Pamela Fagan Hutchins - Tornanti

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Superarono un cartello che segnava l’inizio del centro abitato di Big Horn. Trish non l’aveva mai sentito. Dato che lo attraversarono in meno di un minuto, capì perché. Era persino più piccolo di Buffalo. Era convinta che ci fossero meno abitanti in tutto lo stato del Wyoming che a Irving, la città dell’area metropolitana di Dallas-Fort Worth dove avevano vissuto prima di trasferirsi nel vero stato dei cowboy.

Lentamente lo scenario l’attirò e, senza accorgersene, lasciò la radio su una stazione di musica gospel. Cervi, antilopi e tacchini selvatici vagavano ovunque. La strada li portò vicino a un torrente serpeggiante, le cui sponde erano fitte di pioppi, quelli tremuli e i populus trichocarpa , gli alberi che facevano il “cotone”. Abbassò il finestrino e annusò forte. Qualche sentore del dolce profumo degli ulivi di Boemia aleggiava ancora nell’aria. L’ultimo resto dell’estate. In lontananza, le montagne si ergevano ripide, i loro fianchi ricoperti di alti pini, fatta eccezione per le enormi formazioni rocciose dai differenti colori. Rosa, rosso, nero, bianco, grigio. Il vento le sferzava i capelli. Era ancora caldo, ma sentì che si stava raffreddando, preannunciando l’autunno. Presto sarebbe arrivata la neve. Sua madre diceva sempre che Trish era proprio come suo padre. Lei non vedeva come. Suo padre era un duro e voleva tutto a modo suo. Ma, effettivamente, amava le montagne come lei. E i cavalli. Trish amava davvero tanto i cavalli.

«Bello, vero?» disse suo padre.

La figlia continuò a guardare fuori dal finestrino. «Mm-mm.»

Le venne in mente una cosa. Sua madre le aveva chiesto di dirgli di chiamare il medico legale. Glielo avrebbe detto più tardi. Non aveva ancora finito di punirlo per averla portata in quella stupida gita di caccia. Doveva credere che stesse soffrendo. Ma non smise di ammirare il panorama, e quando sbirciò suo padre, vide che le stava sorridendo, per niente ingannato.

Le gomme saltarono dall’asfalto a una strada sterrata in salita. La carrozzeria vibrò, il motore gemette e il rumore nell’abitacolo si fece più forte.

«Hai mai fatto questa strada?» chiese Trish. «È sicura, almeno?»

Le labbra di suo padre iniziarono a muoversi senza che uscisse alcun suono. Quello le diede la risposta: no.

Il pick-up raggiunse la cima di una collina, quando una gomma urtò contro una roccia. Ci fu un botto, poi l’intero veicolo sbandò a destra, che per fortuna era il lato in salita. Iniziarono a sentire un brutto rumore: buh-bud-uh buh-bud-uh buh-bud-uh .

Patrick guardò lo specchietto laterale e accostò in un punto pianeggiante. «Merda.» Poi: «Non dire a tua madre che l’ho detto.»

«Che sta succedendo?» chiese Trish.

«Una gomma del trailer a terra. Penso che i cavalli siano un po’ pesanti per questa strada accidentata.» Parcheggiò il pick-up e spense il motore. «Va bene, ragazzi. Adesso cominciamo a divertirci.»

Perry si avvicinò trepidante dal sedile posteriore. «Cosa facciamo?»

Trish incrociò le braccia.

«Ho sentito dire che questa strada diventa piuttosto ripida ed è tutta accidentata. Voglio che montiate in sella ai vostri cavalli e saliate in cima, conducendo a mano gli altri due. Questo alleggerirà il veicolo e le gomme. Ne ho solo una di scorta.»

«Quindi non è sicura. Stai parlando sul serio?» chiese Trish. Sua madre non sarebbe stata contenta quando glielo avrebbero detto.

«Più serio di così si muore.»

«Che bello!» disse Perry. Stava già scendendo dal pick-up.

Trish lo seguì, scuotendo la testa. Un’altra storia da aggiungere alla lista delle scorciatoie di suo padre. Quando ebbero tirato fuori i cavalli dal trailer, la ragazza chiese: «Quanto manca alla cima?»

«Non è lontano. Poche miglia.»

Beh, non era la fine del mondo.

