In diverse occasioni aveva apertamente manifestato la sua gelosia per il fratello maggiore, che detestava, a suo dire, anche per i suoi modi sempre troppo cortesi e gentili verso i sudditi del regno e il personale di servizio.
Per Akhmed, invece, bisognava mantenere le debite distanze dal popolo e governare con il metodo “ del bastone e della carota ”.
A volte, a causa del suo cattivo comportamento verso la servitù di corte, veniva punito dal re e confinato nella sua stanza.
In quelle occasioni era solito ripetere a voce alta: “ Un giorno tutto questo cambierà. Io sono un principe e nessuno può dirmi cosa devo fare e cosa devo dire. Prima o poi ucciderò quell’imbecille di mio fratello Amir e tutti dovranno temere la mia ira. Mi ricorderò di tutti quelli che oggi mi procurano dolore e… quando sarò sul trono di Cora… la mia vendetta sarà implacabile ”.
La regina Adeela, benché restasse colpita dal feroce odio provato dal figlio minore nei confronti del fratello, non ne stigmatizzava le parole. Anzi, accarezzandogli la testa rasata cercava, con pazienza e dolci parole, di riportarlo alla calma. Gli sussurrava che, un giorno non lontano, sarebbe diventato il potente sultano dell’isola di Cora.
Era quello il suo destino, già scritto nelle stelle, unico discendente maschio designato a succedere a suo nonno Akhmed Al Kebir, che regnava con il nome di Modaffer III.
Amir, che amava il fratello più piccolo e gli perdonava tutte le provocazioni e gli scherzi stupidi che era costretto a subire, solo in un’occasione perse il suo proverbiale autocontrollo e si arrabbiò moltissimo con Akhmed. Ciò avvenne quando gli rubò la preziosa e amatissima collezione di vecchi libri di storia e trascorse un’intera settimana prima che si decidesse a restituirgliela.
Fu solo grazie all’intervento, duro e deciso, della regina Adeela, che la questione tra i fratelli fu risolta senza indugio.
Amir, alla consegna dei suoi preziosi libri di storia, riacquistò immediatamente la calma ed il sorriso. Porse amichevolmente la mano verso il fratello, in segno di pace, invitandolo a trascorrere con lui un’intera giornata in cui avrebbero solo pensato a giocare ai soldatini.
Ma Akhmed rifiutò sdegnosamente l’offerta e fuggì, arrabbiatissimo, nella sua stanza, tra le lacrime, meditando eterna vendetta.
Akhmed, un brutto giorno, ebbe un grave incidente in mare.
Una volta all’anno, in occasione dell’arrivo del vento dell’est, i due fratelli amavano sfidarsi gareggiando su piccole imbarcazioni a vela. Nonostante la giovane età entrambi erano dei marinai provetti.
I loro erano dei veri e propri duelli, ma senza ricorrere all’uso delle spade.
Akhmed era più audace e coraggioso del fratello, ma Amir lo precedeva sempre sul traguardo, inesorabilmente. Grazie agli insegnamenti del capitano di vascello Abdul-Lateef , Amir era, praticamente, imbattibile in questo tipo di gare.
Re Mohammed, prima della partenza, era solito raccomandare energicamente entrambi i suoi figli con queste parole: “ Cari ragazzi… oggi gareggerete uno contro l’altro… un po’ di sana competizione non guasta mai e serve a fortificare i vostri caratteri… ma evitate di correre rischi inutili. In caso di pericolo invertite immediatamente la rotta e rifugiatevi… al sicuro… nel porto di Astagatt.
Qui troverete ad attendervi il capitano di vascello Abdul-Lateef che avrà il compito di sorvegliarvi e assistervi e… in caso di necessità… di scortarvi fino al palazzo reale. È tutto chiaro?”.
“Si padre!” , rispondevano all’unisono i ragazzi mentre stringevano la mano al loro genitore.
