I Guerrieri del Buio scomparvero così come erano apparsi e Rudy, affannato, si appoggiò al bastone per sorreggersi, tenendo Alde semisvenuta con l’altro braccio. Si chiese se avrebbe avuto la forza di trascinarla fino al Torrione. Anche se erano arrivati a meno di un miglio, il bagliore dei fuochi della costruzione nella quale avrebbero trovato rifugio sembravano ancora lontanissimi, e si riusciva a malapena a scorgerlo tra la bruma nebulosa che riempiva l’aria.
Le Guardie si riunirono ancora.
«Ora», esclamò Ingold. «È il momento di correre… veloci!»
«Ci hanno accerchiati!», osservò spaventato Janus. «Non ci lasceranno mai passare!»
Il Mago ansimava per lo sforzo, e la luce magica mise in risalto le sue mani escoriate e sporche di fanghiglia.
«Vi lasceranno passare se lo farete ora!»
«Non possiamo lasciarti qui!», gridò Janus.
«Fate come vi dico!», tuonò Ingold, e Rudy si ritrasse, colpito dalla sua furia. Il Mago brandì la spada facendola roteare in un cerchio luminoso. «Andate!»
Janus lo guardò per qualche istante, quasi stesse pensando di disobbedirgli. Poi si girò di scatto e si immerse nella neve che turbinava nell’oscurità. Dopo una breve pausa, anche Rudy e gli altri lo seguirono trascinando Minalde con l’aiuto di Gil.
Rudy camminava e al tempo stesso poteva percepire gli Incantesimi del Buio che si allontanavano dalla luce generata dal suo bastone, e si accorse che quella forza maligna si stava velocemente dirigendo altrove quasi avesse trovato un bersaglio più appetibile.
Guardando dietro di sé, scorse Ingold fermo nello stesso punto in cui l’avevano lasciato, una figura buia circondata da un’aureola luminosa di luce, il capo teso ad ascoltare i rumori della notte, con le nocche ferite da cui cadevano piccole gocce di sangue che macchiavano la neve a terra.
Il Mago aspettò che il piccolo manipolo si fosse allontanato, poi Rudy, girandosi di nuovo, lo vide gettare il bastone nella neve.
La luce si spense, e la lama della spada di Ingold formò un’arco fosforescente di fuoco nel buio.
Rudy seppe che i Guerrieri del Buio si erano avventati sul vecchio…
Corsero.
Tir aveva iniziato a lamentarsi con piccole grida soffocate dalla paura e dalla stanchezza. Non c’erano altri rumori; oltre la spalla di Alde il volto di Gil era pallido e tirato, una maschera di dolore dagli occhi spalancati.
I cancelli luminosi sembravano quasi irraggiungibili, anche se ora si poteva distinguere chiaramente la gente radunata sulla soglia, intorno ai grandi falò; alle spalle di quelle persone, i Segni Runici dell’Autorità e della Legge splendevano come insegne luminose.
Uno di quegli uomini era certamente Tomec Tirkenson; la figura più piccola e magra forse era quella ascetica del Vescovo Govannin. C’era però qualcosa di sbagliato nella percezione della distanza che divideva il gruppetto dalla salvezza…
L’aria era immobile: non si muoveva, e non si sentiva nemmeno la sensazione della vicinanza del Buio… c’era di sicuro qualcosa che non andava, ma forse era l’effetto della forza di Rudy che stava di nuovo scemando.
I Guerrieri del Buio li stavano certamente seguendo aspettando il momento giusto per colpirli. Rudy tornò a voltarsi, e scorse in lontananza il vorticare luminoso della spada di Ingold nell’oscurità. Si chiese perché il vecchio Mago li avesse mandati via.
Chissà se riusciremo davvero a raggiungere le porte prima che quelle diaboliche creature ci saltino addosso…
In quel momento gli sembrò di muoversi in un vero e proprio mare di fango appiccicoso che impediva i movimenti e li costringeva a lottare per rimanere in piedi.
Alle loro spalle in quell’istante, giunse il vento. Non era quello malsano e fetido del Buio, ma quei venti di tempesta che ben conoscevano. Si ritrovarono immediatamente coperti di neve, e l’ululato di quell’aria gelida sembrava quello di un intero branco di lupi che stesse per finire la propria preda.
