Франческо Доменико Гверрацци - Итальянский с любовью. Осада Флоренции / L'assedio di Firenze

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Итальянский с любовью. Осада Флоренции / L'assedio di Firenze: краткое содержание, описание и аннотация

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В книгу вошел сокращенный и незначительно упрощенный текст романа классика итальянской литературы Ф. Д. Гверрацци «Осада Флоренции». Увлекательный сюжет, описание значимых исторических событий и романтическая составляющая – все это делает роман превосходным материалом при изучении итальянского языка.
Текст произведения сопровождается постраничными комментариями, а также небольшим словарем, облегчающим чтение.
Книга может быть рекомендована всем, кто продолжает изучать итальянский язык (Уровень 4 – для продолжающих верхней ступени).

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“Traditore?” – esclama Maria dimostrando col gesto altissimo sdegno, – “dov’ì il traditore?”

“Non te l’ho detto? Qui”.

“Io non conosco traditori....”

“Donna, che, piena dentro di putredine, tu ti mostrassi di fuori parete scialbata, bene sta: ella è questa la vostra parte, femmine! ma che in breve spazio tu abbi perduto il rimorso e il pudore, ciò, per Dio, mi spaventa. Qual è il verme velenoso che così subito guastò il bell’albero della tua vita? Or dove ti nascondi codardo dal fiato velenoso? Esci fuori…” Nessuno risponde. Dopo lungo silenzio Ludovico continua:

“O patria mia! uomini che non ardiscono mostrare la fronte t’insidiano nell’ombra; quando la notte ì più buia essi aguzzano il pugnale e ti aspettano al varco, come il ladrone sulla pubblica via!”

E di nuovo si tacque, poi con gran voce riprese:

“Esci, codardo, esci”.

Così favellando si aggirava per la stanza, quando all’improvviso levando la faccia vide un cavaliere di truce sembianza appoggiato su l’elsa della spada in atto di quiete minacciosa: lui allora, gli si avventando addosso, interrogò:

“Tu sei un traditore!…”

“Io sono Giovanni Bandini, e sgombrami il passo”.

“Tu di qui non uscirai, se non che morto”.

“Figlio di madre infelice tu sei, se più oltre ti ostini a impedirmi il cammino; ritirati, tu ne hai tempo ancora; io non voglio vederti; sappi che di rado ho replicati i miei colpi; vattene… e vivi”.

“Anzi io rimango, e muori; domani il carnefice ti scriverà l’epitafio su la cima della forca. Bandino, domani manderò la sfida e chiederò il campo a messere lo principe… badate di non ricusarla....”

“Tale e così insopportabile obbligo ho teco per avere salvata la mia vita, che in nessun altra maniera potrei sdebitamene, se non che togliendoti la tua. Il mio odio diventò, pel tuo benefizio, immortale. Apparecchiati a morire.... Addio”.

Capitolo Ventesimosecondo

Il duello

Pagolo Spinelli, soldato vecchio di moltissima esperienza, padrino di Ludovico, con certo suo piglio soldatesco, presentatosi davanti al principe di Orange, il quale, tostochì vide entrare nella sua tenda cotesta nobile comitiva, si era alzato insieme co’ suoi baroni per complirla, proferì pacato le seguenti parole:

“Signor principe, sono qui il mio principale, messere Ludovico Martelli e il principale del capitano Giovanni di Vinci mio collega, messere Dante da Castiglione, i quali si apprestano al vostro cospetto con loro cavalli ed armi, in abito da gentiluomini, per entrare in campo chiuso e combattere messere Giovanni Bandino e messer Roberto Aldobrandi, che qui vedo presenti, loro avversari, col nome di Dio, di Nostra Donna e di San Giorgio il prode cavaliere, secondo il tempo e il luogo da voi medesimo assegnati con vostra patente del dì primo marzo 1529. Loro stanno allestiti a fare il debito loro e vi ricercano che vogliate dar loro parte del campo e sicuranza, dove confidano vincere con lo aiuto di Dio e col favore dei santi. E poichì hanno i miei principali concesso agli avversarii la scelta dell’arme, si protestano di questa capitolazione, la quale, dopo che sarà da me letta, depositerò nelle mani vostre per rimanervi come giudice ad ogni buon fine di ragione”.

