Lois Bujold - Immunità diplomatica

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Immunità diplomatica: краткое содержание, описание и аннотация

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Una flotta mercantile di Komarr viene bloccata in una remota base spaziale, Graf Station, dopo uno scontro a fuoco tra i locali e la scorta militare del convoglio. Però Miles Vorkosigan ha ben altro a cui pensare: è appena tornato dalla luna di miele e la moglie aspetta due bambini. L’Imperatore Gregor, tuttavia, non può permettersi sentimentalismi e ordina al suo uomo più fidato di raggiungere Graf Station per risolvere una questione, che potrebbe avere spiacevoli conseguenze. Intrighi diplomatici, ricatti incrociati, vecchi amici e nuovi avversari attendono Miles, ma soprattutto una minaccia letale inimmaginabile…

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Di certo non era nell’affollata, spartana infermeria della nave militare barrayarana in cui era stato trasferito dalla Idris. Il suo letto si trovava in una camera piccola, ma elegantemente arredata, la cui estetica cetagandana era chiaramente proclamata dalla quantità di piante, dalla luce serena, dal panorama oltre la finestra di una spiaggia tranquilla. Le onde spumeggiavano dolcemente sulla riva di sabbia bianca, che s’intravedeva dietro alberi alieni che gettavano delicate dita d’ombra. Quasi certamente una videoproiezione, dato che i segnali subliminali dell’atmosfera e dei suoni della stanza gli mormoravano anche Cabina di astronave.

Indossava un ampio indumento serico, in sfumature delicate di grigio, la cui natura di runica da ospedale era tradita solo dalle strane aperture. Sopra la testiera del letto, un pannello discreto riportava dati medici.

— Cosa succede? Abbiamo scongiurato la guerra? Quei replicatori che hanno trovato erano un trucco, vero?

Il disastro finale: la sua nave in corsa aveva intercettato notizie inviate a fascia stretta da Barrayar di negoziati diplomatici interrotti dalla scoperta, in un magazzino vicino a Vorbarr Sultana, di mille replicatori vuoti all’apparenza rubati dal Nido Celeste, privi dei loro occupanti. Presunti occupanti? Neppure Miles era stato sicuro. Un incubo di implicazioni. Il governo barrayarano naturalmente aveva negato vigorosamente di sapere come i replicatori fossero arrivati lì, o dove si trovasse il loro contenuto. E non era stato creduto…

— Il ba, Gupta, ho promesso… tutti quegli embrioni haut… Devo…

Devi stare buono e fermo. — Una mano risoluta sul petto lo spinse giù. — Le questioni più urgenti sono state concluse.

— Da chi?

Ekaterin arrossì leggermente. — Be’… da me, più che altro. Vorpatril probabilmente non avrebbe dovuto lasciarmi passare sopra di lui, tecnicamente, ma ho deciso di non farglielo notare. Hai un influsso malefico su di me, amore.

— Cosa? Come?

— Ho continuato semplicemente a ripetere i tuoi messaggi, e richiedere che fossero trasmessi all’haut Pel e al generale ghem Benin. Benin è stato magnifico. Una volta in possesso dei tuoi primi dispacci, ha scoperto che i replicatori trovati a Vorbarr Sultana erano semplici esche, trafugate dal ba un po’ alla volta dal Nido Celeste più di un anno fa, per prepararsi a questa operazione. — Aggrottò la fronte. — A quanto pare è stata una trappola premeditata del ba, intesa a provocare proprio questo genere di depistaggio. Un piano di riserva, casomai qualcuno si rendesse conto che non tutti erano morti sulla nave dei feti, e ne seguisse le tracce fino a Komarr. Ha quasi funzionato. Avrebbe potuto funzionare, se Benin non fosse stato tanto scrupoloso ed equilibrato. Da quel che ho capito, le circostanze politiche connesse a questa indagine erano diventate molto difficili. Ha davvero messo in gioco la sua reputazione.

Forse anche la sua vita, se Miles leggeva correttamente fra le righe. — Onore al merito, allora.

— Le forze militari, le loro e le nostre, sono finalmente uscite dallo stato di allerta e ora stanno rompendo le righe. I cetagandani l’hanno dichiarato un affare interno.

Miles si rilassò sui cuscini, enormemente sollevato. — Ah.

— Non credo che avrei potuto arrivare a loro senza il nome dell’haut Pel. — Esitò. — E il tuo.

— Il nostro.

A queste parole le sue labbra s’incurvarono in un sorriso.

— Effettivamente Lady Vorkosigan sembrava una formula magica. Faceva esitare entrambe le parti, mentre continuavo a gridare la verità. Ma non avrei potuto farcela senza il nome.