Come ogni anno tutti aspettavano l’arrivo del vento dell’est che avrebbe permesso alle imbarcazioni, grandi e piccole, di potersi spingere facilmente al largo e attraversare, senza rischi e pericoli, la “ Grande Barriera d’acqua ”.
Questo era il periodo dell’anno chiamato “ Estate dell’Isola di Cora ” e durava, esattamente, 15 giorni.
Una piccola finestra temporale permetteva ai sovrani delle due isole più grandi dell’arcipelago, Astagatt e Cora, d’incontrarsi e trascorrere un periodo di vacanza insieme, con le rispettive famiglie. Durante il resto dell’anno l’Isola di Astagatt restava, praticamente, isolata dal resto del mondo.
Con l’arrivo del vento dell’est e pochi giorni prima della partenza della “ Grande Flotta Reale ”, i due fratelli, Amir e Akhmed, si sfidavano nella tradizionale gara di vela intorno all’isola di Astagatt. Avrebbe vinto chi, per primo, avesse circumnavigato l’isola e raggiunto il porto.
Per i due contendenti la posta in palio era molto alta.
Il perdente avrebbe subito l’onta, per un anno intero, di essere preso in giro dal fratello vincitore, ogni qualvolta ne avesse avuto voglia e senza protestare. Questo poteva avvenire in qualunque occasione: davanti alla corte reale e alla servitù, oppure a dei semplici cittadini.
Il perdente non poteva fare altro che accettare tutto con sportività. Amir, benché avesse vinto ogni regata disputata fino a quel momento, non approfittò mai dell’ambito “ premio ” e non sbeffeggiò mai in giro l’amato fratello. Anzi, dopo la fine di ogni gara lo incitava a fare meglio e lo consigliava a non arrendersi. In effetti, nonostante le sconfitte, Akhmed possedeva un grande talento per la navigazione.
Amir, il giorno della gara, avvertì uno strano presentimento e, poco prima della partenza, si rivolse al fratello con tono preoccupato: “ Akhmed… non senti anche tu qualcosa di strano nell’aria? Il vento… questo vento… non è il solito vento dell’est… forse dovremmo rimandare la gara al prossimo anno. Ho la sensazione che qualcosa di grave stia per accadere”.
Akhmed, che più di ogni altra cosa al mondo desiderava vincere quella regata, per la quale si era allenato intensamente tutto l’anno, interpretò le parole del fratello come una mancanza di coraggio, il timore di perdere la sfida.
“Amir… non dire sciocchezze”, rispose con tono sarcastico, “questo è il solito vento dell’est… non sento nulla di strano… o forse sì… il mio presentimento dice che… che tu sei un cacasotto e questa volta sono sicuro di batterti! Quindi… finiscila di lamentarti e iniziamo la gara”.
Ormai Amir non poteva più tirarsi indietro né rivolgersi direttamente al padre Mohammed per far sospendere la gara.
Il re, nel frattempo, si era già allontanato dal porto per dirigersi al castello reale per il disbrigo delle ultime incombenze burocratiche e amministrative, prima di ordinare, alla flotta reale, la partenza per l’isola di Cora.
Quando le barche dei due fratelli furono perfettamente allineate, la nave ammiraglia “ Glorius ” sparò il colpo di cannone a salve che decretò l’avvio della gara.
All’inizio tutto sembrò procedere per il meglio e il vento, benché molto forte, non costituì un particolare problema per i due concorrenti. Amir, come al solito, fin dalla partenza era in testa e, di tanto in tanto, provava a voltarsi indietro nel tentativo di individuare la posizione della barca del suo astuto fratello e, così, prevenirne ogni mossa.
Giunto fuori dal porto si affrettò a dirigersi verso quel tratto di mare aperto che conosceva come “ il punto di equilibrio ”, il posto ideale per sfruttare tutta la potenza del vento dell’est. Grazie a questo prezioso consiglio del capitano di vascello Abdul-Lateef era sempre riuscito a battere il fratello.
Arrivato in mare aperto Amir si accorse, con grande preoccupazione, che il vento dell’est stava cambiando intensità e direzione.
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