Iniziò a urlare e ad agitarsi come un selvaggio qualunque, cercando di dare l’ennesima cattiva dimostrazione, ai suoi illustri genitori, di quanto fosse poco adatto al ruolo che gli avevano riservato.
Inoltre, cercò di togliersi da dosso tutti i “ ridicoli vestiti da cerimonia ” come lui spesso, in modo sprezzante e offensivo, si divertiva ad apostrofarli. Ma ben presto si rese conto che la sua inutile sceneggiata non stava dando i risultati sperati.
Improvvisamente, come un esperto attore, cambiò strategia. Smise di urlare e si buttò ai piedi della regina. Con le sue tozze mani le afferrò la caviglia destra e la strinse forte al suo petto, nell’ultimo, disperato tentativo, di commuoverla e farle cambiare idea.
“ Madre… non mi lasciare qui da solo… portami a casa con te…” iniziò a supplicarla piangendo.
“Il mio destino non è questo… io non sarò mai il Sultano di quest’isola brutta e inospitale. Il mio destino è quello di diventare il re di Astagatt. Non mettere il nostro amato regno nelle mani di mio fratello… quello stupido… quello sciocco… che sa amare solo i suoi ridicoli libri di storia. Io sono il destino di Astagatt!! Madre… non soccombere ai desideri del re… aiutami a tornare a casa… non abbandonarmi tra gente sconosciuta e ostile ”.
La regina Adeela lo guardò con aria severa e indignata, tirò via il suo piede dalle forti e possenti mani del figlio e, con piglio autoritario, lo rimproverò energicamente: “ Akhmed… il tuo tempo è arrivato. Sii uomo… comportati da futuro sovrano. Fai in modo che tutti noi… un giorno… potremo essere fieri di te. Dovrai essere d’esempio per tutti e farai in modo di non far ricadere la vergogna sulla tua famiglia. Sii forte… un anno passa velocemente. Ti prometto che con l’arrivo della prossima estate…», ma la regina non fece in tempo a finire la frase che Akhmed si era già rialzato e ricomposto. Con un gesto deciso della mano, fece segno alla madre di aver compreso il suo discorso.
“ Va bene madre… mi fido di te… come sempre !”, replicò il principe ormai rassegnato all’inevitabile.
“ È vero… il tempo passa rapidamente e un anno corre in fretta. Troverò sicuramente qualcosa d’interessante da fare su questa stupida isola… ma se non ti rivedrò qui la prossima estate… sappi che farò il diavolo a quattro per ritornare ad Astagatt e… destino o non destino… lì resterò per sempre…”.
Il re, che fino a quel momento non era intervenuto ed era rimasto in disparte, fece un segnale con la testa alla regina per farle capire che il tempo era scaduto.
I genitori abbracciarono affettuosamente Akhmed e si diressero verso il porto per imbarcarsi sulla nave ammiraglia Glorius e fare ritorno a casa.
Tutta Astagatt stava aspettando, con ansia, il ritorno della flotta.
La grande flotta imperiale era partita per l’isola di Cora già da due settimane. Con la vendita del suo prezioso carico, la rara spezia “ Vergara ”, gli abitanti dell’isola di Astagatt avrebbero trascorso un anno tranquillo e sereno, almeno economicamente. Ma un cattivo presagio aleggiava nell’aria.
Era una notte senza luna e l’oscurità si era impossessata dell’intera isola, avvolgendola in una stretta morsa. Stranamente anche il vento dell’est aveva ripreso a soffiare con vigore e una pioggia torrenziale tintinnava con forza sui vetri della camera da letto di Amir.
Il rumore della tempesta si faceva sempre più forte e il giovane principe, al lume delle candele, non riusciva a dormire. Se ne stava seduto sul letto, immobile, con le gambe incrociate e con lo sguardo fisso sulla parete. Sperava, in cuor suo, che la Grande Flotta fosse rimasta saldamente ancorata nel porto di Cora.
Le condizioni del vento erano troppo rischiose per tentare di attraversare la “ Grande barriera d’acqua ”.
