“Tu raccontami solo tutta la storia”, disse lei. “Penserò io al resto.”
Lui annuì e trasse un profondo respiro. Ora le fiamme ardevano gialle e bianche e il loro calore faceva tremolare l’aria tra Rachel e Galilee.
“Penso che dovrei iniziare da Cesaria”, disse lui; e cominciò.
Nessuno conosce tutta la storia, naturalmente; nessuno può conoscerla. Forse non esiste niente di completo; solo le macerie celebrate da Eraclito. All’inizio del libro, vi ho promesso che vi avrei raccontato tutto, e ho fallito. Ora Galilee ha fatto la stessa promessa ed è destinato a fallire proprio come me. Ma ormai ho capito che, dal momento che non c’è modo di creare qualcosa che non abbia difetti, bisogna tenere a mente due punti fondamentali: primo, non rimproverarsi per ciò che dopotutto è inevitabile; secondo, cercare di vedere in modo diverso la nostra perfezione fallita, di considerarla forse come qualcosa di più vero perché allo stesso tempo racchiude la nostra ambizione e la rovina di quell’ambizione, la fine dell’ordine e la scoperta — nel momento della disperazione — che la bestia che sta inseguendo la bella possiede a sua volta una forma di bellezza.
Così Galilee cominciò a raccontare la sua storia, e anche se Rachel gli aveva chiesto di raccontare tutto e anche se lui voleva davvero raccontarle tutto, non poté darle altro che le parti che riusciva a ricordare di quel particolare giorno, in quella particolare ora. Non tutto. Neanche lontanamente tutto. Solo schegge e frammenti; quell’universo migliore fatto di macerie.
Galilee incominciò, come aveva detto, con Cesaria.
“Hai già conosciuto mia madre”, disse a Rachel, “così hai già visto un po’ di quello che è. Penso che nessuno abbia mai visto di più: un po’. Fatta eccezione per mio padre Nicodemus…”
“E per Jefferson?”
“Oh, ti ha raccontato di lui?”
“Non nei particolari. Ha solo detto che ha costruito una casa per lei.”
“Infatti. È una delle più belle case del mondo.”
“E mi ci porterai?”
“Non sarei il benvenuto.”
“Forse adesso sì”, suggerì Rachel.
Lui la guardò attraverso le fiamme. “È questo che vuoi? Andare a casa e conoscere la mia famiglia?”
“Sì. Mi piacerebbe molto.”
“Sono tutti pazzi”, l’avvertì lui.
“Non possono essere peggio dei Geary.”
Lui scrollò le spalle, concedendole quel punto. “Allora andremo, se è questo che vuoi”, le disse.
Rachel sorrise. “Be’, questo è stato facile.”
“Pensavi che avrei detto di no?”
“Pensavo che ti saresti opposto strenuamente.”
Galilee scosse la testa. “No”, disse, “è tempo per me di fare pace. O almeno che ci provi. Nessuno di noi vivrà per sempre. Nemmeno Cesaria.”
“A casa di Cadmus, ha detto che si sentiva vecchia e stanca.”
“Penso che ci sia una parte di lei che è sempre stata vecchia e stanca. E un’altra parte che rinasce ogni giorno.” Rachel sembrò confusa, così Galilee continuò: “Non so spiegarlo meglio di così. Mia madre è un mistero per me come lo è per tutti. Compresa lei stessa. È un ammasso di contraddizioni”.
“Una volta mi hai detto, mentre eravamo in barca, che tua madre non ha genitori.”
“Per quanto ne so è così. E neanche mio padre li aveva.”
“Com’è possibile? Da dove sono venuti?”
“Dalla terra, dalle stelle.” Scrollò le spalle. L’espressione sul suo volto faceva capire che per lui quel mistero era così irrisolvibile che non valeva nemmeno la pena di pensarci.
“Ma Cesaria è molto antica”, disse Rachel. “Questo lo sai.”
“Veniva adorata prima che Cristo nascesse, prima che Roma venisse fondata.”
“Quindi è una specie di dea.”
“Questo non significa più molto ormai, giusto? È Hollywood a creare le divinità, oggigiorno. Non è diffìcile.”
