«Che cosa vorresti fare con lui?»
«Vorrei accarezzarlo. A lui piace essere accarezzato, ci scommetto.»
«Oh, sì.»
«Poi lo succhierei.»
«Oh, tesoro!»
«Succhierei Spike e dopo inghiottirei ogni goccia, prima di pulirlo con la lingua.»
Sono pazza come lui.
C’è del metodo nella mia pazzia.
«Ti piacerebbe?» chiese Pen con voce rauca.
«Sì, sì. E dopo?»
«Vuoi proprio saperlo?»
«Dimmelo.»
«Perché non vieni qui a scoprirlo?»
«Prima dimmelo.»
«Ti cospargo con il miele, e anche tu fai la stessa cosa, finché siamo tutti e due unti e appiccicosi. Poi ci lecchiamo a vicenda finché il miele è sparito. Allargo le gambe e…»
«Sì, sì!»
«Dio, che caldo. Non parliamo di questo.»
«Ti prego.»
«Voglio che tu mi prenda. Spike dentro di me. Lo desideri anche tu, vero?»
«Sì!»
«Allora vieni.»
«Che cosa?»
«Adesso, subito.»
Seguì un silenzio rotto solo dal respiro ansante dell’uomo.
«O sei uno di quelli a cui piace solo parlare? Tutte parole e niente fatti?»
Lui rise, la stessa risatina di prima simile a un fruscio di carta. «Te ne accorgerai, dolcezza. Ti spremerò, ti farò saltare il cervello.»
«Allora vieni qui e fallo. Basta con le chiacchiere.»
Altro respiro.
Cielo, davvero ho intenzione di fargli esplodere la testa?
Sicuro, puoi scommetterci.
Pallottole magnum.
Non posso.
No?
«Vieni, tesoro», bisbigliò Pen. «Sono tutta bagnata. Ti voglio. Devo averti, vieni!»
«Va bene, va bene. D’accordo. Dimmi solo dove abiti.»
Che cosa?
«Lo sai dove abito.»
«Dimmelo.»
«Il mio indirizzo è sull’elenco telefonico.»
«E il nome?»
«Non sai il mio nome?!» fece Pen stralunata.
«Accidenti, no. Ho composto dei numeri a caso e li ho trascritti per poterti richiamare, ma…»
Pen sbatté giù la cornetta. Tirò la base di plastica e staccò il telefono dal muro.
Per un lungo momento rimase appoggiata alla porta ansando, le braccia incrociate sui seni, le gambe unite. Tremava. Capiva di dover provare sollievo, quasi un trionfo.
E invece aveva la nausea.
La consapevolezza che un uomo simile era là fuori. Se avesse cambiato il numero di telefono lui sarebbe uscito dalla sua vita per sempre.
La consapevolezza di ciò che gli aveva detto.
Sporcizia.
E, peggio di ogni cosa, il fatto che lei aveva tentato di farlo venire a casa.
Per ucciderlo con il fucile.
Si sentiva insudiciata.
Si scostò dal muro e con le gambe tremanti percorse il corridoio fino al bagno.
Bodie si risvegliò e gemette per il gran dolore alla testa. Aveva l’impressione di avere le palpebre incollate, temeva che, se le sollevava, gli occhi gli schizzassero fuori per la pressione che sentiva dietro.
Aveva anche voglia di vomitare.
Non ricordava di esser stato colpito, ma…
Dove diavolo giaceva? Non era su un letto?
Toccò la superficie.
Erba. Erba e rugiada.
Aprì gli occhi. Il dolore e la nausea si dilatarono. Si sollevò carponi e vomitò. Gli spasimi lo annientarono, come se qualcuno gli conficcasse le unghie nel cranio. Quando ebbe finito, si mise in ginocchio e si strinse la testa. La mano che premeva sopra l’orecchio destro sfiorò un enorme bernoccolo.
Non è una sbornia. Sono stato…
Stava guidando, per riportare Melanie a Phoenix.
Uno schianto? Doveva aver sbattuto contro qualcosa ed era stato sbalzato fuori dall’auto. Melanie!
Girò la testa, gemendo per il dolore. Il suo furgone non si vedeva. E neppure la strada. Bodie stava in ginocchio dietro una siepe. Alla sua destra c’era un campo da gioco. Voltandosi ancora di più vide un edificio. Una scuola?
Dove diavolo sono e che cosa ci faccio qui?
