L’anno successivo Lynda andò al college, cominciò la sua vita da piccola vera donna, scoprì le gioie che la mondanità e i suoi vizi potevano darle, i piaceri del sesso, le prime storie d’amore più o meno serie, le preoccupazioni che laceravano lo spirito. Cominciò a coltivare la sua cultura e i suoi interessi verso quella che sarebbe divenuta in futuro la sua occupazione fino ad arrivare al giorno della laurea. Aveva plasmato un carattere adatto e rivolto i suoi interessi verso il mondo degli affari, del successo economico e della realizzazione personale. Le sue innate doti di oratrice, la sicurezza che trasmetteva durante i colloqui, la sua capacità di convincere l’interlocutore a fare ciò che lei desiderava erano da sempre stati i suoi punti di forza. James le aveva insegnato a credere in se stessa e lei lo aveva capito fin da subito.
«Credi sempre in te stessa e nelle tue capacità, parla con il tuo cuore ed esprimi sempre i tuoi pensieri ma in prima persona. Mettiti in gioco, lotta in prima linea se vuoi vincere tu la battaglia. Altrimenti resterai solo una semplice pedina e morirai al servizio di altri che, forse, non sapranno mai nulla della tua esistenza. Lascia la tua firma nel mondo, la tua impronta. Tu puoi farlo! Sii te stessa e andrai sempre avanti per la strada che ti sei prefissata. Non importa se sarai una tassista o se vestirai una importante carica da qualche parte, ciò che conta è sempre e solo ciò che vedrai riflesso nello specchio quando ti guarderai, perché tu sei quello e nient’altro», le diceva spesso James mentre l’accompagnava a scuola al mattino. E Lynda spesso sbuffava, aveva sentito quella lezione troppe volte e non era incline ad annoiarsi con quella frequenza. Era pur sempre una bambina, perché non veniva considerata per l’età che aveva? Ma una volta cresciuta capì realmente quanto importanti fossero state quelle parole per la sua crescita, per la sua professione, per tutta se stessa. E in cuor suo non smise mai di ringraziare quel semplice autista, suo amico, per avergliele dette più e più volte.
Seduta sul sedile posteriore dell’auto accanto al suo Puh che si era elegantemente riposto sul tappetino, cercava di evitare gli occhi verdi di James che, nonostante l’ormai avanzata età, risplendevano sempre di una luce propria, particolare. James non parlava, si limitava a fissare il volto di Lynda attraverso lo specchietto retrovisore nell’attesa che fosse lei a cominciare il racconto, proprio come faceva ogni giorno quando, pronta a vuotare il sacco, gli raccontava tutti i dettagli dei suoi numerosi successi. Ma quel giorno il racconto sarebbe stato diverso, James l’aveva capito. Lynda si arrese, incrociò gli occhi di James che in un lampo espressero il consenso all’ascolto e la ragazza cominciò a parlare.
«Oggi non è una buona giornata James», esordì.
«E perché mai signorina Lynda? E’ primavera, spende un bel sole, lei è a passeggio con il suo bel cane. Cosa c’è che non va?», rispose James, come sempre con il suo rassicurante modo di fare paterno. Lynda gli sorrise, senza rispondere.
«Ecco signorina, così va decisamente meglio, non crede? Io sono un uomo anziano ormai, sto per ritirarmi per trascorrere in serenità gli anni che mi restano da vivere, quelli che il Signore vorrà concedermi ancora. Nei suoi occhi, signorina, vedo solo l’espressione di una bambina capricciosa. Ricorda quando era piccina e voleva a tutti i costi che le cose andassero come lei desiderava? E quando le cose andavano in modo diverso lei cominciava a piangere, come se così facendo potesse cambiarne il corso a proprio favore. A volte ci riusciva, sa? Oh si che ci riusciva! Ma a volte le cose erano giusto un poco più grandi di lei e il pianto non la aiutava per nulla. Ricorda tutto questo?». Lynda accennò un timido si con un gesto del capo, mentre manteneva gli occhi bassi. James continuò a parlare.
«E ricorda come e quando le ritornava il sorriso?», chiese l’uomo.
«No, non me lo ricordo», mentì Lynda. In realtà lei aveva già capito dove volesse arrivare l’amico.
