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Kit Reed: Inverno

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Kit Reed Inverno

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Kit Reed

Inverno

Arrivò da noi alla fine dell’autunno. C’era un velo di ghiaccio sulle pozzanghere, e io sentivo nelle ossa l’inverno, freddo e terribile; la fame si stava già svegliando dentro di me, si sarebbe aggirata tranquilla fino all’inizio dell’anno, prima che arrivasse la primavera avrebbe cominciato a ruggire come una tigre, consumandomi fino al disgelo, quando Maude avrebbe potuto ricominciare ad andare a caccia, e avremmo potuto andare di nuovo in città con il furgone. Non ne potevo più di mettere roba sotto vetro, ma andai a prendere un po’ dei pomodori che avevamo appeso in cantina, e li misi 156

in vaso; Maude usciva e riportava ogni pezzo di carne a cui poteva sparare e tutto il grano, la farina, il latte in polvere che poteva caricare sul furgone; dovevamo immagazzinare tutto prima che arrivasse la neve e ci isolasse. La settimana che lui arrivò Maude aveva trovato una lepre stecchita sulla strada, congelata, con le zampe rigide rivolte verso l’alto, e tutta la carne che avevamo appeso nella dispensa si era congelata. Venerdì trovammo la brina sull’erba, e quando guardai fuori dalla finestra e vidi delle impronte sulla brina dissi, Maude, c’è qualcuno nella casetta dei giochi e allora uscimmo, e lo trovammo lì. Era addormentato in mezzo ai mucchi di vestiti con cui ci mascheravamo sempre, con la testa appoggiata all’abito di velluto che mia madre aveva indossato all’Esposizione, e i piedi sull’abito di raso con cui si era sposata; si era messo il boa di piume attorno al collo, e la pelliccia di volpe attorno ai fianchi.

Prima che arrivasse lui, Maude e io passavamo l’inverno parlando dei tempi andati, evocando il passato fra di noi e lo guardavamo e Maude finiva sempre per dare la colpa a me. Avrei potuto sposare Lister Hoffman o Harry Miad e andarmene per sempre da qui, se non fosse stato per te, Lizzie. Io le dicevo, Accidenti, non ho mai avuto bisogno di te. Non li hai sposati perché non li hai sposati, avevi paura e mi hai usato come scusa. Lei allora si arrabbiava. È una bugia. Va bene, come ti pare, le dicevo, per non litigare.

Sapevamo tutt’e due che io avrei sposato il primo uomo che me l’avesse chiesto, ma nessuno l’aveva mai fatto, neppure per tutti i miei soldi, a causa della malattia. Se nessuno l’avesse saputo, magari qualcuno mi avrebbe anche sposato, ma una volta andai nei campi con Miles Harrison, quando mio padre era ancora vivo, e Miles ed io quasi lo facemmo, solo che mi prese un attacco proprio lì di fronte a lui, e così non lo feci mai. Forse nessuno l’avrebbe mai saputo, ma Miles mi vide cadere a terra. Immagino che sia stato lui a mettermi qualcosa fra i denti, ma quando tornai in me se n’era andato. La prima volta che andai in città, tutti mi guardavano in maniera strana, qualcuno faceva anche uno sforzo per essere gentile, ma erano tutti nervosi, pensando se l’avrei fatto proprio lì di fronte a loro, se avrei sbavato molto, se gli avrei fatto male, e non appena potevano dicevano, Scusa ho da fare, o qualunque cosa per andarsene in fretta e furia. Quando incontrai Miles quel giorno non volle guardarmi, e da allora nessun uomo si è più avvicinato a me, in più di cinquant’anni, ma io e Miles quasi lo facemmo, e non ho mai smesso di pensarci.

Adesso mio padre se n’è andato e mia madre se n’è andata e anche Lister Hoffman e Miles Harrison e metà dei ragazzi che mi ridevano dietro se ne sono tutti andati, ma Maude continua a darmi la colpa, ci sediamo dopo cena e mi dice, Se non fosse stato per te adesso avrei dei nipotini e io le dico che ne avrei avuto ancora prima di lei, perché a lei gli uomini non le sono mai piaciuti, li sopportava solo per avere i bambini e anche questo era troppo complicato e le avrebbe fatto male. È una bugia, Lizzie, diceva lei. Harry e io tante volte… e io le dicevo, Non l’hai mai fatto ma Miles e io… Allora tutt’e due cominciavamo a pensare a esser giovani e ad avere i ragazzi che ti toccano ma i ricordi fanno diventare acida Maude e vuole sempre avere l’ultima parola. È colpa tua dice, ma dentro di me io so che la gente si fa la propria vita con le sue mani, e lei ha sempre voluto più di ogni altra cosa restare chiusa qui dentro senza nessuno che le chiedesse di fare qualcosa, voleva stare in questa casa con me, la sua rinsecchita sorella, fredda e sicura, e se le è venuta fame, le è venuta tardi.