Quel vento era dotato di una forza del tutto particolare: li faceva barcollare come tante marionette, li accecava con una gioia che si faticava a non definire selvaggia e maligna.
Rudy tirò avanti fissando l’oscurità spessa ed interminabile della parete di roccia che dominava la valle, mentre il vento aiutava il suo fuoco magico trasformandolo in una fiamma alta trenta piedi. Inciampò in qualcosa nell’oscurità e cadde; il braccio di Alde gli sfuggì di mano. Alzando gli occhi, vide le porte luminose a pochi metri: aveva inciampato proprio sugli scalini. Gil scattò avanti trascinando Alde circondata da un turbine di vento e di fuoco: l’aria unì i loro capelli neri in un’unica nuvola tempestosa.
Qualcuno gli si avvicinò, lo sollevò e lo portò via da quell’inferno bianco. Stanco morto e sul punto di svenire, Rudy riuscì a vedere che la mano che lo sorreggeva era coperta da un guanto di velluto nero sul quale brillavano rubini simili a gocce di sangue appena versato.
Quando la vista gli si schiarì, si ritrovò sul pavimento all’interno delle porte, mezzo coperto dalla neve che iniziava a sciogliersi. Gli uomini e le donne del suo gruppo stavano entrando anche loro, barcollando per il freddo e la stanchezza… C’erano anche dei bambini, e Rudy capì in quell’istante che Gil aveva avuto ragione… la sua resa di poco prima era stato un vero e proprio atto di vigliaccheria: un bambino di otto anni si era comportato meglio di lui…
Dietro di loro scorse, stagliati contro la luce rossastra, Govannin, un teschio con carboni ardenti al posto degli occhi, e Alwir, simile ad una torre scura. Alde si era appoggiata alle sue grandi braccia tenendo Tir che singhiozzava esausto, sul suo petto.
Gli occhi di Alwir non fissavano la donna né il bambino, ma guardavano altrove, verso la buia cavità del Torrione, calcolando già le dimensioni del suo nuovo Regno. Ancora più indietro stava Gil; i suoi capelli erano ruvidi ed arruffati, e svolazzavano sulle onde della tempesta mentre se ne stava in piedi sull’entrata, lo sguardo puntato verso l’esterno.
Rudy le si avvicinò e guardò anche lui: in quell’inferno di ghiaccio e di vento non si scorgeva più alcun segno di luce in movimento…
«Dov’è?», chiese Rudy.
«Con le Guardie.»
Gil si aggiustò il cinturone della spada senza guardarlo negli occhi. Il ragazzo si accorse che la sua compagna di avventure aveva pianto. In quel momento, una violenta fitta di dolore gli strinse i muscoli e lo fece cadere costringendolo ad usare il muro come appoggio per alzarsi.
Il suo corpo era una vera marea di dolori, e i suoi muscoli sembravano corde annodate e poi bagnate. La stanchezza non si era impadronita soltanto delle sue ossa, ma anche del suo spirito: niente riusciva a scuoterlo, né il ricordo della corsa della notte precedente, né la presenza di Gil.
Sono troppo stanco , pensò. Quando riuscirò a tornare in California, me ne starò completamente in ozio. Ormai ho capito che, per quanto male possa andare, può sempre succedere qualcosa di peggio… Sempre che mi riesca di tornare il California… , si corresse, e seguì Gil fuori dalla stanza.
La cella era composta da molti cubicoli divisi che si stendevano, senza un ordine apparente, al di là di una porta sulla destra del cancello. Per uscire furono costretti a farsi largo attraverso mucchi disordinati di gente che stava ancora dormendo, stesi dov’erano arrivati, con i loro miseri fagotti di pentole e coperte gettati dappertutto.
Accanto ad un piccolo focolare, una bambola con la testa di porcellana era stata abbandonata, come un bambino morto, accanto ad un paio di stivali rotti.
Il luogo puzzava di vestiti sporchi e di sudore. Rudy, strizzando gli occhi nella luce fioca, uscì nella sala centrale del Torrione.
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