George Martin - La luce morente

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La storia di un pianeta che vive la sua ultima stagione di luce prima del buio intergalattico
«Un vagabondo, un viaggiatore senza meta, una scoria della creazione: il pianeta Worlorn era tutte queste cose. Per innumerevoli secoli aveva continuato a cadere, da solo, senza scopo, precipitando tra i freddi e solitari spazi che si aprono fra le stelle. Ma lui non apparteneva a nessuna di quelle stelle. In un certo senso non faceva nemmeno parte della galassia, anche se rotolava attraverso il piano della galassia come un chiodo che attraversa la tonda superficie di un tavolo. Non faceva parte di niente...» Poi Worlorn passa vicino alla Ruota di Fuoco, la supercostellazione che gli darà qualche anno di luce prima che esso piombi di nuovo nella notte senza fine cui sono destinati i mondi senza sole.
E nel momento in cui il pianeta solitario si avvicina, forse per l’ultima volta, al fuoco della vita, gli uomini decidono di trasformarlo per i loro fini riposti. La luce morente è una storia di superscienza, ma anche di esseri umani posti di fronte a un ennesimo simbolo dell’esistenza precaria che conduciamo, sul Margine dell’universo.
É il primo romanzo di George R.R.Martin, un grande affresco spaziale del lontano futuro, dove tutto è azione, poesia, meraviglia.

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Quando capitò a Dirk di parlare del suo viaggio su Prometeo, Janacek colse la palla al balzo. «Mi dica t’Larien», disse, «per lei gli Uomini Modificati sono umani o no?».

«Oh certo», disse Dirk. «Sono umani. Sono stati preparati dagli Imperiali Terrestri parecchio tempo fa, durante la guerra. I moderni Prometeani sono solo i discendenti delle antiche Truppe di Guerra Ecologica».

«Per la verità», disse Janacek, «io non sarei molto d’accordo con le sue conclusioni. I loro geni sono stati manipolati ad un tal punto che hanno perso ogni diritto di chiamarsi uomini; così la penso io. Uomini libellula, uomini sottomarini, uomini che respirano veleni, uomini che vedono al buio come Hruun, uomini con quattro braccia, ermafroditi, soldati senza stomaco, scrofe che allattano senza alcun sentimento… queste creature non sono uomini. O non-uomini per essere precisi».

«No», disse Dirk. «Ho già sentito il termine non-uomini. È termine comune su molti mondi, ma si intende quella parte di razza umana che ha subito delle mutazioni tali da non renderla più in grado di generare persone se si unisce al normale ceppo umano. I prometeani hanno fatto molta attenzione ad evitare una cosa del genere. I loro capi — sa, è gente dall’aspetto assolutamente normale, se si escludono delle alterazioni minori, come ad esempio la longevità e cose simili — i loro capi, dicevo, scendono spesso su Rhiannon e Talsasso, sa, a far razzie. Lo fanno per catturare degli umani di tipo terrestre…».

«Perfino sulla Terra non c’è più la razza di tipo terrestre in questi ultimi secoli», interruppe Janacek. Poi alzò le spalle. «Non dovrei lasciarmi trasportare, che ne dice? Ad ogni modo la Terra è troppo lontana. Da noi le notizie arrivano che sono ormai vecchie di secoli. Continui».

«Be’, questa è la mia idea», disse Dirk. «Gli Uomini Modificati sono pur sempre uomini. Anche le classi più infime, le più grottesche, gli esperimenti falliti scartati dai loro chirurghi, anche quelli possono generare. Ecco perché li sterilizzano: hanno paura che la razza dilaghi».

Janacek ingoiò una sorsata di birra e fissò Dirk con quei suoi occhi intensamente azzurri. «Così possono generare, lei dice». Sorrise. «Mi dica, t’Larien, negli anni che lei ha passato su quel mondo ha avuto occasione di verificarlo personalmente?».

Dirk arrossi e si trovò a fissare intensamente Gwen, come se la colpa di tutto fosse solo sua. «Non ho fatto il voto di castità in tutti questi anni, se è questo che intende», sbottò.

Janacek concesse una risata a questa risposta e fissò Gwen. «Interessante», le disse. «Quest’uomo passa parecchi anni nel tuo letto e poi, così all’improvviso, diventa un animale».

Il viso di Gwen fu alterato dalla rabbia; Dirk la conosceva ancora abbastanza bene da accorgersene. Però nemmeno Jaan Vikary pareva troppo soddisfatto. «Garse», disse infatti in tono minaccioso.

Janacek fece un cenno di sottomissione. «Le mie scuse Gwen», disse. «Non c’era insulto. Evidentemente t’Larien ha imparato ad apprezzare le sirene e le donne maggiolino indipendentemente da te».

«Andrai fuori sulle lande, t’Larien?», chiese forte Vikary, strappando deliberatamente la conversazione dalle mani dell’altro Kavalar.

«Non lo so», disse Dirk, sorseggiando la sua birra. «Dovrei?».

«Ah, non ti perdonerei mai se tu non lo facessi», disse Gwen sorridendo.

