Pamela Fagan Hutchins - Tornanti

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«Veramente?» chiese Perry.

«È un po’ rozzo», commentò Trish.

«Hanno una vista eccezionale e sono...»

«I secondi animali terrestri più veloci del mondo», ripeterono insieme i ragazzi.

«Lo sappiamo, papà», disse Trish.

Patrick sorrise e si perse con lo sguardo nel branco e oltre. I colori delle praterie all’inizio dell’autunno sembravano monotoni a certe persone, ma lui ci vedeva un’intera palette di marroni, grigi e neri. Il ciclo di vita della prateria non smetteva mai di stupirlo. Mentre contemplava la natura, il pick-up finì sul ciglio della strada.

«Paaa-pà.» La voce di Trish lo avvisò, scandendo bene le sillabe. «Guarda dove vai. Cioè, non voglio mica morire adesso.»

«Ops.» Patrick corresse la direzione.

Alla radio misero “Bad, Bad Leroy Brown”. Jim Croce era il cantautore preferito di Patrick. Lui e Perry gridarono le parole sopra la musica. Il piede di Trish iniziò a battere. All’ultimo ritornello si muovevano anche le sue labbra.

«Un’aquila testa bianca», urlò Perry all’orecchio del padre, indicando i fili della corrente.

Uno di quei maestosi uccelli vi era appollaiato sopra, con la testa che ruotava alla ricerca di una preda. «Buon occhio, ragazzo.» Patrick lanciò un’occhiata a Trish. «Chi vuole fermarsi a Sheridan dal McDonald’s?» chiese.

Trish tirò il suo libro sul fondo dell’auto, presa dall’entusiasmo. «L’ultima vera roba da mangiare per giorni, ma scherzi? Le Patty grasse, sì!»

Patrick lasciò l’interstatale e parcheggiò il pick-up e il trailer in una strada laterale, sentendosi appena appena colpevole per aver comprato l’affetto dei figli con il fast food. Quando Trish e Perry erano piccoli, lui e Susanne non potevano dire “patatine fritte” in auto senza che ci fosse una rissa. Avevano pertanto iniziato a parlare delle potenziali fermate al McDonald’s in codice, chiamando le patatine fritte “Patty grasse”. Pensavano di essere astuti, ma Trish, che aveva quattro anni, aveva capito tutto fin dalla prima volta e lo aveva detto al fratellino. E le patatine fritte erano diventate da quel momento in poi le Patty grasse, nella loro tradizione familiare.

Mentre parcheggiavano e scendevano, si udì un forte colpo provenire dal trailer.

Trish commentò: «Eccola di nuovo.»

Era Cindy, il cavallo di Susanne. Aveva la brutta abitudine di prendere a calci l’interno del trailer. Poteva continuare a farlo per ore. Lo dimostravano le fiancate del loro rimorchio, che portavano ammaccature a forma di zoccolo. Patrick sperava che non finisse prima o poi incastrata con le sue piccole zampe. Anche se ciò avrebbe potuto farle perdere l’abitudine di tirare calci.

Entrarono uno dietro l’altro nel ristorante. Il suo amico Henry Sibley stava svuotando il proprio vassoio nella spazzatura.

Patrick si avvicinò allo smilzo allevatore da dietro e gli diede una pacca sulla spalla. Dalla sua camicia uscì uno sbuffo di polvere. «Ehi, fratello.»

Henry si girò di scatto, poi sorrise. «Doc. Bambini. Che ci fate voi qui?»

«Caccia al cervo», disse Perry, con voce eccitata.

«Oh, cavolo, che fortunati! Magari potessi andare a caccia questo fine settimana.»

«Che cos’hai in ballo?» chiese Patrick.

«La consegna del fieno.»

«Peccato. Allora, tu e Vangie siete invitati a venire a mangiare le bistecche di cervo, uno di questi giorni. Sto usando il mio nuovo arco compound.»

«Quale hai preso?»

«Un Darton.»

«Bello. Che modello?»

«Trailmaster 45 K.»

«Fammi sapere come si comporta sul campo.» Henry corrugò la fronte. «Ehi, posso parlarti un secondo?»

Patrick tirò fuori dal portafogli un biglietto da venti dollari e lo porse a Trish. «Prendimi un Big Mac, patatine fritte e una Coca.»

«Sì, papà.» Lei e Perry fecero a gara per arrivare per primi alla fila, lanciando qualche sgomitata mentre cercavano di prendere posizione. Per fortuna che sua figlia si preoccupava di cosa pensassero gli altri del loro comportamento.

