Arthur Clarke - Le sabbie di Marte

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Le sabbie di Marte: краткое содержание, описание и аннотация

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Classico romanzo di «fantascienza», per usare un neologismo abbastanza efficace, «Le sabbie di Marte» descrive il viaggio inaugurale dell’astronave «Ares» — prima nave di linea regolare fra i pianeti — e le lotte di un gruppo di pionieri del XXI secolo per colonizzare le rosse distese desertiche del pianeta Marte. È una lotta affascinante e paurosa su un mondo in agonia dove non esiste quasi più traccia di vegetazione e l’aria è così povera di ossigeno da essere praticamente irrespirabile. Ma la fine del romanzo darà al lettore la più straordinaria — e la meno impossibile — delle sorprese… «Le sabbie di Marte» è un autentico capolavoro della narrativa a sfondo scientifico e fantastico. Non per nulla il suo autore, Arthur C. Clarke, è un noto scienziato, membro della British Astronomical Association e Presidente della Società interplanetare britannica.

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Quelle ultime ore della notte passarono velocissime. Quando il Sole sorse a salutare il suo rivale, Phobos stava per tuffarsi nel cielo orientale. L’intera città assistette in silenzio, affascinata, al duello che poteva risolversi in un unico modo, unico e previsto. Finché aveva brillato incontrastato nel cielo notturno era stato facile affermare che Phobos fosse luminoso quasi quanto il Sole, ma le prime luci della vera alba fecero crollare ogni illusione. Di minuto in minuto Phobos impallidì, per quanto fosse ancora alto sull’orizzonte, quando il Sole spuntò dal deserto. Ora si vedeva chiaramente quanto Phobos fosse debole e giallo al confronto. Non c’era pericolo che le piante si confondessero nella loro ricerca di luce: quando il Sole splendeva, Phobos veniva ridotto a un patetico lume di candela.

Ma era sufficientemente luminoso per adempiere al suo compito, e per la durata di mille anni sarebbe stato il signore incontrastato della notte marziana. E poi? Poi, quando il suo fuoco, per l’esaurimento di quegli elementi ignoti che oggi lo alimentavano, si fosse estinto, sarebbe ridiventato una piccola luna qualsiasi, brillante soltanto dello splendore riflesso del Sole.

Gibson capiva che questo non aveva importanza. Tra meno di un secolo il satellite avrebbe già compiuto la sua opera, e Marte avrebbe avuta un’atmosfera che non avrebbe riperso per molte età geologiche. E quando alla fine Phobos si fosse esaurito e spento, la scienza di epoche future avrebbe saputo trovare una risposta nuova, forse una risposta inconcepibile oggi per questa nostra epoca attuale come cento anni fa sarebbe stata inconcepibile la trasformazione artificiale di un satellite in piccolo sole.

Mentre la prima giornata di quella nuova era si avviava alla sua pienezza, Gibson rimase a lungo a osservare l’ombra doppia che il suo corpo proiettava sul terreno. Le due ombre erano rivolte entrambe a ovest, ma mentre una si muoveva appena, la seconda, la più debole, si allungava rapidamente sbiadendo sempre più. Alla fine scomparve di colpo nel momento preciso in cui Phobos sparì sotto l’orlo di Marte.

La sua brusca scomparsa ricordò a Gibson qualcosa che lui, e con lui quasi tutti a Porto Lowell, avevano dimenticato nel fervore dell’entusiasmo. Che cioè a quell’ora la notizia dell’avvenimento doveva essere giunta alla Terra, anche perché, ma Gibson non ne era sicuro, probabilmente Marte adesso doveva apparire infinitamente più luminoso, visto da laggiù.

Sicuramente fra poco la Terra avrebbe rivolto loro domande molto precise.

16

Fu una di quelle cerimonie tanto care ai programmisti degli spettacoli televisivi. Hadfield e il suo stato maggiore al completo si erano raccolti in gruppo compatto al limite della radura, con le cupole di Porto Lowell alte nello sfondo. Una bellissima inquadratura, pensò l’operatore, per quanto la doppia illuminazione in continuo aumento gli complicasse alquanto il lavoro.

Ricevuto il segnale della sala di regia, fece girare lentamente la macchina da presa da destra a sinistra per offrire agli spettatori una visione d’insieme prima dell’inizio vero e proprio dello spettacolo. Non che ci fosse gran che da vedere: il paesaggio era estremamente piatto, e la maggior parte dei dettagli si sarebbe perduta nella trasmissione monocroma. Non era possibile colorare la fascia di lunghezze d’onda in una trasmissione diretta da lì alla Terra, e anche in bianco e nero la trasmissione non era facile. Aveva appena terminato con le sue panoramiche, che ricevette l’ordine di inquadrare Hadfield il quale doveva fare un breve discorso. Il parlato era ripreso su un’altra frequenza, e quindi l’operatore non poteva sentire niente. Ci avrebbero pensato in sala di regia a sincronizzare il sonoro con le immagini che lui stava riprendendo. Del resto sapeva a memoria quello che il presidente stava dicendo in quel momento. Discorsi del genere ne aveva sentiti tanti.

