Франческо Доменико Гверрацци - Итальянский с любовью. Осада Флоренции / L'assedio di Firenze

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Итальянский с любовью. Осада Флоренции / L'assedio di Firenze: краткое содержание, описание и аннотация

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В книгу вошел сокращенный и незначительно упрощенный текст романа классика итальянской литературы Ф. Д. Гверрацци «Осада Флоренции». Увлекательный сюжет, описание значимых исторических событий и романтическая составляющая – все это делает роман превосходным материалом при изучении итальянского языка.
Текст произведения сопровождается постраничными комментариями, а также небольшим словарем, облегчающим чтение.
Книга может быть рекомендована всем, кто продолжает изучать итальянский язык (Уровень 4 – для продолжающих верхней ступени).

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Improvvido di consiglio, ma ben fermo da saltare indietro o da parte, il Martelli allunga la mano e stringe il taglio della spada nemica; il Bandino la tira a sì con forza e gliela recise fino all’osso; intanto il sangue negli occhi si condensa più copioso; lui comincia a scorgere mezzo gli oggetti, confusamente, circondati da iride sanguigna; gli scorre un sudore ghiacciato per tutto il corpo; sente intronarsi le orecchie di un zufolio fastidievole: due volte si vide il ferro del Bandino minacciante sul capo, e due altre volte, riportandone sempre profonde ferite, si difese con la mano sinistra; fermo di morire, ma bramoso di trascinare seco l’avversario nella tomba, punta la spada al petto e precipita là dove gli sembra che stesse il Bandino: fu agevole a questo sfuggire quel cieco moto, pure così rapido gli venne addosso che gl’incise buona parte del braccio di larga, non già pericolosa, ferita. Il Martelli rimane scoperto e in qual parte siasi ritirato il suo avversario non vede; mentre brancolando si sforza incontrarlo, una fiera percossa gli spezza la testa e lo costringe a vacillare come uomo ebbro di vino; barcolla tre volte e quattro… sta… trema… e finalmente cade stampando della sua persona un’orma sanguinosa sopra la polvere.

“Muori!” – urlò pieno di tremenda esultanza il Bandino, e curva la gamba sinistra, stesa la destra, ambe le mani levate, l’intero corpo acconsentendo all’urto, si atteggiava a fendere fino al mento la testa del caduto; ma non ancora aveva percorso la metà del giro, che un’altra idea di vendetta più truce gliela fermò, né gli parendo potersi ormai trattenere più oltre, chiuse le mani, e la spada cadde inoffensiva sul fianco del Martelli; lui poi si rimase con le braccia aperte nella guisa dell’uomo che manda una maledizione: infatti lui intendeva lasciare a quel prostrato la vita come una maledizione. Se muore, – lui pensò, – il suo tormento cessa; se vive, gli si rinnoveranno ogni giorno i dolori della morte; non che torgli il sentimento, avrebbe dovuto dargli parte del suo; se non sente, non soffre, ed lui stava per aiutarlo a riparare dietro al sepolcro! Oh! viva e racconti la sua bocca al mondo la disfatta patita, palesi il suo aspetto al mondo la propria vergogna, duri testimonio vivente che Dio non esiste, o, esistendo, non prende cura degli uomini; o se pure la prende, i suoi giudizi paiono oltraggi di cinico, non già consigli di suprema intelligenza.

“Vivi!” – replicò il Bandino; – “tu mi salvasti la vita, io te la rendo. Dio ha giudicato tra me e te: impara a rispettare chi val meglio di te: il cielo ti dichiara traditore… non sono loro infallibili i decreti del cielo?”

“Tu hai vinto la persona… e non la querela....”

“Ho vinto l’una nell’altra… arrenditi!”

“Dio mi ha abbandonato… una volta abbandonò il suo figliuolo… adesso abbandona la libertà… ma che più nulla di divino deve durare sopra la terra?”

“Arrenditi!”

“Mi arrendo al marchese del Guasto…”

“A me devi arrenderti… a me che tengo sotto i miei piedi la tua testa…”

“Oh! io mi arrendo…”

E che? Lui aveva giurato di voler morire, lui un’ora innanzi avrebbe tagliato la gola a chiunque si fosse osato proporgli di comporsi in pace col Bandino; e adesso si arrende così? Gran parte e la migliore di sé gli sfuggiva dal cuore insieme col sangue; dianzi le arterie gli vibravano piene di vita, adesso languidissime sembra appena che palpitino; il dolore gli tiene l’anima ingombrata per modo che non lascia luogo a pensiero di sorte. Quanti superbi disegni si porta via la vecchiezza! Quanti orgogliosi proponimenti all’appressarsi della morte impallidiscono! Gli anni penetrano nel sangue, come il mercurio, e lo irrigidiscono; la stupidità, scacciati via l’odio e l’amore dal cuore umano, se ne compone quasi un sepolcro di pietra; l’uomo è signore del momento presente; e tosto che conosce esserne signore, il momento ì passato; quello che segue rimane fuori della sua potestà.