Non appena i figli furono fuori portata d’orecchio, Patrick chiese: «Che succede?»

«Stavo giusto parlando con Harry Bethel.»

Patrick dovette pensare un attimo per ricordarsi chi fosse Bethel. «È un agente della contea di Sheridan, no?»

«Già. Mi ha detto che, la scorsa notte, un prigioniero ha ucciso un suo collega ed è sfuggito alla custodia durante il trasporto dalla contea al penitenziario statale. Billy Kemecke, quello che ha ucciso quel Gill Hendrickson del Dipartimento della caccia e della pesca.»

«Eh, sì. Ero di turno. Hanno portato l’agente al pronto soccorso. Un giovane di nome Robert Hayes. Quando è arrivato era ormai morto. Non abbiamo potuto fare niente. Lascia una moglie e un bambino. Davvero triste.»

«Come ha fatto Kemecke a ucciderlo?»

«L’ha strangolato con un filo, poi gli ha spezzato il collo per star sul sicuro.»

«Brutta cosa. Veramente brutta.» Henry si passò una mano dalla fronte al mento, lasciandosi dietro un’espressione affaticata. «Hai sentito qualcos’altro quando l’hanno portato?»

«Hanno detto che è successo sul versante ovest delle montagne, vicino a Ten Sleep, mentre lo stavano portando al penitenziario statale. Ma questo è tutto quello che so.»

«Non ti conviene imbatterti in Kemecke. Non un bel tipo.»

Patrick annuì.

«Dove avevi intenzione di andare a cacciare?»

“Walker Prairie.» Patrick non ci aveva pensato, ma Walker Prairie era dalla parte opposta dell’area wilderness di Cloud Peak, rispetto a Ten Sleep. Una ragione in più per andarci.

Henry lo confermò: «Bene». Poi diede a Patrick le indicazioni per il suo posto preferito dove accamparsi, vicino a quelle che considerava le migliori aree di caccia. Era cresciuto andando a caccia nella zona, quindi sapeva quello che diceva.

Perry arrivò trotterellando, facendo dondolare un sacchetto di carta di McDonald’s e sorridendo. «Papà, abbiamo la tua ordinazione.»

Patrick strofinò i capelli ispidi del ragazzo. Suo figlio non aveva ancora avuto lo scatto di crescita adolescenziale. Era praticamente un piccoletto con una voce acuta e rotolini di grasso sui fianchi. Era stato così anche lui da bambino? Gli sembrava di ricordare di essere cresciuto tardi. Ma poi aveva raggiunto un’altezza normale e anche Perry lo avrebbe fatto, così sperava. Ma, cavolo, il ragazzo aveva un gran cuore. Il sorriso del figlio spazzò via un po’ della sua persistente inquietudine per la dura notte passata e per il litigio con Susanne.

Non poté fare a meno di ricambiargli il sorriso. «Arrivo, figliolo.» Poi si accorse che Trish non era con lui. «Dov’è tua sorella?»

«Al telefono pubblico.» Perry gli lanciò uno sguardo d’intesa ruotando gli occhi al cielo e sospirando.

«Uhm.» Con chi diavolo aveva già bisogno di parlare? Aveva terminato la sua ultima telefonata solo un’ora prima. Oh, beh. Doveva solo accettare il fatto che, quando si trattava di ragazze adolescenti, ci fosse la possibilità di non capirle mai fino in fondo.

Henry lo salutò con un cenno del capo. «Guardati le spalle.»

Patrick lo ricambiò con un saluto a due dita all’altezza della fronte. «Sempre.»

CINQUE

BUFFALO, WYOMING

18 settembre 1976, mezzogiorno e mezza

Susanne

Attraverso le vetrine del locale, Susanne poteva vedere la gente che affollava la caffetteria Busy Bee, tra cui alcuni turisti di fine stagione. Il posto era un’istituzione locale. Stretto tra il torrente Clear Creek e l’hotel Occidental, condivideva parte del fascino del vecchio West di quest’ultimo. Rivestimenti in legno. Una vecchia stufa a legna nell’area dei tavoli. Un bancone decorato e un barman vestito da cowboy. I turisti erano facilmente identificabili per le loro ingombranti macchine fotografiche e i loro modi rilassati. Il Labor Day segnava la fine della stagione estiva, ma l’area attirava comunque qualche visitatore di inizio autunno, per ammirare le foglie autunnali e godersi le fresche giornate in relativa solitudine. Anche i cacciatori cominciavano ad apparire, con tute mimetiche esagerate e bisognosi di un bel bagno, ma non ne vide nessuno nel ristorante.

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