Anne Rice - Scelti dalle tenebre

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Scelti dalle tenebre: краткое содержание, описание и аннотация

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Il libro racconta la storia del vampiro Lestat, da aristocratico raffinato nella Francia prerivoluzionaria allo stile rock di New Orleans degli anni ’80, scavando attraverso le sue molte differenti esistenze e indagando il mistero della sua persona unica e infinita

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«Oh, no, Lestat. Non portare con te questa preoccupazione. Ha fatto altre volte cose come questa, ogni tanto. Non sa ciò che fa, in realtà. Ne sono convinto. Sa soltanto che qualcuno s’era messo tra lui e Akasha. Basta un po’ di tempo perché si rimetta.»

Di nuovo quella frase: «Si rimetta».

«E lei sta seduta come se non si fosse mai mossa, vero?» chiesi.

«Voglio che te ne vada ora, in modo da non provocarlo», disse Marius. Mi condusse fuori della casa, verso la scalinata nella roccia, e continuò a parlare.

«La nostra capacità di muovere gli oggetti con la mente, incendiarli o causare gravi danni con il solo potere del pensiero, non si estende molto al di là del punto in cui ci troviamo fisicamente. Perciò voglio che te ne vada da qui stanotte, e che vada in America. Tornerai a me quando lui non sarà più agitato e non ricorderà più; io non avrò dimenticato nulla e ti aspetterò.»

Quando arrivammo al ciglio della scogliera, vidi la galea nel porto. La scalinata sembrava impossibile, ma non lo era. L’impossibile era lasciare Marius e l’isola in quel momento.

«Non è necessario che scenda con me», dissi prendendo la sacca. Mi sforzavo di non tradire l’amarezza e l’avvilimento. Dopotutto, ero stato io a causare tutto. «Preferirei non piangere di fronte ad altri. Lasciami qui.»

«Vorrei che avessimo potuto trascorrere insieme altre notti», disse Marius. «Per considerare con calma ciò che è successo. Ma il mio amore ti accompagna. E cerca di ricordare le cose che ti ho detto. Quando c’incontreremo ancora avremo molto da dirci…» S’interruppe.

«Cosa c’è, Marius?»

«Sii sincero», mi chiese. «Ti dispiace che sia venuto a cercarti al Cairo e che ti abbia portato qui?»

«Come potrei?» dissi. «Mi dispiace andarmene, ecco. E se non potessi più trovarti o tu non potessi trovare me?»

«Quando verrà il momento, ti troverò», disse Marius. «E ricorda sempre: hai il potere di chiamarmi, come prima. Quando sento quel richiamo, posso superare ogni distanza per rispondere… una distanza che da solo non potrei valicare. Se sarà il momento, risponderò. Puoi esserne sicuro.»

Annuii. C’erano troppe cose da dire, e non pronunciai una parola.

Ci scambiammo un lungo abbraccio. Poi mi voltai e incominciai la discesa. Sapevo che avrebbe capito perché non mi voltavo.

17.

Non sapevo quanto desiderassi «il mondo» fino a che la mia nave non risalì finalmente il fangoso Bayou St. Jean, per raggiungere la città di New Orleans, e vidi contro il cielo luminoso il nero profilo irregolare della palude.

Il fatto che nessuno della nostra specie fosse mai penetrato in quella terra selvaggia mi eccitava e mi avviliva al contempo.

Prima che sorgesse il sole, quella mattina, mi ero innamorato della campagna bassa e umida come mi ero innamorato del caldo secco dell’Egitto; e con il passare del tempo finii per amarla più di qualunque altro posto al mondo.

Lì gli odori erano così forti che si sentiva quello crudo e verde delle foglie assieme a quello dei fiori rosa e gialli. E il grande fiume bruno, che scorreva davanti alla misera Piace d’Armes e alla piccola cattedrale, eclissava ogni altro fiume favoloso che avessi visto.

Ignorato e indisturbato, esploravo la piccola colonia con le vie fangose e i marciapiedi di legno e i luridi soldati spagnoli. Mi perdevo nelle pericolose baracche del porto, piene di battellieri che giocavano d’azzardo e si azzuffavano e di deliziose donne caraibiche, e uscivo per vedere il bagliore silenzioso del lampo, udire il rombo sordo del tuono, sentire il tepore serico della pioggia estiva.