Da ambedue le parti sconfitta: dall’un lato e dall’altro silenzio di trombe, mormorio di voci inquiete: i baroni tedeschi e spagnuoli irrompendo dentro lo spazio vietato ricordavano i colpi e le vicende del duello.

“È stato un nobile duello, quale avrebbero potuto combattere due cavalieri castigliani!” – esclamava uno Spagnuolo, cui uno smilzo Tedesco rispondeva:

“Certo degno di due baroni alemanni.”

La querela dichiararono non persa nì vinta, e dalle genti credule fu reputato segno che la fine della guerra avesse ad essere per ambedue le parti infelice; per la quale cosa avesse a giudicarsi la ragione stare di qua e di là, o piuttosto non fosse ragione in nessuna.

Dante avendo con giuramento dichiarato ultima volontà del morto Aldobrando essere stata di avere sepoltura negli avelli de’ suoi maggiori, potè trasportarsi seco il suo cadavere. Lo accomodò pertanto con amore infinito dentro ad una bara, lo fece con diligenza lavare, poi gli mise attorno l’armatura completa, sicchì pareva un guerriero il quale col sonno rifacesse le forze.

Nell’altra bara composero il Martelli.

Sul torre commiato dal principe, in segno di militare onoranza, ordinò si sparassero tutte le artiglierie; al quale frastuono la città, paurosa di sventura, rimase taciturna.

Capitolo Ventesimoquarto

Il sacco di Prato

Vico, Annalena e il padre di lei, affidati a poderosi cavalli, fuggivano traverso la moltitudine dei nemici; ogni speranza di salute ponevano nella velocità. E a Vico, oltre quei due capi diletti, importava di porre in salvo cosa da cui forse pendeva la salute della Repubblica; la commessione dei Dieci al Ferruccio di tentare gli estremi rimedii alla tutela della patria: lui non aveva potuto consentire di separarsi dal fianco nei pericoli di quella fuga la sua amata Annalena; malgrado il disagio, la volle seduta in groppa al suo corsiero e con ambedue le braccia stretta intorno alla sua vita. In questo modo correvano e non proferivano parola.

Venuti al sommo di una altura, lanciano lo sguardo nella sottoposta vallata e vedono facelle andare in volta di su e di giù, quasi lucciole vaganti alla campagna nelle notti di estate. Da prima Vico n’ebbe sospetto; si fermarono tutti; all’improvviso uscendo lui dalla meditazione, “Avanti”, – esclamò, – “non v’ha pericolo… indovino l’avventura”.

Davano forte degli sproni nei cavalli per lasciare il luogo maledetto; ma la fortuna parava loro davanti uno scontro. Le zampe del cavallo del vecchio Lucantonio percuotono sul petto di un giacente traverso il cammino; le ossa delle costole sotto il colpo sgretolarono, l’aria violentemente compressa si sviluppa dalle viscere e manda suono come di sospiro: fremerono tutti e scesero precipitosi di sella.

Con molta cura furono attorno al giacente, e lo ponendo a sedere, se residuo alcuno gli fosse rimasto di vita investigarono; male però riuscivano nei tentativi loro, sepolti com’erano d’ogni intorno nel buio. Come volle fortuna, alcuni villani carichi di preda passavano quinci poco discosto portando lanterne, li chiamarono e li pregarono per Dio volessero essere cortesi di aiuto a cotesto infelice. E poiché l’uomo è creatura strana, sebbene nel richiamare quel nemico alla vita corressero rischio di consumare poi a sanarlo parte e forse tutta la preda, accorsero i villani alla voce di carità e lo sovvennero.

Appena però eransi curvati, si rialzarono atterriti da un urlo spaventevole che aveva gittato il vecchio, e nel punto medesimo lo videro protendersi ferocemente, avventare le mani intorno al collo di quel corpo, quasi intendesse strangolarlo; per certo il furore gli accecava l’intelletto, dacché, scorto il giacente alcun poco al chiarore del lume, conobbe essere da gran tempo fatto cadavere.

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