“Ma mi hai appena detto che veniva adorata.”
“Ed è possibile che lo sia ancora in alcune parti del mondo. Aveva molti templi in Africa. I missionari ne hanno distrutti parecchi, ma le cose non muoiono mai completamente. Una volta, in Madagascar, ho visto una statua che rappresentava Cesaria. Era strano vedere della gente che adorava l’immagine di mia madre. Avrei voluto dire loro: non sprecate le vostre preghiere. So per esperienza che non le ascolterà. Non ha mai ascoltato nessuno in vita sua, tranne suo marito. Aveva reso la vita di mio padre un tale inferno che lui ha preferito morire piuttosto che restare con lei. O almeno ha finto di morire. Penso che la sua morte sia stata una messinscena. Per potersene andare.”
“E allora dov’è adesso?”
“Nel luogo da cui è venuto, probabilmente. Nella terra. Nelle stelle.” Trasse un profondo respiro. “So che è diffìcile per te. Vorrei poterti rendere le cose più facili, ma non sono un grande esperto quando si tratta della mia famiglia. Noi diamo per scontato ciò che siamo, come voi date per scontata la vostra umanità. E dopotutto non siamo poi così diversi. Mangiamo, dormiamo, stiamo male se beviamo troppo. Almeno, per me è così.”
“Ma voi siete in grado di fare cose che il resto di noi non potrebbe mai fare”, disse Rachel.
“Non molte”, replicò Galilee.
Alzò le mani e le fiamme si sollevarono come un cane obbediente. “Naturalmente, abbiamo più potere insieme — tu e io — di quanto ne abbiamo quando siamo divisi. Ma forse questo è sempre stato vero per gli amanti.”
Rachel non disse niente; rimase a scrutare il volto di Galilee attraverso le fiamme.
“Cos’altro posso dirti?” continuò lui. “Be’… mia madre può scatenare tempeste. Ha evocato la tempesta che mi ha riportato qui. E può inviare la sua immagine dove desidera. Credo che potrebbe andare a sedersi sulla luna, se solo lo volesse. Può togliere la vita così…” schioccò le dita “… e penso che probabilmente potrebbe anche darla, anche se non è nella sua natura. Ai suoi tempi è stata una donna molto violenta. Per lei uccidere è facile.”
“Per te no.”
“No, infatti. Posso farlo se devo, se ho accettato di farlo, ma non mi piace. Mio padre era come me. Gli piaceva il sesso. Quella era la sua più grande ossessione. Nemmeno l’amore. Il sesso. Scopare. Ho visto qualcuno dei suoi templi, e devo dirti che erano davvero spettacolari. Statue di mio padre che si mostrava orgogliosamente. A volte anche solo una statua del suo cazzo.”
“Così l’hai ereditato da lui”, disse Rachel.
“Il cazzo?”
“L’amore per il sesso.”
Galilee scosse la testa. “Non sono un grande amante. Non come lui. Potrei stare in mare per mesi senza pensare al sesso.” Sorrise. “Naturalmente, quando sono con qualcuno, be’, questa è un’altra storia.”
“No”, ribatté Rachel. “È la stessa storia.” Lui si accigliò, perplesso. “Racconti sempre la stessa storia”, continuò lei, “sul tuo paese inventato…”
“Come lo sai?”
“Perché l’ho riconosciuto quando l’ho sentito descrivere.”
“E da chi? Da Loretta?”
“No.”
“Da chi allora?”
“Da una delle tue vecchie conquiste”, rispose Rachel. “Il capitano Holt.”
“Oh…” disse Galilee dolcemente. “Come hai saputo di Charles?”
“Dal suo diario.”
“Esiste ancora, anche dopo tutti questi anni?”
“Sì. Mitchell me lo ha portato via. Ma penso che adesso sia nelle mani di suo fratello.”
“Questo è davvero un guaio.”
“Perché?”
“Perché penso che descriva il modo per arrivare all’Enfant. Lo avevo spiegato a Charles e lui deve averlo trascritto.”
“Perché lo hai fatto?”
“Perché ero malato e temevo che avrei perso i sensi prima che potessimo arrivarci. Sarebbero morti cercando di trovare l’entrata senza il mio aiuto.”
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