Роберто Борзеллино - Strada senza uscita. Storia di due amori e un’amicizia

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Strada senza uscita. Storia di due amori e un’amicizia: краткое содержание, описание и аннотация

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Storia di due amici, legatissimi fin dai tempi del liceo, che si allontanano a causa dell’amore per la stessa donna. Da adulti si ritroveranno a Minsk, in un’altra parte del mondo, dove uniranno i loro talenti per la musica e la scrittura. Da questo sodalizio artistico nascerà un brano musicale di successo che li proietterà nelle classifiche discografiche mondiali. L’illusione della fama e del denaro li allontanerà definitivamente, fino all’ultimo tradimento e alla tragica conclusione.

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Cosa fare delle nostre aspirazioni? Come assecondare la nostra voglia di conoscenza?

Eravamo una generazione che non aveva internet ne telefonini e spesso le nostre idee restavano confinate nei cassetti della nostra mente. Di quei cinque anni trascorsi al liceo non ricordavo neppure un episodio insolito accaduto come forma di protesta nei confronti di quel sistema scolastico.

Ricordavo solo che quel lunedì mattina cercavo una via d’uscita, forte era la tentazione di voltarsi e di tornare indietro.

Sì, ma per andare dove?

Certamente non a casa dove avrei trovato mia madre già pronta a minacciare chissà quale esemplare punizione al ritorno di mio padre dal lavoro.

Nemmeno volevo trascorrere l’intera mattinata da solo, seduto su di una panchina al lungomare a dividere il mio panino con i gabbiani. Alla fine di quel mio girovagare nella mente mi resi conto che, probabilmente, entrare a scuola era la scelta più saggia, il male minore.

Guardai l’orologio e solo pochi minuti mi separavano dal suono di quella “maledetta” campanella: l’avevo sempre immaginata come una “campana a morto” che salutava il carro funebre al termine della funzione sacra. Invece della campanella giunse al mio orecchio il suono di una voce familiare provenire dalle mie spalle, era una voce dolce e gentile che avrei riconosciuta ad occhi chiusi, tra mille altre. “Ciao Roberto, sono felice di vederti, allora ci siamo proprio tutti questa mattina?”. Mi voltai lentamente cercando di incrociare subito il suo sguardo e, in quel momento, la luce di due occhi grandi e azzurri illuminò subito il mio viso, così come un faro nella notte buia. Era Marina, la mia compagna di classe che mi veniva incontro sorridendo. Non aspettavo altro e noncurante di essere rimproverato, il mio sguardo cadde inesorabilmente sulla sua camicetta bianca sbottonata al punto che potevo quasi intravvedere il suo reggiseno. Le risposi con un sorriso mentre a stento riuscii a dirle “ciao”. La osservavo ormai da quasi cinque anni, sempre seduta in prima fila, nel banco centrale, accanto alla sua amica del cuore, Marta, sempre mi era mancata l’iniziativa e il coraggio di dirle quello che provavo, di confessarle tutto il mio amore.

Avevo cercato di custodire gelosamente questo mio segreto ma i miei comportamenti, i miei sguardi da “pesce lesso” ogni volta che la incontravo, avevano reso evidente a tutti quelli della mia classe che ero innamorato di Marina. Sembrava che tutti avessero conoscenza di quel segreto – tutti tranne Marina. Questo che mi suggeriva il suo comportamento, a volte freddo e scostante, alternato a periodi in cui sembrava avvicinarsi tanto quasi da farmi sentire il suo calore. Questo bastava ogni volta a riaccendere in me la fiammella della speranza, a farmi pensare che non tutto fosse perduto.

Qualche volta avevo provato a fare il “giro largo” provando ad avvicinare la sua amica Marta per cercare, con modi gentili, di farla aprire e confessare l’inconfessabile e cercare di capire i reali sentimenti di Marina per me. Fu tutto vano, Marta sembrava tenere i segreti anche meglio di una cassaforte in banca e non accennò mai a qualche pettegolezzo né rivelò mai le “confidenze” di Marina.

