Richard Laymon - Melodia in nero

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Melodia in nero: краткое содержание, описание и аннотация

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Melanie Conway è una bella violinista spesso preda di inquietanti visioni di morte. Durante un concerto, si accascia per terra e il fidanzato Bodie la sente parlare di una tragedia imminente… Penelope Conway è perfino più seducente della sorella e, pur prendendosi sul serio come scrittrice, viene notata dagli uomini solo per le sue curve e, per giunta, è perseguitata da telefonate oscene… Attratto a un certo punto da entrambe le ragazze, Bodie si trova coinvolto in una vicenda agghiacciante, grondante sangue…

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«Può darsi che Melanie sia già stata nella casa di Harrison. Potrebbero averla catturata. Ecco perché non c’era il mio furgone. Forse Harrison l’ha portata via con quello. Joyce può averlo seguito con la sua macchina per farlo salire dopo… essersi liberato di lei.»

Pen lo sbirciò. Alla luce grigiastra dei lampioni, aveva gli occhi sbarrati e le labbra serrate.

«È solo una possibilità», aggiunse lui, pentito di non aver tenuto per sé l’ipotesi.

«Se ha fatto del male a Melanie…»

«Probabilmente la troveremo a casa di tuo padre», tagliò corto Bodie.

Pen si fermò a un semaforo rosso in San Vicente. Si chinò avanti e premette la fronte sul volante.

Bodie allungò la mano, le accarezzò dolcemente la schiena sotto la soffice felpa. «Andrà tutto bene», disse.

«Sì? Papà è in coma, Melanie… Dio solo lo sa.» Pen girò la testa. La sua faccia aveva un’espressione angosciata. «È tutta colpa mia.»

«Colpa di Harrison», puntualizzò Bodie.

Un clacson suonò dietro di loro.

Era scattato il verde e l’auto davanti stava passando l’incrocio. Pen svoltò a destra in San Vicente.

«Avrei potuto fermare tutto», riprese. «Se non avessi tenuto la bocca chiusa… Non volevo dare un dispiacere a papà. Sarebbe stato un colpo per lui. Lui credeva che Harrison fosse un ragazzo meraviglioso. Ma se gli avessi detto… Forse il bastardo sarebbe in galera, in questo momento. Anche se ne dubito. Sarebbe stato difficile convincere una giuria che io non ero consenziente. Però poteva cambiare tutto. Avrei dovuto parlare, maledizione.»

Bodie la fissò senza fiato. Aveva l’impressione d’esser stato preso a calci nello stomaco. «Consenziente per che cosa?»

«Harrison mi ha violentata.»

«No.»

«Avrei dovuto dirlo prima.»

«Ti ha… malmenata?»

Lei lo guardò in faccia e annuì. Negli occhi le brillavano le lacrime. Sembravano argento alla luce dei lampioni. «Mi ha picchiata», mormorò.

«Tu hai lottato?»

«Quanto ho potuto», rispose lei con voce tremante. «Lui mi aveva ammanettata.»

Bodie si lasciò sfuggire un gemito.

«Mi ha stuprata per… lungo tempo.» La ragazza si asciugò le lacrime sulle guance con il dorso della mano. «Da allora non sono più stata con un uomo.» Tirò su con il naso e guardò Bodie. «Tu sarai il primo… se mi vorrai ancora, ora che sai…»

«Oh, Pen.» Bodie le mise una mano sulla coscia e strinse gentilmente. Il calore gli serpeggiava lungo il braccio. «Non ho mai desiderato nessuna come desidero te.»

«Non t’importa che…»

«Vorrei uccidere quel bastardo», mormorò Bodie.

«Non l’ho mai detto a nessuno», riprese Pen. «Ho solo finto che non fosse mai successo e Harrison s’è comportato come se realmente non fosse accaduto. Dopo un po’ è stato come se…»

«Un modo di convivere con il ricordo», la interruppe Bodie.

«Avrei dovuto parlare. Forse niente di tutto ciò sarebbe accaduto.» Pen si sfregò la manica sulla faccia.

Bodie le accarezzò la gamba mentre l’auto rallentava per svoltare a sinistra nella stretta via che conduceva alla casa del vecchio Conway. Avrebbe voluto prenderla fra le braccia e tenerla stretta per dissolvere il dolore, quello di lei e il suo.

Harrison l’aveva violentata. Ammanettata e picchiata. E poi aveva fatto i suoi comodi.

Farabutto.

Miserabile.

«Bodie, mi fai male.»

«Scusa.» Sollevò le dita dalla coscia di Pen e le strinse sulla canna del fucile.

Poi guardò nella via cercando la sua auto. Passarono lentamente davanti a una Ferrari, una Porsche, una Jaguar.