I tetti bassi delle casette splendevano sotto la luna. La luce si rifletteva sui cancelli di ferro delle belle case spagnole, dietro le tende di pizzo appese all’interno delle vetrate pulitissime. Io camminavo tra i rozzi bungalow sparsi sulle banchine, sbirciavo dalle finestre i mobili dorati e gli ornamenti smaltati della ricchezza e della civiltà che in quel luogo barbaro sembravano inestimabili e un poco tristi.

Ogni tanto appariva una visione: un gentiluomo francese con la parrucca bianca e la giacca elegante, con la moglie in crinolina, e uno schiavo negro che reggeva per loro le scarpe pulite, sopra il torrente di fango.

Sapevo di essere giunto nell’avamposto più remoto del Giardino Selvaggio; sapevo che quello era il mio paese e che sarei rimasto a New Orleans, se New Orleans ce l’avesse fatta a continuare a esistere. Ciò che soffrivo poteva essere attenuato in quel luogo senza leggi; ciò che desideravo poteva darmi un piacere più grande, quando l’avessi avuto nella mia stretta.

E vi furono momenti, nella prima notte, in quel piccolo paradiso fetido, in cui pregai perché, nonostante tutti i miei poteri segreti, potessi essere in qualche modo affine a tutti i mortali. Forse non ero il reietto esotico che avevo immaginato, ma solo il cupo potenziamento di ogni anima umana.

Vecchie verità e antica magia, rivoluzione e invenzione cospirano per distrarci dalla passione che in un modo o nell’altro ci sconfigge tutti.

E alla fine, stanchi di questa complessità, noi sogniamo di quel tempo remoto in cui sedevamo sulle ginocchia di nostra madre e ogni bacio era la consumazione perfetta del desiderio. Cosa possiamo fare, se non cercare l’abbraccio che ora deve racchiudere il paradiso e l’inferno: il nostro destino inevitabile?

Epilogo

Intervista col Vampiro

1.

E così sono arrivato alla conclusione dell’educazione e delle prime avventure del vampiro Lestat, il racconto che ho deciso di fare. Avete la descrizione della magia e del mistero del Vecchio Mondo che, nonostante tutte le proibizioni e le ingiunzioni, ho deciso di trasmettere ad altri.

Ma la mia storia non è finita, anche se sono riluttante a continuarla. E devo considerare, almeno brevemente, gli eventi dolorosi che mi portarono alla decisione di sprofondare sottoterra nell’anno 1929.

Erano passati centoquarant’anni da quando avevo lasciato l’isola di Marius, E non lo avevo più rivisto. Anche Gabrielle era andata completamente perduta. Era sparita quella notte al Cairo, e, a quanto mi risultava, non ne sapeva più nulla nessuno, mortale o immortale.

E quando discesi nella mia tomba, nel secolo ventesimo, ero solo e stanco e gravemente ferito nel corpo e nell’anima.

Avevo vissuto la «mia vita intera» come mi aveva consigliato Marius. Ma non potevo rimproverare lui per il modo in cui l’avevo vissuta e per gli errori terribili che avevo commesso.

Era stata la volontà a condizionare la mia esperienza più di ogni altra caratteristica umana. E, nonostante i consigli e le predizioni, andavo in cerca di tragedie e disastri come ho sempre fatto. Tuttavia ebbi le mie ricompense, non posso negarlo. Per quasi settant’anni ebbi i miei vampiri novizi Louis e Claudia, due degli immortali più splendidi che avessero mai camminato sulla terra, e li ebbi alle mie condizioni.

Poco dopo aver raggiunto la colonia, mi innamorai fatalmente di Louis, un piantatore borghese giovane e bruno, garbato nel linguaggio e schizzinoso nei modi, che per cinismo e autodistruttività sembrava il gemello di Nicolas.

Aveva la cupa intensità di Nicki, il suo spirito ribelle, la sua capacità tormentata di credere e di non credere e di disperare.

Tuttavia Louis acquisì su di me un potere assai più grande di quello di Nicolas. Anche nei momenti più crudeli, Louis accendeva in me la tenerezza, mi seduceva con la sua fiducia, l’infatuazione per ognuno dei miei gesti, per ognuna delle mie parole.

E la sua ingenuità mi conquistava sempre, la sua strana convinzione borghese che Dio continuasse a essere Dio anche se ci voltava le spalle, che dannazione e salvezza segnassero i confini di un mondo piccolo e privo di speranze.

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