Ma le sorprese della giornata non erano ancora finite.
La poderosa ed imprevista tempesta, così com’era iniziata, cessò improvvisamente. Il cielo si rasserenò rapidamente e tornò a splendere un bellissimo e caldo sole. Nel frattempo, anche il mare si era calmato ed era tornato a soffiare il vento dell’est, con la sua tipica e leggera brezza estiva.
Sulla nave tutti, istintivamente, rivolsero lo sguardo verso il centro dell’isola, in direzione della cima della montagna. Qualcuno, a bassa voce, iniziò a sussurrare: “ Questa è opera della malefica strega Luthien… spero che qualche coraggioso… prima o poi… riuscirà ad ucciderla ”.
L’atmosfera tra l’equipaggio cambiò rapidamente ed uno strano silenzio scese sull’intera nave.
Come un fulmine a ciel sereno era giunta, a Palazzo reale, la notizia del naufragio dei due principini: Amir e Akhmed.
Il re Mohammed e la regina Adeela non persero tempo e, scortati dalla guardia reale, si diressero immediatamente al porto di Astagatt. Qui incontrarono l’ammiraglio Uluç Alì Pasciàche, con calma, li rassicurò. I loro figli erano sani e salvi a bordo della nave Neptune e, prestissimo, li avrebbero riabbracciati.
Quando il vascello attraccò nel porto una grande folla di curiosi si era già radunata per assistere allo sbarco dei due principini. L’emozione di tutti i presenti era palpabile nell’aria e la regina, in particolare, aveva gli occhi ricolmi di lacrime.
“ Daremo una grande festa di ringraziamento!” , esclamò perentorio re Mohammed.
“ Sarà una festa così grande e magnifica che resterà nella storia di Astagatt. Tanto sfarzosa che se ne parlerà per secoli e secoli. Inoltre… tutti coloro che hanno partecipato al salvataggio dei nostri amati figli… riceveranno promozioni e premi in denaro ”.
Abdul-Lateef, il capitano di vascello, si affrettò a sbarcare insieme con i due principini. Il re e la regina, incuranti di tutto e di tutti, corsero ad abbracciare i loro figli, ancora visibilmente emozionati per la terribile avventura.
Adeela prese teneramente ad accarezzare il piccolo Akhmed mentre il re fece altrettanto con Amir, suo figlio prediletto.
A “ Palazzo Reale ” i due fratelli ricevettero tutte le cure e l’amore possibile e per giorni non si parlò più di quel terribile incidente. Dopo una settimana di febbrili preparativi, giunse il giorno tanto atteso.
Nel grande salone delle feste aveva trovato posto l’orchestra giunta appositamente dal Teatro dell’Opera della città.
I musicisti, diretti dal giovane talento di origine bielorussa Vladimir Ovodoc, erano seduti su di un piccolo palco creato per l’occasione. Durante tutta la sera avrebbero allietato gli ospiti suonando vecchi brani dell’opera lirica italiana, alternati a musiche più moderne.
Vladimir Ovodoc (direttore d’orchestra dell’isola di Astagatt)
Come voleva la tradizione, in fondo alla sala si ergeva, maestoso, il trono dei sovrani che, seduti nei loro impeccabili vestiti da cerimonia, osservavano la loro variopinta e simpatica corte sollazzarsi con il cibo e i balli.
Anche i principi, Amir e Akhmed, si erano vestiti di tutto punto e, seduti uno accanto all’altro come dei veri fratelli, assistevano divertiti agli improbabili passi di danza dell’ammiraglio Uluç Alì Pascià, tanto temuto e rispettato come comandante quanto poco apprezzato e deriso come ballerino.
Il poveretto, ormai giunto sulla soglia della pensione, in procinto di lasciare il suo prestigioso incarico di “ Ammiraglio della Flotta Reale ”, non desiderava altro che prendersi il meritato riposo.
Ma era stato trascinato nelle danze dalla sua giovane ed esuberante terza moglie, Suha, una bella e focosa ragazza dai capelli rossi.