«Be’, allora ci andrò. Che cosa c’è di tanto interessante?».

«L’ecosistema… si forma e muore, tutto nello stesso istante. L’ecologia è stata una scienza per gran tempo dimenticata qui sul Margine. Anche adesso i mondi esterni non vantano più di dodici eco-ingegneri esperti. Quando si decise per il festival, Worlorn venne inseminato con delle forme di vita provenienti da quattordici mondi diversi e non si è quasi pensato all’interrelazione tra di loro. Per la verità ne sono stati coinvolti più di quattordici mondi, se si vogliono contare anche i trapianti… animali portati dalla Terra su Newholme, su Avalon, su Lupania e da lì a Worlorn, o qualcosa del genere.

«Arkin ed io facciamo proprio uno studio su come sono andate le cose. Sono già un paio di anni che ci stiamo lavorando e c’è da lavorare per almeno altri dieci anni. I risultati interesserebbero i contadini di tutti i mondi esterni. Saprebbero quale fauna e quale flora potrebbero introdurre con buona sicurezza sul loro mondo ed in quali condizioni e quali cose risulterebbero dannose all’ecosistema».

«Gli animali che vengono da Kimdiss si sono rivelati particolarmente dannosi», ghignò Janacek. «Proprio come i maneggioni loro padroni».

Gwen gli fece un gran sorriso. «Garse è inquieto perché pare che la banscea nera si stia a poco a poco estinguendo», disse a Dirk. «Per la verità è una vergogna. Su Alto Kavalaan le hanno cacciate scriteriatamente sicché la specie è chiaramente in pericolo. Perciò sono stati portati qui alcuni esemplari, sperando che potessero vivere in libertà e moltiplicarsi. La cosa è successa vent’anni fa. L’idea era quella di ricatturarli per riportarli su Alto Kavalaan prima che arrivasse il freddo. Pare che la cosa non sia andata come si sperava. La banscea è un predatore temibile, ma sul suo mondo non può certo competere con l’uomo e su Worlorn ha trovato sulla sua strada un’infestazione di spettri-d’albero provenienti da Kimdiss».

«Ci sono tanti Kavalar che pensano alla banscea come ad una piaga e ad una minaccia», spiegò Jaan Vikary. «Nel suo habitat naturale uccide anche gli uomini ed i cacciatori di Rossacciaio, della Fortezza di Scianagate e di Braith considerano la banscea l’ultima cosa con cui giocare, ma c’è un’antica leggenda fin dal tempo di Kay Ferro-Fabbrio e del suo teyn Rolando Lupo-Giada. Si dice che stessero cacciando da soli un intero plotone di demoni sulle colline di Lameraan. Kay era caduto e Rolando, in piedi su di lui, stava sempre più indebolendosi, quando da dietro le colline vennero le banscee. Erano tante e volavano tutte assieme, nere e spesse da oscurare i raggi del sole. Piombarono sui demoni ed erano affamate e li mangiarono tutti, fino all’ultimo, lasciando vivi ed integri Kay e Rolando. Più tardi quando i teyn -e- teyn ritrovarono la caverna delle loro donne ed istituirono la prima granlega di Ferrogiada, la banscea divenne il loro animale fratello ed il loro sigillo. Nessun Ferrogiada ha mai ucciso una banscea e la leggenda vuole che quando un uomo di Ferrogiada è in pericolo, debba apparire una banscea per guidarlo e per proteggerlo».

«Una bella storia», disse Dirk.

«È ben più di una storia», disse Janacek. «C’è un legame tra Ferrogiada e la banscea, t’Larien. Può darsi che sia un legame di tipo extrasensoriale, oppure può darsi che quegli animali siano intelligenti, o forse è tutta questione di istinto. Non pretendo di saperlo. Eppure un legame esiste».

«Superstizioni», disse Gwen. «Non devi farti delle idee sbagliate su Garse. Non è colpa sua se non ha mai ricevuto un’educazione adeguata».

Dirk spalmava la pasta sul biscotto e fissava Janacek. «Jaan mi ha detto di essere uno storico. So cosa fa Gwen», disse. «E lei? Lei che cosa fa?».

Gli occhi celesti lo fissarono freddamente. Janacek non disse niente.

«Ho l’impressione», disse Dirk continuando, «che lei non sia un ecologo».

Gwen rise.

«È un’impressione misteriosamente esatta, t’Larien», disse Janacek.

«Allora, che cosa ci fa su Worlorn? Per la verità…», spostò lo sguardo su Vikary… «non capisco che cosa ci faccia uno storico in un posto come questo».

Vikary racchiuse il suo boccale di birra tra le grandi mani e lo bevve pensieroso. «È piuttosto semplice», disse. «Sono un altolegato dell’Unione Ferrogiada, vincolato a Gwen Delvano con giada-e-argento. La mia betheyn è stata mandata su Worlorn per i voti del consiglio degli altolegati, per cui è naturale la mia presenza qui. Ed anche quella del mio teyn. Mi capisci?».

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