Questo mistero mi contorceva fino dentro l’anima ma era solo colpa mia se fino a quel momento non ero riuscito a dichiararmi apertamente con Marina; avevo il terrore di un suo “no”, da cui sarebbe scaturito una vera catastrofe per l’immagine positiva che ero riuscito a crearmi in tutti quegli anni, oltre al fatto che quel suo eventuale rifiuto mi avrebbe provocato non pochi imbarazzi verso i miei compagni di classe ogni volta che fossi arrivato a scuola. A volte immaginavo i loro sguardi divertiti e i commenti idioti. Il rischio che correvo era troppo grande e non volevo ne potevo assolutamente macchiare la mia reputazione, anche a costo di perdere Marina.

Anche per questo non detti nessuna colpa a Marta per la sua scarsa “collaborazione” ma anzi, dovevo solo ringraziarla per le tante volte che mi aveva tirato fuori dai guai. Molto spesso, durante le mie interrogazioni alla lavagna, grazie ai suoi suggerimenti ero riuscito a salvarmi per il rotto della cuffia. Noi tutti l’avevamo soprannominata “la nostra ultima speranza”. Marta era considerata il genio dell’intera scuola e non era per niente facile tenerle testa perché aveva almeno due lunghezze di vantaggio su tutti, sempre preparata su ogni argomento, anche quelli tradizionalmente più impegnativi.

Quella ragazza era la nostra fortuna, la nostra ancora di salvezza, sempre disponibile ad aiutare quelli che restavano indietro, soprattutto in quelle materie che molti di noi trovavano particolarmente difficili: il latino, la fisica e la matematica. Per la “nostra ultima speranza” quelle materie sembravano non avere più segreti ed era raro vederla commettere degli errori. Era accaduto sovente che, durante la lezione, correggesse il professore di turno, il quale non poteva fare altro che ammettere la “distrazione”, non senza mostrare un mal celato imbarazzo.

Adesso Marina era lì, davanti a me, e mi sentivo preso come da una strana eccitazione, mentre un fremito improvviso e tumultuoso mi colpiva ad ogni suo sorriso, ad ogni suo sguardo. Come sempre era incantevole e pareva sprigionare un mix di dolcezza e sincerità che le illuminava il viso; questo suo modo di fare mi apriva il cuore in due, come un apriscatole. Sentivo le pulsazioni andare a mille ma cercavo di mantenere una calma, almeno apparente; dopo aver raccolto tutte le mie anergie mentali cercai di comportarmi come un navigato attore che, giunto sul set, è pronto a dire la sua battuta. Quindi, distolsi lo sguardo dai suoi occhi e provai a balbettare: “Ciao Marina, come va questa mattina, immagino che avrai studiato tutto il giorno oppure ieri sera sei andata in giro a divertirti con le amiche?”. Mi veniva naturale farle quelle domande “trabocchetto” tanto era il desiderio di scoprire cosa avesse fatto il giorno prima, se avesse trascorso tutto il tempo sui libri di scuola o fosse uscita con qualcuno dei suoi amici.

Mi infastidiva questo mio sentimento di gelosia perché capivo di essere molto vulnerabile. Ma fu Marina che, inaspettatamente, venne in mio aiuto e rispondendo con tono deciso alle mie domande impertinenti, mi disse: “Purtroppo ieri sera niente divertimenti ne uscite, ma solo tanto studio con Marta perché oggi ci sono così tante interrogazioni che non avevo la testa per fare altro”. Aveva appena finito di concludere la sua frase che mi prese il panico – oddio le interrogazioni di italiano e latino – ma come avevo fatto a dimenticarle, come potevo stare seduto tranquillamente sul muretto e fare finta di niente. Marina notò subito il cambio di espressione sul mio viso, un misto di preoccupazione e rassegnazione, ma non riuscimmo a dirci altro perché arrivò la sua amica Marta a portarsela via, così come un falco cattura la sua preda. Provai a seguirle con lo sguardo ma presto si confusero tra la folla degli altri studenti.

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