Dopo un po’ cominciavamo ad inventarci delle storie: Una volta sono andata con un ragazzo fino a Portland… Una volta ho ballato per tutta la notte e per mezza mattina, e lui voleva baciarmi nella piega del braccio… Cercavamo di far passare l’inverno, ma anche così non era sufficiente e restavamo sempre con la fame, per quante scorte facessimo, la carne finiva sempre prima del disgelo e immagino che in realtà erano le nostre vite che giudicavamo, ma decidevamo che non c’era niente che ci piacesse nei barattoli, così restavamo sedute e sognavamo e avevamo fame e ci chiedevamo se saremmo morte per la fame, ma finalmente arrivava il disgelo e Maude mi guardava con un sorriso: Se solo avessimo un’altra occasione…

Ora forse ce l’avremo.

Lo trovammo nella casetta dei giochi, forse era il fatto di vederlo addormentato in mezzo ai vestiti di mia madre, o forse il fatto che fosse nella casa dei giochi, dove tante volte ci vestivamo, ma ecco che c’era questo ragazzo, o uomo, e qualcosa di lui che ci richiamò alla mente i ricordi migliori, c’era una promessa scritta su di lui. Sono troppo vecchia, sono tutta inaridita, ma non ho mai smesso di pensare a quella volta e vedendo lì quel ragazzo, potevo far finta che era Miles e che io ero ancora giovane. Dovette accorgersi di noi, perché si svegliò e si rannicchiò, forse aveva un coltello, poi si accorse che eravamo solo due grosse vecchie con stivali militari, disse, Scappo dai Marines, avevo bisogno di un posto per dormire.

Maude disse, Non mi importa di cosa hai bisogno, devi andartene da qui, ma quando lui si alzò barcollava. I capelli gli cadevano dalla testa come quelli di un ragazzo che conoscevo una volta e dissi, Maude, perché non dici di sì, una volta tanto.

Aveva addosso una camicia di cotone e pantaloni che non assomigliavano a nessuna uniforme che avessi mai visto e stava dicendo, Sono successe due cose, mi sono reso conto che avrei dovuto uccidere qualcuno in guerra e poi ho fatto un errore e mi hanno picchiato, così ho tagliato la corda. Sorrise e sembrava sincero. Io guardai dura Maude e finalmente Maude mi guardò e disse, Va bene, vieni in casa a mangiare qualcosa.

Disse che si chiamava Arnold, ma quando gli chiedemmo Arnold e poi?, lui disse, Non importa. Eravamo arrivati in cucina, e aveva la testa chinata su una tazza di avena e dei biscotti che avevo fatto io, e quando guardai Maude lei stava guardando la luce che si rifletteva sui suoi capelli. Quando gli dicemmo i nostri nomi lui disse, Siete due signorine deliziose, e vidi che Maude si portava le mani alla faccia e andò nella sua stanza e quando tornò si era messa la cipria sulle guance. Mentre eravamo soli, lui disse quanto erano buoni i biscotti e che begli argenti, li lucidavo tutti io? e io dissi di sì, Maude porta le provviste e io mi occupo della casa e di fare da mangiare. Lei tornò in quel momento e ci vide con le teste vicine e disse ad Arnold, Dovrai andartene fra poco.

Non saprei, disse lui, mi staranno cercando, coi cani e i fucili.

Questo non ci riguarda.

Non ho mai fatto niente di male nei Marines, avevamo solo delle opinioni differenti. Noi due pensammo che doveva esserci sotto qualcos’altro ma lui sembrava così triste e stanco e poi era bello avere qualcuno con cui parlare, disse, Ho solo bisogno di un posto per nascondermi un po’.

Maude disse, Potresti sempre tornare dalla tua famiglia.

Lui disse, Non mi hanno mai voluto, Erano sempre cattivi, non come voi.

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