Ezr lesse quei rapporti con calma, senza imprecare, e ricacciò indietro le lacrime quando vide che fra i morti c’era Sum Dotran. Il nome di Trixia, comunque, in questa lista non c’è. Alla fine gli fu dato anche l’elenco dei superstiti e della loro attuale occupazione. Quasi trecento si trovavano a bordo del provvisorio Qeng Ho, che era stato spostato nel punto L1. Ezr lesse i nomi della prima pagina cercando di associarli a un volto: gente giovane, nessun trilandese, nessun accademico. Lì Trixia Bonsol non c’era. La pagina successiva era un’altra lista… Trixia! Il suo nome c’era. Sempre elencata nel Dipartimento di Linguistica.
Ezr alzò lo sguardo dal lettore e cercò di avere un tono casuale. — Cosa, uh, che significa questo asterisco accanto ad alcuni nomi? — Accanto a quello di Trixia.
— Focalizzati.
— E questo cosa vorrebbe dire? — C’era un po’ di tensione nella sua voce, ma non seppe nasconderla.
— Sono ancora sotto trattamento medico. Non tutti si sono ripresi facilmente come lei. — Lo sguardo di Reynolt era duro e impassibile.
Il giorno dopo, Nau tornò a fargli visita.
— Mi dicono che oggi è in grado di muoversi. Bene, è tempo che io la presenti ai suoi nuovi subordinati — disse. Si avviarono per un lungo corridoio fino a un compartimento stagno. Quell’habitat non era come la sala dei banchetti. C’era perfino un’ombra di gravità, come se fossero su un asteroide. Il taxi in attesa oltre il portello era più grosso di quelli Qeng Ho. Era lussuoso, in un modo barocco e primitivo. C’erano bassi tavolini e un bar che serviva in tutte le direzioni. Ampie finestre a visione diretta circondavano i passeggeri. Nau gli diede qualche momento per guardare fuori.
Il taxi si stava alzando fra le strutture di un habitat poggiato su un terreno di qualche genere. Era incompleto, ma di dimensioni paragonabili a quelle di un provvisorio Qeng Ho. Quando furono sopra la costruzione Ezr vide che sorgeva sopra un ammasso di montagne grigie, e le riconobbe: erano gli asteroidi di diamante, uniti strettamente fra loro. Gli enormi blocchi erano assai più lisci e regolari dei comuni asteroidi. Qua e là il sole strappava qualche debole riflesso dalla superficie, dove lo spesso strato di grafite che copriva il diamante era stato strappato via. Nello spazio fra due delle montagne c’era una voluminosa massa di neve, molta roccia tagliata di fresco e dei blocchi di ghiaccio. Doveva trattarsi del materiale prelevato dal pianeta Arachna. Il taxi si alzò ancora. Da oltre le montagne emersero le snelle forme delle astronavi. Si trattava di grossi vascelli interstellari lunghi più di seicento metri, ma al confronto degli asteroidi sparivano quasi. Erano molto vicine, un po’ come relitti alla fonda in un cantiere di riparazioni. Ezr le contò subito con occhio esperto. — E così avete portato tutto qui, a L1? Avete deciso di tenervi del tutto nascosti agli indigeni, allora.
Nau ebbe un cenno d’assenso. — Temo di sì. È bene essere franchi su questo. La battaglia a cui ci avete costretti ci ha ridotti al lumicino. Abbiamo rifornimenti sufficienti per tornare in patria, ma a mani vuote. Se però collaboriamo… be’, da qui, da L1, possiamo osservare i Ragni. Se stanno effettivamente entrando nell’Era dell’Informatica potremmo usare le loro risorse per reintegrare le nostre. In ogni caso, collaborando riusciremo ad avere quasi tutto ciò per cui siamo venuti qui.
Mmh. Una sorveglianza a lungo termine, in attesa che i clienti avessero qualcosa di valido da offrire. Era una strategia che anche i Qeng Ho avevano seguito, qualche volta. E qualche volta funzionava. — Ci saranno delle difficoltà.
