“Mmm…” Lasciai che il mio pollice le sfiorasse la pelle della guancia. “Una che arrossisce come un bocciolo ai primi raggi del sole.” Il rosa delle sue guance si spinse fin lungo il collo assieme al mio tocco.
La sua reazione mi diede immensa soddisfazione.
“Cos’altro?”
Lei strinse gli occhi, studiandomi come se potesse capire cosa volevo solo guardandomi con sufficiente intensità.
“Una femmina degna di voi. Una che appartenga al vostro rango.”
Aggrottai le sopracciglia a quelle parole, ma lei sollevò il mento, indicando che lei era una femmina di quel tipo.
“A quale famiglia appartieni?”
“Nessuna che voi conosciate, mio Signore.”
“Le conosco tutte.”
“Non la mia.”
“Sei nata dentro questi confini?”
“Sì,” sussurrò lei.
Le mie labbra sembravano avvicinarsi alle sue a ogni parola. Volevo assaggiarle. Lo avrei fatto prima che la notte fosse finita.
“Dimmi da dove vieni.”
Più vicino.
“Non ancora.”
Il suo respiro caldo si mescolava al mio, eppure avevo ancora bisogno di avvicinarmi.
“Cos’altro?” le chiesi.
“Vorreste una femmina che fa quello che le ordinate.”
“Solo a volte,” ribattei. “Come quando facciamo l’amore. Mi piace essere al comando in camera da letto. Chiedo molto, ma restituisco molto in cambio.”
I suoi occhi si spalancarono.
“In tutte le altre occasioni, voglio che la mia donna sia decisa.” Battei leggermente un dito sulla sua tempia. “Voglio che mi sfidi, facendomi delle domande.” Mossi il dito sulle sue labbra, tracciando il contorno della sua bocca fino a quando lei tremò per l’urgenza di essere baciata. Desiderava che lo facessi tanto quanto lo desideravo io. “Voglio che lei mi dica quando mi comporto come un coglione.”
“Ti stai comportando come un coglione,” sbottò, poi serrò la bocca con gli occhi spalancati.
L’espressione sul suo viso era così fottutamente adorabile che non potevo essere arrabbiato come lei chiaramente si aspettava che fossi. Invece, le mie guance si allargarono con un sorriso che non riuscivo a trattenere. Quando mai qualcuno mi aveva parlato così apertamente, a parte i miei uomini?
Una risatina mi risuonò nel petto mentre la musica che ballavamo sbiadiva. In risposta, anche il suo sorriso crebbe, fino a quando entrambi iniziammo a ridere di gusto. La sua risata aveva il suono delle campane mattutine che annunciavano l’alba.
Dannazione.
Se qualcuno mi avesse visto ora, in questo modo, si sarebbe chiesto se fossi impazzito. E forse era così. Ma la mia rosa mi faceva sentire…
Libero.
Libero, quando non sapevo nemmeno di essere in catene.
Sbatté le palpebre, il luccichio stuzzicante che svaniva dai suoi occhi finché non sembrò… triste. “Mi chiamo…”
Ma non volevo che si sentisse triste.
Non volevo che quel momento terminasse.
Volevo dimenticare il mio dovere e la mia posizione, ed essere libero ancora un po’.
Quindi la baciai.
La mia bocca si schiantò sulla sua, troppo rude all’inizio, ma lei non si ritrasse. E quando ansimò per la sorpresa, immersi la lingua dentro per ottenere finalmente il gusto per il quale mi stavo struggendo. Era più dolce del miele. Calda e sensuale, come l’estate che c’era prima che tutto al di là delle mura diventasse polvere.
Le sue mani si mossero dal mio petto per portarsi dietro il collo, incerte, all’inizio, ma quando le nostre lingue si intrecciarono e danzarono, divenne più audace, avvolgendomi le dita tra i capelli per chiedere di più. Per pretendere ciò che nessun’altra aveva mai osato chiedere.
Risposta semplice: le avrei dato ogni fottuta cosa.
Banchettando con la sua bocca calda, l’accompagnai fino alla mia scrivania, i suoi gemiti che mi guidavano per tutto il percorso. Interrompendo il bacio, le premetti le labbra sulla mascella e giù per la colonna del collo fino a quando non raggiunsi le deliziose curve che erano esposte nella parte superiore del suo vestito.
“Io… mio Signore… io…” Le sue parole erano affannose. Stava perdendo la testa tanto quanto me. “Sta… succedendo qualcosa .”
“Mmm, sì, mia rosa. Sta decisamente succedendo qualcosa.” Le sue unghie mi pizzicavano il cuoio capelluto mentre baciavo ogni centimetro della sua pelle esposta. “Sarai mia, stanotte.”
Un piagnucolio impotente le sfuggì di gola. E, per gli dèi, il suo profumo! Non riuscivo a saziarmi di quell’odore terroso che portava con sé l’aroma della cannella. Cos’era? Perché non lo avevo mai sentito prima?
Le sue mani bisognose cercavano avidamente la mia pelle, la desideravano. Ma, o non aveva familiarità nello spogliare un maschio o era troppo impaziente per liberarmi dei vestiti.
Entrambe le opzioni andavano fottutamente bene.
Slacciai la fibbia della mia uniforme e lasciai che si aprisse. La mia rosa mi premette i palmi sul petto, spingendosi in basso verso i miei addominali scolpiti. Quella carezza fu come volare in paradiso, e chiusi gli occhi per assaporarla a pieno.
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