Bodie si rialzò e rimase immobile aspettando che la nausea passasse. Prese un fazzoletto dalla tasca, si soffiò il naso e lasciò cadere il fazzoletto sull’erba. Poi camminò lentamente attraverso un’apertura fra i cespugli.
Si ritrovò su un marciapiede. Davanti a lui c’era una stretta via, qualche casa sull’altro lato. Alcune auto erano parcheggiate lungo la strada, ma non la sua. A sinistra, a circa un isolato, una strada affollata, con le macchine che sfrecciavano all’incrocio. Si avviò verso l’incrocio e cercò di ricordare.
Ero in casa di Pen. Con lei sul divano. Ci siamo baciati. Oh, sì, ci siamo baciati. Era stato così… E poi è entrata Melanie. Lei avrebbe dovuto dormire, ma non aveva preso le pillole. Avrebbe dovuto prenderle, quelle maledette pillole. Aveva un comportamento strano. Il tempo di portarla via e ripartire per Phoenix. Lei era dietro, non parlava. Mi sono fermato a far benzina. E poi?
Si ricordava di aver firmato, ma niente altro.
Non abbiamo sbattuto, altrimenti dov’è il mio furgone?
Toccò con cautela il bernoccolo sulla testa.
Melanie… Può avermi colpito con qualche cosa? Per forza. Mi ha messo k.o. Mentre guidavo? Forse m’ero fermato a un semaforo. Lei può avermi colpito, spinto sul sedile del passeggero e aver preso il mio posto al volante.
Non era pronta per tornare a Phoenix.
Ha trovato il cortile di quella scuola, mi ha scaricato e mi ha trascinato dietro i cespugli.
È abbastanza forte per fare una cosa simile.
Dicono che i pazzi…
I pazzi.
Lei va a caccia di qualcuno.
Una faccenda incompiuta.
Pen?
Bodie sentiva martellare la testa.
È andata a cercare Pen.
No, forse no. Forse si tratta di Harrison e Joyce. Così va bene. Chi se ne frega?
Ma se si tratta di Pen? Che cosa le farà Melanie?
Bodie si fermò all’angolo della strada affollata. Era Robertson Boulevard, proprio come aveva sospettato, e in lontananza poteva vedere l’autostrada.
Doveva avvertire Pen.
Alzò la mano destra per guardare l’orologio.
L’orologio era sparito.
Non c’era modo di sapere quanto tempo era rimasto svenuto nel campo.
Se era stato solo per pochi minuti, forse faceva in tempo ad avvertire Pen.
Vide una cabina telefonica sull’altro lato della strada.
Toccò la tasca posteriore dei pantaloni. Il portafoglio era sparito. Infilò una mano nella tasca anteriore. Niente spiccioli.
Non c’era modo di telefonare per avvertire Pen.
Bodie cominciò a correre.
Fitte di dolore gli lancinavano la testa, ma non rallentò.
Non arriverò in tempo. Forse è già troppo tardi.
Che cosa le farà, Melanie?
Tutta colpa mia.
Che dolore!
Devo salvarla.
Davanti a Bodie un uomo uscì da una tavola calda con un sacchetto, attraversò il marciapiede e si avvicinò a una Cadillac parcheggiata.
«Ehi!» chiamò Bodie correndo verso l’uomo. «Signore! Può darmi un passaggio? Per favore, è urgente.»
«È matto?»
«Qualcuno sarà ucciso. Mi serve solo un passaggio. Non ci vorrà molto. Per favore!»
L’uomo ridacchiò, scosse la testa e infilò la mano in tasca per prendere le chiavi. «Le sembra un taxi questa, amico?»
«Non sto scherzando, signore. È un’emergenza!»
«Va’ all’inferno.» L’uomo si girò verso la portiera della macchina.
Bodie gli agguantò la giacca, lo fece piroettare e gli mollò un pugno nello stomaco. Lo sconosciuto era grasso e flaccido. Si piegò in due e Bodie lo colpì alla nuca. L’uomo cadde in ginocchio sul marciapiede. Bodie lo strattonò e l’uomo crollò.
«Mi dispiace, signore. Le farò riavere la sua auto.»
Strappò le chiavi dalle dita inerti del poveraccio, aprì la portiera e saltò in macchina. Mentre avviava il motore, la faccia dell’uomo apparve davanti al paraurti.
Bodie ingranò la retromarcia. L’uomo strisciò verso l’auto urlando come un pazzo.
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