Amir provò a liberarsi di tutti i cattivi pensieri.
Si sollevò in piedi sul letto e cominciò a saltellare, sempre più forte e sempre più in alto, fino a quando, con il rumore tipico di legni rotti, il suo enorme letto si accasciò sul pavimento con un grande frastuono. Le due guardie imperiali che, fino a quel momento, avevano sonnecchiato davanti alla sua porta, si precipitarono dentro la stanza con la spada sguainata. Immediatamente si resero conto del falso allarme e trassero un profondo sospiro di sollievo. Videro che il principe Amir, disteso ai piedi del letto, rideva a crepapelle.
“ Ciao ragazzi…» , s’affrettò ad esclamare, “s cusatemi ma… questa notte non riesco proprio a dormire. Non sapevo cosa fare e mi sono messo a saltellare sul letto… era divertente ma… come potete vedere… questo è il risultato ”.
“ Per farmi perdonare …», continuò il principe, “ mi accompagnerete giù nelle cucine dove vi farò gustare le mie buonissime ciambelle con miele e Vergara… Oggi ne ho mangiate tantissime… ma credo di averne lasciate in dispensa ancora abbastanza per soddisfare qualunque improvviso assalto di fame notturna ”.
I tre si diressero, con passi decisi, fuori dalla camera da letto.
Il principe indossava ancora il lungo camicione bianco con cui era andato a dormire la sera prima e che gli arrivava fin sulle caviglie. Con il suo metro e ottanta camminava impettito ma stretto in mezzo ai due enormi soldati della guardia imperiale. Questi lo sovrastavano di almeno dieci centimetri, perfetti nelle loro impeccabili uniformi d’ordinanza.
Per arrivare alle cucine bisognava percorrere il corridoio che dava anche sulla grande biblioteca reale. Giunti nei suoi pressi il principe ebbe un sussulto e si fermò di scatto. All’improvviso, dal suo angelico volto sparì quel tenero sorriso che lo aveva accompagnato fino a quel momento e, assunto un atteggiamento serio, con tono perentorio, ordinò ai suoi due improbabili compagni d’avventura di aprire la porta della biblioteca.
“ Ma noi non abbiamo le chiavi… solo il Capo Bibliotecario può farlo…» , i due corazzieri s’affrettarono a replicare, per nulla intimoriti dallo sguardo severo del ragazzo.
“ Va bene… allora farò da solo… ma dovete giurarmi di non rivelare a nessuno il mio segreto… nemmeno al re e alla regina quando faranno ritorno ad Astagatt. Quello che state per vedere non sarà mai successo… e adesso giurate sul vostro onore d soldati !”
I due militari si guardarono perplessi ma Amir era pur sempre il loro principe ed il futuro sovrano del regno. Senza perdere altro tempo, uno dopo l’altro, ripeterono ad alta voce: “ Lo giuro!”.
Amir s’inginocchiò e, con estrema cautela, spostò un piccolo pezzo di marmo che ornava il bellissimo pavimento del corridoio. Da un piccolo foro, delicatamente, ne estrasse un sacchetto. Quindi, con il tipico atteggiamento di ladro esperto, tirò fuori una chiave d’oro. In pochi istanti aprì l’enorme porta di legno massiccio della biblioteca ed entrò dentro, mentre i due militari furono lasciati fuori di guardia.
L’enorme sala della biblioteca era perfettamente illuminata.
In ogni suo angolo si potevano scorgere centinaia di grandi candele, anche a gruppi di dieci per volta, sistemate con cura nei punti più strategici.
Per evitare il pericolo che potesse scoppiare un incendio erano state raccolte su splendidi lampadari sotto i quali si potevano notare dei grandi vassoi di bronzo che raccoglievano la cera che si fondeva lentamente. Con questo semplice stratagemma nessun libro correva il rischio di essere, anche accidentalmente, colpito dal fuoco. In ogni caso, la sicurezza della biblioteca era garantita da dodici bibliotecari che si alternavano al controllo della sala.
Читать дальше