Le dita di Rudy sfiorarono distrattamente la lana ammuffita della coperta.
«Pensi di correre questo rischio?»
«Non lo so», ammise calmo Ingold. «Ma mi dispiacerebbe scoprirlo. Il saggio si difende per non essere mai attaccato.»
«Quello che hai fatto la notte scorsa la chiami difesa?»
Ingold sorrise dolcemente.
«Quella è stata un’eccezione», si scusò. «E, tra l’altro, inevitabile. Sapevo che potevo tenere il Buio lontano da Tir e trattenerlo fin quando voi non aveste raggiunto i cancelli. Non erano rimasti molti guerrieri, anche se avevano ancora forza sufficiente per lanciare dei controincantesimi su di me.»
«Non capisco», disse Gil gettandosi la treccia dietro le spalle. «So che non ce n’erano molti, ma perché ci hanno lasciato andare? Hanno seguito Tir fino da Karst, e sanno certamente com’è il Torrione, per cui erano senza dubbio consci che quella della notte scorsa era l’ultima possibilità rimasta loro di riuscire a prenderlo. Eppure si sono voltati e si sono scagliati su di te. Perché?»
Ingold non rispose subito. Era rimasto a guardare la spirale del vapore che saliva dalla sua tazza con il viso calmo e improvvisamente vecchio e stanco. Poi i suoi occhi cerchiati si spostarono per guardarla in viso.
«Ricordi quando mi ero quasi perso nelle Volte a Gae? Quando mi tirasti su dalle Scale del Buio?»
Gil annuì senza dire una parola. Era stata la prima volta che aveva tenuto una spada in mano. Ritornò con la memoria a quel momento: il vecchio in piedi sulle scale, lontano da lei, che stava ascoltando un rumore che la ragazza non era riuscita a sentire… e la luce bianca del suo bastone che si spandeva tutt’intorno. Era stato l’ultimo giorno della Gil studentessa ed ora, ripensandoci, le sembrò effettivamente di essere stata un’altra persona, un’estranea. Il ricordo di se stessa, sola, armata di uno spadone preso in prestito e di una torcia fumosa, che si spingeva contro gli eserciti del Buio, le fece tremare la gola e si sentì leggermente soffocare per la commozione.
Ingold continuò:
«Allora immaginai — e ora lo so per certo — che non è soltanto Tir il loro obiettivo. Oh, lo prenderanno se ci riusciranno. Ma, dovendo scegliere come hanno fatto la notte scorsa, ho compreso che vogliono me!»
«Te?», esclamò Rudy.
«Sì.»
Il Mago sorseggiò ancora un po’ della bevanda calda, poi mise via la tazza. Da dietro la tenda si udì la voce stentorea di Gnift che stava informando qualche povero allievo di aver tenuto una posizione appena peggiore di quella di un pattinatore sul ghiaccio con le gambe irrigidite.
«Evidentemente posso causare loro fastidi maggiori di quelli che potrebbe procurare Tir. Lo sospettavo già da prima ma, dopo quanto è successo, non possono esserci altre spiegazioni.»
«Ma… come è possibile? Se hai sempre detto che la tua Magia non può toccarli!», disse Rudy ansioso. «Per loro non sei altro che uno spadaccino qualsiasi. Tu non sai nulla sul Tempo del Buio che non sappia qualcun altro. È o non è Tir, Colui Che Può Ricordare?»
«Me lo sono chiesto anch’io», replicò Ingold pensieroso. «È evidente che conosco qualcosa di cui non sono ancora pienamente conscio. Qualche indizio che non ho ancora afferrato. Loro sanno cos’è, e temono che io possa arrivarci.»
Rudy rabbrividì.
«E allora, cosa pensi di fare?»
Il Mago alzò le spalle.
«Cos’altro posso fare? Prendere alcune precauzioni elementari. Ma potresti anche riconsiderare la tua offerta di accompagnarmi a Quo.»
«Chi altro può andare?», disse Ingold. «Se avessi avuto paura di essere ucciso, non mi sarei ficcato in questa storia, in primo luogo! Sarei rimasto a Gettlesand a coltivare rose e a formulare oroscopi. No… tutto quello che posso fare adesso, è stare il più vicino possibile ai Guerrieri del Buio e sperare di capire qual’è questa cosa che può farci vincere la guerra, prima che loro mi acchiappino.»
