Charles Dickens - Cantico di Natale (Illustrato)

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Cantico di Natale (Illustrato): краткое содержание, описание и аннотация

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Il «Canto di Natale» («A Christmas Carol: A Goblin Story of Some Bells that Rang an Old Year Out and a New Year In»), noto anche come «Cantico di Natale», «Ballata di Natale» o «Racconto di Natale», è un romanzo breve di genere fantastico del 1843 di Charles Dickens (1812-1870), di cui è una delle opere più famose e popolari. È il più importante della serie dei «Libri di Natale» («The Christmas Books»), una serie di storie che include anche «Le campane» («The Chimes», 1845), «Il grillo del focolare» («The Cricket on the Hearth», 1845), «La battaglia della vita» («The Battle for Life», 1846) e «Il patto col fantasma» («The Haunted Man», 1848).
Il romanzo è uno degli esempi di critica di Dickens della società ed è anche una delle più famose e commoventi storie sul Natale nel mondo. Narra della conversione dell'arido e tirchio Ebenezer Scrooge visitato nella notte di Natale da tre spiriti (il Natale del passato, del presente e del futuro), preceduti da un'ammonizione dello spettro del defunto amico e collega Jacob Marley. Il «Canto» unisce al gusto del racconto gotico l'impegno nella lotta alla povertà e allo sfruttamento minorile, attaccando l'analfabetismo: problemi esasperati apparentemente proprio dalla «Poor Law» («Legge contro la povertà»), comodo tappabuchi tanto inefficace quanto dannoso ideato dalle classi abbienti.

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Soleva Scrooge, quante volte prendesse a meditare, cacciarsi le mani nelle tasche delle brache. Così fece adesso, ruminando le cose dette dallo Spettro; ma non alzò gli occhi e stette sempre ginocchioni.

- Bisogna dire che siete andato un po’ lento, Giacobbe mio - notò Scrooge, da uomo d’affari, ma con deferente umiltà.

- Lento! - ripeté lo Spettro.

- Morto da sette anni e sempre in viaggio?

- Sempre. Né riposo, né pace: Tortura assidua del rimorso.

- Viaggiate presto?

- Sulle ali del vento.

- Ne avrete visto dei paesi in sette anni! - mormorò Scrooge.

Udendo queste parole, lo Spettro mise un altro strido e così terribilmente fece suonar la catena nel silenzio della notte, che la guardia avrebbe avuto ragione di multarlo come disturbatore notturno.

- Oh! schiavo, incatenato, oppresso di ceppi! - urlò - a non sapere che secoli e secoli di assiduo lavoro compiuto da creature immortali a pro di questa terra passeranno nell’eternità prima che tutto sia sviluppato il bene ond’essa è capace; a non sapere che ogni spirito cristiano, pur lavorando nella piccola sfera assegnatagli, qualunque essa sia, troverà troppo breve la vita mortale ad esercitare tutti i mezzi innumerevoli del rendersi utile; a non sapere che non c’è durata di rammarico la quale ci assolva dalle occasioni perdute nella vita! E questo io ho fatto! e tale ero io!

- Ma voi, Giacobbe, foste sempre un eccellente uomo d’affari, - mormorò Scrooge, che incominciava a fare un’applicazione personale di tutto questo.

- Affari! - esclamò lo Spettro, tornando a torcersi le mani. - I miei simili erano i miei affari. Il benessere comune, la carità, la misericordia, la sopportazione, la benevolenza, questi erano i miei affari. Nell’oceano immenso dei miei affari le operazioni del mio commercio non erano che una gocciola d’acqua! -

Sollevò la catena per quanto il braccio era lungo, come se in quella fosse la causa della sterile angoscia, e tornò a sbatterla in terra con fracasso.

- In questa stagione dell’anno cadente - proseguì lo Spettro - io soffro di più. Perché mai, in mezzo alla folla dei miei simili, passavo io con gli occhi abbassati alla terra, perché una volta non gli alzai verso quella stella benedetta che guidò un giorno i sapienti ad un povero abituro? Non potevo io forse, io, esser guidato da quella luce ad altri poveri abituri? -

Scrooge, più che mai atterrito alle parole incalzanti dello Spettro, incominciò a tremare come una canna.

- Ascoltami! - comandò lo Spettro. - L’ora mia è vicina.