«Oh suvvia signorina! Sono più grande di lei di un bel pezzo! Grande e grosso direi! Faccia uno sforzo, provi a ricordare!».
«James, davvero non ricordo, son passati tanti anni», mentì nuovamente ma le sue labbra cominciavano a tradire un accenno di sorriso malizioso.
«Va bene, allora se non ricorda davvero cercherò ora di darle un piccolo aiuto. Vedrà, sarà un successo!». James mise in moto l’auto e cominciò a guidare sorridendo e fischiettando una melodia che riportò Lynda indietro nel tempo, a quando era bambina e preparava le confetture con zia Beth.
“Confettura di ciliegia, per una colazione regia. Dolcetto all’albicocca porta all’estasi la bocca. Un litro di Sorbetto alla banana, non mi dura nemmeno una settimana. Confettura di pesca, se non lo hai stai fresca!”
Lynda recitò quelle parole guidata dalla melodia che usciva dalle labbra di James, scoppiando a ridere non appena quelle immagini arrivarono a ripopolarle la mente.
«Oh James, suvvia! Si si certo, mi tornava l’allegria, svanivano i pensieri cattivi. Ma durava poco perché poi quegli infami tornavano a massacrarmi le meningi», riprese Lynda mantenendo un bel sorriso sulle labbra.
«Si certo. Tornavano perché in realtà non faceva nulla per sconfiggerli definitivamente. Non è forse così?».
«Si», rispose Lynda a voce molto bassa.
«Mi scusi ma non ho colto la sua risposta, signorina!», continuò James che, invece, aveva capito benissimo.
«Ho detto si!», ripeté Lynda, questa volta con un tono decisamente più alto e rassicurante.
«Bene. Allora andiamo!», la sfidò James.
«Ma dove stiamo andando?»
«La porto in un posticino dove lei, signorina, potrà sentirsi a suo agio e potrà raccontarmi tutto quanto di brutto le è accaduto oggi e insieme proveremo a trovare una soluzione al suo problema. Ci vorrà un po’ di tempo ma ne varrà la pena. Ora si metta comoda, si rilassi e se riesce provi a riposare un po’. Si sentirà già molto meglio dopo, vedrà».
Lynda sorrise e guardò Puh che dormiva già da un po’, sdraiato comodamente sul tappetino dell’auto. Le curve sulla strada, le leggere ondulazioni e il rumore sordo del motore la cullavano. Si sentì avvolgere dalle braccia del sonno e decise di abbandonarsi ad esso. In fin dei conti era serena in quel momento e in compagnia di quel suo “mancato padre” si sentiva nuovamente bambina. La filastrocca accennata da James le risuonava nella mente, via via la sentiva sempre più lontana, più fievole, fino a spegnersi completamente quando si addormentò. Sognò una bambina che correva libera nel verde sconfinato dei prati inglesi, che raccoglieva conchiglie bianche sulle piccole spiagge nascoste tra le scogliere della Cornovaglia, vide zia Beth che, ferma sull’uscio del suo cottage, la chiamava a squarciagola mentre lei si divertiva a nascondersi tra le piante del suo giardino di rododendri. Sentì il profumo e il sapore della frutta fresca appena tagliata, quella raccolta, pulita e messa a bollire per poter essere trasformata in ottima confettura fatta in casa. Zia Beth era la maga delle confetture! Era divenuta molto famosa, le sue confetture e i suoi dolci erano così conosciuti in tutto il paese e nelle città vicine che fu praticamente costretta ad aprire una piccola pasticceria e trasformare un suo hobby in attività, per poter soddisfare tutte le richieste che le venivano fatte. Molta gente andava a trovarla con la scusa più banale per poter avere la possibilità di assaggiare ancora una volta le sue gustose ricette. E Lynda voleva imparare tutto da lei, ogni segreto, ogni esperimento, ogni ricetta. Ma le estati duravano troppo poco e ben presto arrivava il momento di ritornare a casa, in città, per dedicarsi allo studio al quale il Senatore Grant teneva tanto: avere una figlia ignorante non avrebbe affatto giovato alla sua figura di uomo diplomatico, non poteva permetterselo!
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