Fin da piccola aveva attirato le attenzioni di tutti i ragazzi dell’isola e, crescendo, catturò anche l’interesse del vecchio ammiraglio. Uluç Alì Pascià, nonostante l’evidente differenza di età, volle conoscerla e se ne innamorò all’istante.
Fu il classico “ colpo di fulmine ”, tanto che le chiese subito di sposarla.
Com’era solito fare negli affari militari, anche in quella occasione non volle perdere tempo e, per evitare un lungo e pericoloso corteggiamento, si recò immediatamente a casa dei genitori di Suha per ufficializzare il fidanzamento.
La ragazza apparteneva ad una rispettata ma modesta famiglia di agricoltori e, per loro, imparentarsi con il potente e ricchissimo ammiraglio, significava entrare a far parte dell’élite dell’isola e migliorare notevolmente il loro ceto sociale.
Suha, che inizialmente era contrarissima alle nozze, presto cambiò idea, quando l’Ammiraglio le fece consegnare una grande cassa ricolma d’oro e gioielli, dal valore inestimabile.
Il loro matrimonio fu celebrato con tutti gli onori e anche i sovrani parteciparono a quell’evento mondano. Com’era prevedibile, alla bella Saha occorsero solo pochi mesi per rendersi conto che il suo era un matrimonio infelice.
Era diventata ricca e rispettata e faceva parte del ristretto gotha dell’isola di Astagatt, ma viveva pur sempre come una reclusa nell’alloggio di servizio dell’ammiraglio, suo marito, sulla nave Glorius. Quello non era esattamente il posto ideale dove vivere una storia d’amore e, spesso, quand’era da sola, pensando di aver buttato via la giovinezza, immergeva nel cuscino il suo splendido viso e si lasciava andare in un pianto a dirotto.
La festa di ringraziamento a palazzo reale era l’occasione giusta per dare sfogo alla sua esuberanza e dimenticare tutte le frustrazioni per quella vita grigia e noiosa. La bella Suha non perse tempo e iniziò subito a scatenarsi con i balli, ma il marito era incapace di tenere il suo passo e di seguirla al ritmo frenetico di quella musica. La moglie, probabilmente per vendicarsi, lo faceva piroettare per tutta la sala e all’ammiraglio, più e più volte, capitò di inciampare nel lungo vestito della consorte.
Le sue buffe movenze suscitarono l’ilarità di tutta la corte reale, compresi il re e la regina, e non solo quella dei principi Amir e Akhmed.
Scoccata la mezzanotte la musica cessò repentinamente e i due sovrani, Mohammed e Adeela, si diressero, con passi lenti e mano nella mano, sull’ampia terrazza antistante la sala del ricevimento. Fuori si potevano ammirare gli originali addobbi, fatti con moltissimi fiori multicolori, che emanavano dolci e delicate fragranze.
Poi fu dato il segnale convenuto e dal mare prese vita uno spettacolo di fuochi d’artificio come da tempo non si vedevano sull’isola. Gli ospiti restarono con il naso all’insù per tutto il tempo e qualcuno, di tanto in tanto, con la mano, ne disegnava le forme geometriche seguendone le prevedibili traiettorie.
Tutto il cielo notturno fu illuminato a giorno ed anche il popolo di Astagatt volle partecipare all’eccezionale evento riversandosi nella piazza centrale della città e dando vita ai tradizionali balli popolari, accompagnati da grandi bevute.
Concluso lo spettacolo dei fuochi artificiali i sovrani e la corte fecero ritorno nella grande sala da ballo. Re Mohammed, giunto al centro dell’enorme stanza, si fermò liberando la sua mano da quella della sua regina, che tornò a sedersi al suo posto.
Poi, con gesto regale appena accennato, chiamò a sé l’ammiraglio Uluç Alì Pascià, che gli si avvicinò in tutta fretta per porsi alla sua destra.
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