Isabelle B. Tremblay - È L'Amore Che Ti Trova

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È L'Amore Che Ti Trova: краткое содержание, описание и аннотация

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Emma fatica a superare la sua ultima relazione sentimentale. Durante un viaggio di lavoro all'estero incontra due uomini: Ian, un artista bohémien e Gabriel, un medico piuttosto cartesiano. Emma fatica a superare la sua ultima relazione sentimentale. Durante un viaggio di lavoro all'estero incontra due uomini: Ian, un artista bohémien e Gabriel, un medico piuttosto cartesiano. Dopo un appuntamento mancato con l’artista, incontra il medico in una strana circostanza e si lascia attrarre in un'avventura occasionale con lui. Ian arriva a toccarle l'anima con la sua libertà di essere, mentre Gabriel la rassicura con il suo lato stabile e pratico. Dopo questo viaggio di lavoro, Emma torna a casa, determinata a riprendere la sua vita normale. È in tale momento che si rende conto di avere accidentalmente scambiato il suo telefono con quello di Gabriel e scopre le ripercussioni di una connessione che riteneva effimera e senza conseguenze… Dovrà allora affrontare le sue ferite più profonde per poter finalmente liberarsene. E se le apparenze non fossero ingannevoli? E se, attraverso tutta questa storia, l'amore fosse davvero in fondo al cammino? PUBLISHER: TEKTIME

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“Grazie mille”, mormorò lei.

“Se la caverà?”

La donna le sorrise, poi la abbracciò premendola contro di sé per alcuni secondi prima di baciarla sulla guancia e allontanarsi. Il suo respiro puzzava di alcol, il che fece fare una smorfia a Emma.

“Va tutto bene, Emma”, rispose infine, trovando la direzione del letto, impeccabilmente fatto, per sdraiarsi vestita.

Emma si avvicinò per assicurarsi un’ultima volta che la donna stesse bene, ma stava già russando. Tirò su una delle coperte e la pose su Candice, che socchiuse gli occhi per alcuni istanti prima di richiuderli, con un sorriso sulle labbra. Andò a mettere la borsa di Candice su una poltrona nell’angolo della stanza. Poi si diresse verso l’uscita e spense la luce lasciando immediatamente l’area. Dopo aver composto il suo numero di piano si appoggiò alla parete. La porta si chiuse e lei chiuse gli occhi finché l’ascensore non si fermò e lasciò entrare Gabriel Jones. Nonostante l’evidente stanchezza sul viso, l’uomo sorrise calorosamente a Emma.

“Le due quebecchesi, giusto?” disse con un sorrisetto agli angoli della bocca che sciolse la giovane donna.

Emma annuì e ricambiò il sorriso. L’uomo si ricordava di lei e le aveva anche rivolto la parola, cosa che non aveva fatto durante il loro breve incontro mattutino. Ne rimase colpita.

“Grande serata?” chiese timidamente sorridendogli.

“Sì. Chi avrebbe mai detto che un seminario potesse essere ancora più estenuante che fare ventiquattro ore al pronto soccorso?” reagì lui in tono ironico.

“Lei è un medico?”

Le stava per rispondere quando l’ascensore fece uno strano rumore e si fermò improvvisamente durante la discesa. Emma fu proiettata, suo malgrado, verso Gabriel e lo spinse involontariamente contro la parete alla sua sinistra. Farfugliò delle scuse, annusando en passant il profumo fresco e vivo che emanava, piacevolissimo alle narici. Il suo odore fece affiorare in lei l’immagine di un insegnante di francese del liceo che portava un profumo simile e per il quale aveva avuto una cotta passeggera. Si allontanò rapidamente dall’uomo, confusa.

“Sta bene?” chiese lui preoccupato.

“Sì, sorpresa, ma sto bene. Credo che l’ascensore ci abbia lasciati a piedi”, rispose Emma arrossendo.

Gabriel prese il telefono rosso per le emergenze e compose il numero di servizio per notificare il guasto. Scambiò qualche frase, poi riattaccò.

“Penso che rischiamo di passare molto tempo qui”, disse, “c’è un ragazzo nuovo alla reception e sembrava completamente perso. Richiederà assistenza immediata.”

Emma respirò lentamente. Cercava di mantenere la calma nonostante il panico che stava crescendo in lei. Ritrovarsi in un posto chiuso e senza via d’uscita la rendeva un po’ nervosa.

“Con un po’ di fortuna, potrebbe essere solo un piccolo guasto…”

“Lo spero. Ho un aereo domattina molto presto per tornare a casa. Non che non sia contento di essere bloccato qui con una signorina così graziosa”, disse Gabriel con un sorriso seducente.