«Sei pazzo!», affermò categoricamente Rudy.
Ingold tornò a sorridere.
«Veramente, Rudy, penso che abbiamo definito già da un bel po’ di tempo il problema del mio equilibrio mentale.»
«Sei ancora più pazzo», esclamò Rudy gesticolando. «Tu, Gil, le Guardie… Ma com’è che finisco sempre con il circondarmi di pazzi?»
Il vecchio si mise comodo sotto le coperte e riprese il suo tè. Il vapore si alzò a spirale sul suo viso come il fumo da un altare.
«La domanda è la risposta, Rudy… sempre ammesso che tu voglia una risposta accondiscendente…»
Considerando le cose, Rudy non si sentì del tutto sicuro che lui non lo facesse. E si allontanò con quel dubbio.
Alde lo stava aspettando nella stanza accanto. La maggior parte delle Guardie se ne era andata. Oltre l’arco scuro e stretto della porta si poteva ancora udire la voce di Janus che continuava a discutere con i mercanti. In un angolo, il Falcone di Ghiaccio si era addormentato rilassato e rannicchiato come un gatto. Erano finalmente soli.
«Alde…», iniziò a dire Rudy, e lei si alzò dal lettino dov’era seduta mettendogli un dito sulle labbra.
«Ho sentito», disse dolcemente.
«Ascolta…», cercò di spiegarle.
Ancora una volta lei lo zittì.
«Naturalmente tu andrai con lui.» Le sue dita si strinsero fredde e morbide, tra le sue. «C’è qualche problema che ti impedisce di andare?»
Rudy sorrise, ricordando le sue apprensioni.
«No, per quanto mi riguarda. Ma ho avuto paura che tu non mi avresti capito.»
Stettero insieme come lo erano stati sulla strada quando si erano abituati a dividersi un mantello durante i lunghi turni di guardia. Pian piano il luccichio giallo del fuoco scemò, lasciandoli al buio, e Rudy continuò a respirare l’odore di erbe intrecciate che veniva dai suoi capelli.
«Non pensavo che qualcuno potesse capire. Forse perché sono io il primo a non capire cosa mi spinga a quest’impresa.»
Alde ridacchiò.
«È il tuo Maestro, Rudy. E tu hai bisogno di imparare. Anche se volessi, non riuscirei ad impedirtelo.»
Eppure la sua stretta nell’ombra rivelava un’apprensione che smentiva in qualche modo le sue parole.
Noi tutti facciamo delle scelte , pensò Rudy, e scostò la cortina dei suoi capelli per baciarla. Se tu dovessi scegliere tra me e Tir, so benissimo a chi toccherebbe rimanere al freddo… Anche lei aveva le sue priorità negli affetti…
I tizzoni del focolare scricchiolarono un poco e poi si spensero del tutto cancellando con l’oscurità anche quel po’ di penombra che era rimasta.
Dall’esterno della stanza giunse alle loro orecchie un mormorio costante di voci simile a quello dell’acqua in un ruscello. Rudy si era già quasi abituato al Torrione, ai muri, alle ombre, agli odori. Poteva sentire il peso di quella montagna di pietra che premeva intorno a loro col peso di migliaia di anni di storia.
Non appena la baciò di nuovo però, si ritrovò a pensare che quell’immobilità e quel silenzio avevano anche un aspetto benefico, tranquillizzante.
Il respiro di Alde era un sussurro contro le labbra del giovane.
«Capisco Rudy, ma questo non mi impedirà di sentire la tua mancanza.»
Lui la strinse forte tra le braccia. Gli ritornarono alla mente frammenti di conversazioni, cose dette secoli prima, a Karst o nei campi notturni durante quella marcia estenuante. Lei aveva perso il mondo che conosceva e tutti quelli che aveva amato, eccetto suo figlio… Ora anche lui si allontanava, la stava lasciando. Eppure non aveva detto: Non andare…
Che genere di amore poteva comprendere quel bisogno e cercare di rendere la separazione meno dura? Certo nessuno di quelli che lui aveva conosciuto…
Alde, sei una donna che non si trova da nessuna altra parte, una su un milione… Avrei voluto che tu non fossi stata la Regina… Così, forse ti avrei convinto a seguirmi portando con te Tir…
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