Dietro di lui una voce disse: — Per voi, forse. Ma noi Emergenti sappiamo vivere, piccolo uomo. Meglio che questo lei lo impari fin d’ora. — Era una voce che Ezr conosceva, una voce che aveva protestato contro il tradimento Qeng Ho mentre l’attacco aveva inizio. Si girò. Ritser Brughel. Il grosso individuo dai capelli biondi stava sogghignando. — E inoltre, noi giochiamo per vincere. Questo saranno i Ragni a impararlo. — Non molto tempo addietro Ezr aveva trascorso una serata seduto accanto a quell’uomo, mentre parlava con Pham Trinli. Brughel era uno spavaldo, poco portato alla comprensione umana, ma questo allora non li aveva preoccupati. Lo sguardo di Ezr si spostò su Anne Reynolt, che ascoltava la conversazione in silenzio. Fisicamente i due avrebbero potuto essere fratello e sorella; avevano perfino la stessa sfumatura di biondo nei capelli. Ma la somiglianza fisica impallidiva davanti a una diversità: le emozioni di Brughel erano evidenti e palpabili, intense. L’unica reazione che Ezr aveva visto in Anne Reynolt era un accenno d’impazienza. La donna guardava i presenti come un tecnico avrebbe guardato tre pezzi di ricambio su uno scaffale.
— Ma non si preoccupi, amico Bottegaio. I vostri alloggi sono ben nascosti. — Brughel indicò la finestra anteriore. C’era una piccola immagine verdolina, tondeggiante. Il provvisorio Qeng Ho. — Lo abbiamo parcheggiato in un’orbita di otto giorni, intorno al gruppo principale.
Tomas Nau alzò una mano educatamente, come a chiedere il permesso d’intervenire, e Brughel tacque. — Abbiamo solo pochi minuti, signor Vinh. So che la direttrice Reynolt le ha dato una visione d’insieme, ma voglio essere certo che lei capisca le sue nuove responsabilità. — Manovrò una piccola consolle e il provvisorio Qeng Ho s’ingrandì rapidamente. Ezr deglutì saliva; era un semplice provvisorio da campo, largo un centinaio di metri. Lui aveva vissuto in ambienti del genere per 2 Msec, imprecando mille volte contro l’economia che lì si faceva, ma in quel momento era la cosa più vicina a una patria che ancora esistesse. Là c’erano molti dei suoi amici e dei compagni sopravvissuti. E un provvisorio da campo era assai facile da distruggere. Ogni cella appariva ben gonfia e non c’erano segni di falle riparate. Il comandante Park lo aveva messo in orbita lontano dalle astronavi, e Nau lo aveva risparmiato. — … perciò la sua nuova posizione è importante. Come mio … direttore di flotta lei ha responsabilità paragonabili a quelle che aveva il comandante Park. Lei godrà del mio appoggio, mi accerterò che la mia gente capisca questo fatto. — Un’occhiata a Ritser Brughel. — Ma la prego di ricordare una cosa: il nostro successo, forse perfino la nostra sopravvivenza, dipenderà dalla nostra collaborazione.
Quando si trattava di politica, Ezr sapeva di non essere un fulmine ad afferrare le cose. Ma ciò che Nau si proponeva avrebbe dovuto essergli ovvio fin dal primo momento. Cose del genere le aveva perfino studiate a scuola. Quando giunsero nel salone comune del provvisorio, Nau tenne un discorsetto in pubblico, presentando Ezr Vinh come il “Direttore della Flotta Qeng Ho”. Nau sottolineò il fatto che sebbene giovane era l’esponente di una famiglia di proprietari. Le due navi dei Vinh erano infatti sopravvissute senza danni alla battaglia. Se qualcuno aveva il dovere di decidere a nome dei Qeng Ho, disse, era lui. E se loro avessero collaborato con l’autorità legittima ci sarebbe stato un sostanzioso guadagno per tutti. Poi Nau chiese a Ezr di pronunciare alcune frasi di circostanza, e cercando di vincere l’imbarazzo lui mormorò parole di cordoglio per i defunti, aggiungendo che era lieto di aver ritrovato vivi molti amici e che si aspettava il loro appoggio.
Nei giorni che seguirono Ezr cominciò a capire il peso che Nau aveva messo nelle parole “dovere” e “collaborazione”. Era fra la sua gente eppure era fra estranei. Ogni giorno vedeva facce ben note, ma nessuno si fermava a parlare con lui, poiché Nau gli metteva alle costole un assistente o due in ogni suo spostamento. Benny Wen e Jimmy Diem erano sopravvissuti. Ezr conosceva Benny da quando avevano sei anni; ora il giovanotto lo guardava come se non sapesse chi era e non avesse alcuna voglia di saperlo.
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