Sellò Goldie. Patrick aiutò Perry con Duke, il suo cavallo pezzato. Duke era alto e aveva la brutta abitudine di gonfiare la pancia. Inspirava fino a gonfiarla ogni volta che qualcuno andava da lui con una sella, il che rendeva difficile stringere bene la cinghia. Trish era già montata e teneva Reno, il gigantesco cavallo nero di suo padre, un incrocio percheron, e Cindy, una saura bassa e tarchiata. Oltre a essere un piccoletto, suo fratello saltava da una cosa all’altra come una palla di gomma e gli ci voleva un’eternità per terminarne una. Alla fine, anche lui era in sella.

Patrick disse: «Devo solo cambiare la gomma. Voi ragazzi, andate avanti.»

«Ok», rispose Trish.

Perry prese la lunghina di Cindy e schioccò la lingua a Duke per farlo partire. Trish diede un colpetto al collo di Goldie, poi si spostò in avanti, stringendo leggermente le gambe attorno al corpo del suo cavallo. Tutti e sei, Trish, Perry e i quattro cavalli, partirono a passo lento. Meno di venti minuti dopo, il padre li raggiunse e li salutò con il braccio avanzando su per la montagna, più veloce dei cavalli, ma sempre lentamente. Scomparve dietro una curva a esse e lei e Perry rimasero soli.

Trish si godeva il panorama. Ogni volta che c’era un’interruzione tra gli alberi sul lato a valle, poteva vedere in lontananza, oltre le colline, le isolate formazioni rocciose disseminate qua e là, del colore rosso mattone. Per qualche minuto Perry non disse una parola. Oltre al rumore degli zoccoli, si sentivano solo il canto degli uccellini e i versi delle aquile. Ma non durò.

Perry fece avanzare Duke e Cindy al trotto per mettersi a fianco di sua sorella. «Chi hai chiamato al McDonald’s?»

«Piantala.»

«Era un ragazzo?»

Trish non rispose.

«Era Brandon Lewis?»

«Cosa?» Trish si girò di scatto verso di lui. «Non sono cavoli tuoi.»

«Lui ti piace.»

«Sei una peste.» La ragazzina aumentò la pressione delle gambe su Goldie. La cavalla rispose con un lento trotto. Reno fece resistenza e la lunghina si tese. Trish scosse la testa. Reno era una bestia testarda. Goldie insistette e Reno si arrese, anche se la corda era sempre tesa.

Perry gridò: «Aspettami.»

Dietro di loro si avvicinava un rombo di motori. Trish spostò i suoi due cavalli sul lato destro della strada, contro la parete della montagna. Non si voltò a guardare, sapendo che avrebbe creato una reazione a catena con Goldie e Reno, che sarebbero tornati in mezzo alla strada.

«Spostati, Perry.»

Se le rispose, non poté udirlo. Qualche manciata di secondi dopo, due motociclisti la affiancarono. Erano in sella a grandi moto nere con cromature argentate. Le selle avevano una forma a banana che li faceva piegare all’indietro. I due uomini indossavano jeans con copripantaloni di pelle, giubbotti di pelle e bandane sulla fronte. Entrambi portavano barba e baffi lunghi e fini. Uno aveva la coda di cavallo. L’altro aveva un bizzarro taglio a spazzola come quello di Perry. Il tipo con la coda di cavallo, che era a torso nudo sotto la giacca, le fece un verso di apprezzamento quando la vide. Trish cercò di non vedere i peli sotto le sue ascelle. Che schifo . L’uomo frenò davanti a lei e girò la modo di traverso, bloccandole la strada. L’altro fece lo stesso.

I cavalli si fermarono di colpo.

«Ehi, piccola bellezza. Chi è questo che hai con te?» L’uomo con la coda indicò Perry con il pollice.

Scioccata, Trish guardò dritto davanti a sé e guidò Goldie per aggirare le moto. Il suo accento non era del posto. Il che aveva senso, perché nessuno del Wyoming si sarebbe comportato in quel modo. Ma non riusciva a capire da dove venisse. Non era texano. Non era del Nord. Non era del Sud. Né della costa orientale, come Boston o New York.

«Non fare la presuntuosa solo perché sei carina.»

La voce di Perry, quando parlò, era così stridula che sembrava uno dei Chipmunks. «Lascia in pace mia sorella.»

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