Non volendolo, Emma rise al commento, ma preferì non dire nulla. Doveva essere un donnaiolo, vista la sua abilità nel parlare. Continuava a sentire il disagio di essere bloccata in un ambiente senza finestre e senza possibilità d’uscita. Imitò Gabriel quando lui decise di sedersi per terra e usare il telefono per controllare le sue e-mail. Udì la suoneria del suo e si mise a cercare in fondo alla borsa per trovarlo, togliendo nel frattempo alcuni oggetti strani che normalmente non si trovano nella borsa di una donna, sotto lo sguardo divertito del suo compagno d’ascensore. Quando finalmente mise le mani sul cellulare, notò un messaggio lasciato da Ian, che si affrettò a leggere. « Mi dispiace per stasera. Un’emergenza. I miei pensieri erano con te. Baci.» Emma fece una smorfia senza rendersene conto.

“Cattive notizie?”

“No, per niente. Qualcuno che mi ha dato buca e si è scusato.”

“Meglio tardi che mai, direi. Non è molto bello far aspettare qualcuno.”

Emma mantenne il suo sguardo su Gabriel. Lo trovava molto piacevole da contemplare e, all’opposto di Ian, sembrava un tipo piuttosto serio. Indossava un completo nero. Aveva aperto i primi tre bottoni della camicia e sciolto il papillon. Un chiaro segno che la sua serata era terminata. Fissò per un attimo la piccola cicatrice che aveva sulla fronte. Una linea dritta, orizzontale, sopra il suo occhio sinistro. Si chiese come se la fosse fatta. Pensò che probabilmente anche quello era stato giocando a hockey. Cosa che trovò esilarante, poiché non sapeva nemmeno se si interessasse di quello sport o se lo avesse mai praticato. Emma si divertiva immensamente a lavorare con la fantasia. Non che vivesse in un mondo parallelo, ma era nella sua indole inventare storie che finiva per mettere sulla carta. Per il piacere di creare aneddoti e personaggi più vivi di quelli reali.

“Credo nelle seconde possibilità”, gli rispose tornando a guardare il suo telefono per leggere il secondo messaggio che aveva ricevuto.

“Ci credo anch’io. La vita spesso ci offre più di una chance, ma sovente sono le persone a non saperne fare buon uso”, rispose lui. Poi decise di cambiare argomento: “Come sta la signorina Riopel?” ponendo il telefono al proprio lato.

“Charlotte?”

Emma sentì affiorare una punta di gelosia. Era peraltro normale: gli uomini continuavano a ricordarsi di Charlotte. Le chiedevano regolarmente il suo numero di telefono, se avessero qualche possibilità o se frequentasse qualcuno. Anche se amava molto la sua migliore amica, a volte ciò diventava pesante. Anche lei avrebbe voluto suscitare l’interesse degli uomini. D’altra parte, era consapevole che la sua amica emanava un’aura di sesso, di piacere senza vincoli e spesso quello era tutto ciò che un uomo comune voleva. In quel campo avrebbe sempre vinto. Ma sapeva anche che la forza di Charlotte poteva essere una debolezza. Lei, Emma, era più mite, più discreta, mirava a relazioni più serie e non faceva a gara sul numero di amanti che passavano per il suo letto.

“Sì, Charlotte. Abbiamo passato un momento piacevole insieme, ieri sera. È riuscita a divertirmi con la sua vivacità di spirito e il suo umorismo…”

Emma sospirò e posò il telefono vicino a sé guardando Gabriel. Lui aspettò, osservandola attentamente.

“Presumo che stia bene. Almeno stava bene l’ultima volta che le ho parlato. Vuole che le dia il suo numero, immagino.”

Emma sapeva che Charlotte accettava i numeri degli altri e raramente dava il suo.

Le sue parole erano uscite d’impulso, senza che le potesse soppesare prima. Gabriel assunse un’aria perplessa e immerse il suo sguardo, ora divertito, in quello della sua compagna di ascensore. Capiva di aver toccato un tasto delicato senza volerlo.

“È carino da parte sua, ma no, grazie. Quando voglio il telefono di una ragazza glielo chiedo direttamente. Non sono un adolescente, le donne non mi spaventano. Lei, Emma, ha un fidanzato?”

Gabriel la guardò più intensamente. Quando il suo sguardo si posò sulla sua bocca, leggermente carnosa, sorrise per la buffa espressione imbronciata che aveva assunto. Capì che era dovuta all’irritazione di averlo sentito chiedere di Charlotte. Aveva solo chiesto educatamente notizie per riempire una conversazione tra due estranei costretti a condividere uno spazio così ristretto. Anche se le due donne dovevano essere molto amiche, aveva intuito che c’era una piccola rivalità tra loro. Charlotte era riuscita a ravvivare la sua attenzione il giorno prima, ma trovava Emma molto più attraente e interessante. Aveva un aspetto misterioso e serio che meglio corrispondeva alla sua natura. Sprigionava qualcosa di più profondo, meno superficiale, che lo spingeva a voler sapere di più sul suo conto. Sembrava anche avere una personalità più simile alla sua di quella di Charlotte.

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