sapevo molto di quelle robe da piccioncini. A me sembrava che ci stesse controllando.
«Se vieni scoperta, nessuno sa cosa ti succederà.» Zelene rabbrividì, forse per la testa le passavano la miriade di cose che mi sarebbero potute capitare. Stavano sicuramente passando per la mia, di testa. «Gli umani trattano già gli omega come topi da laboratorio. Se riescono a metterti le mani addosso...»
«Non credo che Dagger tornerà indietro con gli omega ancora in vita. Farà un accordo con gli umani per ottenere ciò che vuole, non ciò che è meglio per le Badlands. Non ci ha mai trattato come avrebbe dovuto. Ecco perché vado con lui.»
Fino a quando Adalai non lo aveva privato del suo titolo, esentandolo dai suoi doveri, Dagger era stato incaricato di sorvegliare le Badlands. Ma non ci aveva mai tenuti al sicuro. Per cinque anni si era assicurato che le nostre vite fossero un inferno in terra. Dopo ciò che era successo, aveva promesso che avrebbe voltato pagina e fatto la cosa giusta. Ci avrei creduto quando lo avessi visto. Quando tutti gli omega mancanti fossero stati al sicuro.
«No che non ci vai.»
«Me lo proibite, Vostra Maestà?» chiesi con tono di sfida.
«Devi fidarti di Dagger» rispose Zelene, e non avevo idea di come riuscisse a mantenere una faccia seria pronunciando quella frase. Quell’uomo era nostro nemico tanto quanto gli umani che catturavano gli omega e li trasformavano in lupi mutanti.
Non avrei lasciato che il peso della corona cambiasse mia sorella. Avrei fatto tutto il necessario per mantenerla fedele alle sue origini.
«Tu non credi che Dagger mi terrà al sicuro.»
Strinse le labbra e, per la prima volta da quando la corona era stata posta in cima alla sua testa, sembrò vulnerabile. Non debole. Nessun omega era debole. Soprattutto non la nostra Regina. Ma ogni tanto i nostri muri crollavano. Era impossibile tenerli sempre in piedi.
«No, non mi fido di lui» mi rispose. «Penso che farà tutto ciò che Adalai gli chiede per riavere il suo titolo, ma la cosa finisce lì. Ti vedrà come un problema, Tavia. E, ancora di più, come una rappresentazione di tutti i suoi fallimenti. Dagger non è riuscito a imporre la sua volontà sulle Badlands, soprattutto non su di noi. Per quanto ci abbia provato, non è riuscito a sottometterci. Si aspetterà che tu combatta da sola.»
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