Pen fermò l’auto davanti al garage. «Qui non c’è. Dev’essere come hai detto tu, l’hanno portata via con il tuo furgone.»

«Prosegui ancora un po’.»

Pen seguì una curva nella strada ed ecco il veicolo di Bodie, parcheggiato contro una siepe. Bodie s’irrigidì.

Pen ingranò la retromarcia, mise un braccio sullo schienale e guardò dal finestrino posteriore. Poi indietreggiò lentamente.

Bodie la fissava.

Sembrava importante vedere che faccia aveva in quel momento.

La pallida macchia del suo viso. Il bianco degli occhi e la scia argentea di una lacrima che scendeva. I capelli soffici. Il modo in cui teneva il labbro fra i denti. La curva della sua guancia. La sua gola, i seni provocanti sotto la felpa, il destro più alto perché il braccio stava appoggiato sullo schienale.

Lo sguardo di Bodie seguì il braccio sinistro di Pen sul volante. La manica era sollevata sul polso sottile. La sua mano, che manovrava il volante, appariva piccola e fragile. Guardò i pantaloni della tuta che si arricciavano sul grembo. Poi tornò a guardare il suo viso.

Così bello. Tutto di lei era bello. E adesso è mia.

Non permetterò che qualcosa di male le capiti di nuovo, pensò Bodie, e provò un dolore improvviso perché sapeva che era una promessa inutile. Il futuro li avrebbe feriti entrambi, prima o poi li avrebbe uccisi.

Pen fermò la macchina davanti alla porta del garage. Tirò il freno, spense i fari e si rivolse a Bodie.

Lui scostò il fucile. Abbracciò la ragazza, l’attirò dolcemente a sé. Si baciarono. Lui infilò le mani sotto la felpa, accarezzò la pelle vellutata della schiena.

«Vorrei che non dovessimo entrare», bisbigliò Pen.

«Non è obbligatorio.»

Lei lo baciò leggermente e si scostò. Prese la chiave dell’accensione e aprì la portiera.

Bodie scese prendendo con sé il fucile.

23

Pen si fermò alla porta d’ingresso e cercò le chiavi con le dita tremanti. «Mi piacerebbe sapere se Joyce è qui», disse.

«Il garage ha qualche finestra?»

«No.»

Lei trovò le chiavi di casa e aprì la porta. Fece per entrare, ma Bodie le posò una mano sulla spalla per trattenerla. Entrò per primo. Pen lo seguì.

E sentì la voce di Melanie.

«…qui solo, o la uccido… Non credo che tu voglia fare una cosa simile. Ho qui un foglio che i poliziotti troverebbero molto interessante.»

Pen chiuse silenziosamente la porta e seguì Bodie nell’ingresso.

«Vedremo quando sarai qui. Ti conviene sbrigarti. L’ammazzo se non arrivi entro dieci minuti.»

La ragazza riappese mentre loro entravano nello studio.

«Melanie?»

Lei si girò. «I due piccioncini», disse fissandoli attraverso le ciocche di capelli neri. Si scostò i capelli dalla faccia, le punte delle dita lasciarono strisce di sangue sulla fronte. La sua camicia bianca era macchiata di sangue, come se Melanie l’avesse usata per asciugarsi le mani.

«Oh, Mel», mormorò Pen. «Che cosa hai fatto?»

Con un sogghigno, lei sventolò un foglio di carta.

Bodie lo prese e lo esaminò.

«Voialtri li avreste lasciati andare tranquillamente dopo che hanno ucciso papà.»

«Non l’hanno ucciso», ribatté Pen.

Le labbra di Melanie tremarono. «Tu volevi solo portarmi via Bodie. Ecco quello che t’importava. Te ne fregavi di ciò che quei due hanno fatto a papà.»

«Certo che m’importa», replicò Pen rendendosi conto che Melanie ora sembrava più coerente di quando Bodie l’aveva portata via dal suo appartamento. Ma non meno pazza.

Le labbra della ragazza si sollevarono in un ghigno che si tramutò in un sorriso malevolo. «A te interessava solo allargare le gambe.»

Bodie diede il foglio a Pen. Sui bordi si vedevano delle impronte insanguinate. Pen lesse la calligrafia tremolante.

Questa è la mia confessione. Io, Joyce Conway, ho cospirato con Harrison Donner per assassinare mio marito, Whit Conway. Eravamo amanti a sua insaputa. Volevamo ucciderlo per ottenere l’assicurazione e l’eredità.

Ho fatto sapere a Harrison dove e quando avevamo stabilito di cenare e lui ha aspettato in macchina. Quando Whit ha attraversato la strada, l’ha investito. Era un’auto rubata, perché non voleva usare la sua macchina.

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