Don Ferrante Gonzaga allora si trasse innanzi col conte Pier Maria Rossi di San Secondo, ambedue patrini del Bandini e dell’Aldobrandi, e favellando il primo tal dava risposta alle dichiarazioni del capitano Pagolo Spinelli:

“Signor principe, qui stanno i nostri principali messer Giovanni Bandini e messere Ruberto Aldobrandi, pronti a scendere in campo chiuso e sostenere con lo aiuto di Dio, di Nostra Donna e di san Giorgio, a tutta oltranza, finchì morte ne segua, la querela avuta dagli attori falsa e mendace; protestano accettare tutte e singole le cose contenute nella capitolazione avversaria; protestano voler combattere in camicia, con istocco, manopola scempia di ferro, cioì fino al polso, senza difesa in testa. Più presto fia, e meglio loro aggrada”.

…Già il sole declinando oltre il meriggio segnava l’ombra delle cose da ponente a levante quando Pagolo Spinello, recatosi in compagnia di Giovanni da Vinci alla tenda del principe, disse: “È l’ora”.

Ritiratosi l’araldo, e fattosi un solenne silenzio, si udiva lo squillo delle trombe; cessato che fu, comparvero fuori dai padiglioni i padrini seguiti dai loro principali, che a passi lenti e con sembianza severa s’incamminarono alla volta del principe; – seguivano dalla parte dei provocati, due araldi portanti un fascio di armi, imperciocché spettasse loro il carico di provvedere stocchi e manopole. Venuti alla presenza del principe, i padrini posero un libro degli Evangeli sopra certo altare, e fattosi ognuno alcun poco da parte, lasciarono ai lati dell’altare Ludovico Martelli e Giovanni Bandini: sporse il primo bramoso la mano sinistra e, stringendo la destra al secondo e tenendogliela ferma sopra il libro, proruppe con terribile impeto:

“Uomo ch’io tengo per la mano, giuro per Dio e per gli suoi santi la mia querela contro a te buona e giusta, e tu combattere proditoriamente contro la patria.”

Il Bandino subito svincolando la mano e afferrando a sua posta con la manca la destra del Martelli, con voce cupa rispose:

“Uomo ch’io tengo per la mano, giuro per Dio e per gli suoi santi essere la tua querela contro di me temeraria, e possa il tuo sangue ricadere sopra la tua testa.”

Suonarono le trombe e fu fatto silenzio. I combattenti e i padrini si divisero in due partite. Dante, Bertino, Giovanni da Vinci e il conte Piermaria si pongono da un lato del campo, – Ludovico, Giovanni, don Ferrante e Iacopino dall’altro.

Allora tesero due corde che in due lizze uguali partirono il campo. I padrini con molta avvedutezza avvolsero e legarono i cordoni pendenti dall’elsa degli stocchi intorno al polso dei combattenti; quindi toltili pel braccio, li guidarono a mezzo il campo, dove distribuito con vantaggio eguale il vento e il sole, si ritirarono dicendo:

“Dio vi aiuti!”

Quando prima scesero in campo, Ludovico e il Bandino si gittarono giù dalle spalle un mantello che gli riparava dal freddo, né presero cura di metterli tanto in disparte che non potessero in seguito apportare loro impedimento.

Tremavano entrambi; se alcuno dei due avesse avuto animo più pacato, al primo colpo terminava la battaglia. I circostanti mandavano un mormorio simile a quello degli spettatori mal soddisfatti di uno spettacolo scenico: pareva che non osassero, eppure cotesta esitanza nasceva dall’odio soverchio che infiammava ambedue; avevano per trucidarsi mestiero che quella ardente passione si sfuocasse. Alloraquando diventò l’ira pacatamente omicida cominciarono le disperate percosse, e furono poste in pratica le arguzie tutte, gl’inganni e le orribili arti di tagliarsi le membra.

Volle sventura che, mentre dava il Martelli un passo indietro per ischifare una botta, il piede gli s’intricasse nel mantello, sicché venne a perdere l’equilibrio del corpo, onde il Bandino sottentrando veloce lo giunse, comeché leggermente, con la punta della spada sopra la fronte tra ciglio e ciglio. Ludovico, toltosi d’impaccio, rispose di una stoccata tesa, la quale avrebbe da parte a parte trafitto il Bandino, dove questi non avesse piegato speditamente il corpo, non tanto bene però che lo stocco nemico non gli forasse la carne sotto la poppa manca e via gli portasse una lunga brandella di pelle.

La ferita riportata da Ludovico sopra la fronte stillando sangue glien’empie gli occhi e gl’impedisce la vista: lui fruga per trovare un pannolino: non lo avendo o non lo trovando, tenta strappare una nappa di seta pendente ai cordoni avvolti intorno alla sua mano. Un solo istante china lo sguardo per vedere di bene afferrarla, e questo istante bastò al Bandino per sollevare la spada e alargliela sopra la testa.

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