— Posso suggerire che solo il mio nome non avrebbe potuto farcela senza di te? — La sua mano libera si strinse intorno a quella di Ekaterin, sulla trapunta. Lei rispose alla stretta.

Cercò di nuovo di alzarsi. — Aspetta, non dovresti essere in tuta anticontaminazione?

— Non più. Stai giù , maledizione. Qual è l’ultima cosa che ti ricordi?

— Ero su una nave barrayarana a circa quattro giorni dallo Spazio Quad. E il freddo… — I suoi occhi si fecero scuri al ricordo, — era freddo davvero. I filtri del sangue non ce la facevano più, nemmeno usandone quattro alla volta.

— Sì — confermò Ekaterin… — Vedevamo letteralmente la vita scorrerti via dal corpo; il tuo metabolismo non ce la faceva, non poteva rigenerare le risorse che venivano risucchiate, nemmeno con le endovenose e i tubi di siero nutriente a pieno regime, e trasfusioni multiple. Il capitano Clogston non è riuscito a escogitare altro modo per sopprimere i parassiti, che mettere te, Bel, e i parassiti in stasi. Ibernazione fredda. Il gradino successivo sarebbe stato il congeLamento criogenico.

— Oh, no. Non di nuovo!

— Era l’ultima spiaggia, ma non ce n’è stato bisogno, grazie al cielo. Quando tu e Bel siete stati raffreddati abbastanza, i parassiti hanno smesso di moltiplicarsi. I capitani e gli equipaggi del nostro piccolo convoglio hanno fatto l’impossibile per farci viaggiare alla massima velocità compatibile con la sicurezza, e anche un po’ di più. Oh, sì, siamo arrivati; siamo entrati in orbita intorno a Rho Ceta… ieri, credo.

Era riuscita a dormire da allora? Non molto, sospettava Miles. Il suo viso, benché allegro, era contratto dalla fatica. Tese di nuovo una mano verso di lei, per toccare delicatamente le sue labbra con due dita come faceva di solito con la sua immagine olografica.

— Mi ricordo che non hai voluto che ti dicessi addio come si deve — si lamentò Miles.

— Mi sono detta che ti avrebbe dato una motivazione in più per lottare. Se non altro per avere l’ultima parola.

Miles sbottò in una risata e lasciò ricadere la mano sulla trapunta. Probabilmente la gravità artificiale non era veramente impostata su due G in quella camera, anche se il suo braccio sembrava legato a pesi di piombo. Doveva ammetterlo, non si sentiva esattamente… in forma. — E allora, sono libero da quei parassiti infernali?

Il sorriso ricomparve. — Completamente guarito. Be’, insomma, quella terrificante dottoressa cetagandana che la haut Pel ha portato qui ti ha dichiarato guarito. Ma sei ancora molto debole. Devi riposare.

— Riposare, non posso riposare! Cos’altro sta succedendo? Dov’è Bel?

— Anche Bel è vivo. Potrai vederlo tra poco, e anche Nicol. Sono in una cabina in questo corridoio. Bel ha subito… — Aggrottò la fronte, esitante. — Ha subito più danni di te da questa cosa, ma dovrebbe ristabilirsi col tempo.

A Miles quella frase non piacque molto.

Ekaterin seguì il suo sguardo che vagava per la stanza.

— Al momento siamo a bordo della nave della haut Pel… cioè, la sua nave del Nido Celeste, che l’ha portato qui da Eta Ceta. Le donne del Nido Celeste vi hanno fatto trasferire qui per curarvi e non hanno lasciato salire a bordo nessuno dei nostri uomini per farvi la guardia, nemmeno l’armiere Roic all’inizio, cosa che ha provocato uno stupidissimo litigio; avevo voglia di sculacciare tutti quanti, finché poi non hanno deciso che Nicol e io potevamo venire. Il capitano Clogston era molto turbato di non potervi assistere. Ha addirittura minacciato di non restituire i replicatori finché non avessero cooperato. Puoi immaginare come ho reagito a quell’idea.

— Bene! — E non solo perché si erano liberati di quelle piccole bombe a orologeria. Non poteva immaginare una manovra più psicologicamente sbagliata o diplomaticamente disastrosa, in un momento come quello.

— Inoltre ho dovuto calmare quell’idiota di Gupta, che era isterico all’idea di essere riportato dai cetagandani. Sono stata costretta a fare promesse… Spero di non aver mentito spudoratamente.

— Era vero che covava ancora un serbatoio di parassiti? — chiese Miles. — Hanno curato anche lui? Gli avevo giurato che se avesse collaborato come testimone, Barrayar l’avrebbe protetto, ma non mi aspettavo di essere incosciente al nostro arrivo.

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