- Ascolto - rispose Scrooge. - Ma non calcate la mano, ve ne prego! non mi schiacciate di eloquenza, Giacobbe!

- Come io mi ti mostri in forma visibile, non so. Molti e molti giorni di fila ti sono stato ai fianchi invisibile. -

L’idea non era piacevole. Scrooge rabbrividì e si asciugò il sudore dalla fronte.

- Né questa è piccola parte del mio supplizio, - proseguì lo spettro. - Son qui stasera per avvertirti che ancora una via t’avanza e una speranza di sfuggire al mio fato. E sono io, Ezeneber, io che ti offro cotesta speranza e cotesta via.

- Voi siete sempre stato per me un buon amico, - disse Scrooge. - Grazie!

- Avrai la visita - soggiunse lo spettro - di tre Spiriti. -

La faccia di Scrooge si fece bianca quasi come quella dello Spettro.

- Ed è questa la via, è questa la speranza che mi offrite, Giacobbe? - interrogò con un filo di voce.

- Questa è.

- Io... io davvero ne farei di meno, - disse Scrooge.

- Senza la visita loro, - ammonì lo Spettro, - tu non eviterai il sentiero che io batto. Aspettati il primo per domani, quando la campana avrà battuto un’ora.

- Non potrei - insinuò Scrooge - non potrei pigliarli tutti e tre in una volta e farla finita?

- Aspetterai il secondo la notte appresso alla stessa ora. Il terzo, la terza notte, all’ultima vibrazione della dodicesima ora. Me, non mi vedrai più; ma ricordati, per amor tuo, ricordati di quanto è accaduto tra noi! -

Ciò detto, lo spettro tolse il fazzoletto dalla tavola e se lo avvolse come prima, intorno al capo. Scrooge se n’accorse dallo scricchiolio dei denti quando le mascelle si urtarono, strette dalla benda. Alzò gli occhi dubbiosi e si ritrovò ritto davanti il suo visitatore soprannaturale, con la catena avvolta al braccio.

L’apparizione si scostò rinculando; ad ogni suo passo, la finestra si apriva un poco, sicché, quando lo Spettro vi giunse, era spalancata. Lo Spettro fece un cenno, Scrooge si accostò. Quando furono due passi distanti, lo Spettro alzò la mano perché si fermasse. Scrooge si fermò.

Più dell’obbedienza potevano in lui la stupefazione ed il terrore; perché, all’alzarsi di quella mano, egli udì dei rumori confusi nell’aria; suoni incoerenti di dolore e di disperazione; sospiri e guai di profonda angoscia e di rimorso. Lo Spettro, stato un po’ in ascolto, si unì al funebre coro e si dileguò nella oscurità della notte.

Scrooge, nell’agonia della curiosità, corse alla finestra e guardò di fuori.

L’aria era piena di fantasmi, che erravano di qua e di là senza posa, traendo guai. Ciascuno, come lo spettro di Marley, trascinava una catena; ce n’erano di quelli incatenati insieme, ed erano forse membri di governi malvagi; nessuno era libero. Molti, da vivi, erano stati conoscenze personali di Scrooge. Era stato intrinseco con un vecchio spettro in panciotto bianco, con un enorme scrigno ferrato attaccato alla caviglia, il quale disperatamente piangeva per non poter soccorrere una povera donna con in collo un bambino, ch’ei vedeva giù, sulla soglia d’una porta. Il supplizio di tutti loro era questo, senz’altro, di voler entrare nelle faccende umane per fare un po’ di bene e di averne per sempre perduto il potere.

Se coteste creature si fossero risolute in nebbia o se la nebbia le avesse - фото 2

Se coteste creature si fossero risolute in nebbia o se la nebbia le avesse avvolte, Scrooge non potea dire. In un sol punto, sparvero gli spettri e tacquero le voci. Tornò la notte profonda.

Scrooge chiuse la finestra ed esaminò la porta di dove lo Spettro era entrato. Era chiusa a doppia mandata, com’egli stesso con le proprie mani avea fatto. I chiavistelli erano al posto. Gli corse alla bocca: "Sciocchezze!" ma alla prima sillaba si fermò in tronco. Si sentiva stracco, sia dalle fatiche del giorno o dall’ora tarda, sia piuttosto dalla commozione sofferta, dal balenio del mondo invisibile, dalle tristi parole dello Spettro. Tutto vestito com’era se n’andò a letto e si addormentò all’istante.

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