Il maggiore Whittaker passò ad Hadfield la vanga alla quale era rimasto appoggiato per oltre cinque minuti in posa da Cincinnato, e il Presidente prese a spalare la sabbia finché non ebbe coperto le radici della pianta marziana. L’ alga aerea , come era ormai universalmente nota, non aveva certo un aspetto sensazionale, non sembrava neppure abbastanza resistente per reggersi, malgrado la scarsa gravità. E in ogni caso non dava affatto l’impressione di poter un giorno dominare l’avvenire di un pianeta…

Hadfield terminò il suo lavoro di giardinaggio ufficiale lasciando la buca riempita a metà. Ma qualcun altro avrebbe pensato a completare l’opera. Già la squadra di giardinieri aspettava nello sfondo che i pezzi grossi se n’andassero per poter proseguire in pace con il lavoro.

Seguirono molte strette di mano e molti scambi di pacche sulla schiena, poi Hadfield venne letteralmente sommerso dalla folla che gli si era assiepata intorno. L’unico a non curarsi allatto di tutto quel movimento era Quiicc, il cucciolo marziano che seguitava a dondolarsi sulle anche come uno di quei bambolotti col contrappeso in fondo che per quanti urti prendano tornano sempre nella stessa posizione. L’operatore rivolse la macchina su di lui tentando di coglierne un primo piano: sarebbe stata la prima volta che qualcuno sulla Terra avrebbe visto un Marziano vero… almeno in un programma televisivo.

Ehi, che cosa stava succedendo? Qualcosa doveva aver attiralo l’attenzione di Quiicc, lo tradivano le orecchie agitate da un forte tremito. Il cucciolo prese a muoversi con balzi brevi, cauti, e l’operatore lo seguì allargando il campo per vedere dove fosse diretto. Nessun altro si era accorto che Quiicc aveva cominciato a muoversi. Gibson stava parlando con Whittaker e sembrava essersi completamente dimenticato del suo amico.

Ecco che cosa aveva attirato l’interesse di Quiicc. Adesso sì che ci sarebbe stato da divertirsi. E come sarebbe piaciuto sulla Terra! Sarebbe riuscito ad arrivare fin là prima che gli altri se n’accorgessero? Sì… ce l’aveva fatta! Con un ultimo balzo Quiicc era saltato nella buca, e col triplice becco aveva addentato una foglia della pianta appena interrata con tante cerimonie e tanta cura. Sicuramente Quiicc doveva pensare che i suoi amici erano stati molto gentili a darsi tanta pena per lui… Oppure sapeva di fare un dispetto e lo faceva apposta? Si era avvicinato con tanta cautela da far escludere che avesse agito in perfetta innocenza. In ogni caso l’operatore non intendeva mancare una occasione così bella: ne sarebbe risultata una scena molto divertente. Per un attimo girò la macchina a inquadrare Hadfield e gli altri ancora intenti a congratularsi per l’opera che Quiicc stava rapidamente distruggendo.

Ma era troppo bello per durare. Gibson si accorse di quello che stava succedendo e lanciò un urlo che fece trasalire tutti, poi si precipitò su Quiicc il quale, data una rapida occhiata intorno e visto che non c’era nessun posto dove nascondersi, decise di restarsene immobile, assumendo un’aria d’innocenza calunniata. Quindi si lasciò trascinare via senza opporre resistenza, nonostante che Gibson per punirlo lo allontanasse dalla scena del crimine tirandolo per un orecchio. Un gruppo di esperti si raccolse preoccupato intorno all’ alga aerea , ma subito si constatò, con grande sollievo di tutti i presenti, che i danni subiti dalla piccola pianta non erano gravi.

Era stato un incidente banale, e in quel momento nessuno pensò che potesse avere qualche conseguenza. Tuttavia era destinato a ispirare a Gibson una delle sue trovate più brillanti e più efficaci, anche se lui in quel momento non se ne rese conto.

Per Martin Gibson l’esistenza era diventata a un tratto estremamente complicata ma anche estremamente interessante.

Era stato tra i primi a vedere Hadfield dopo la fortunata realizzazione del Progetto Aurora. Il Presidente l’aveva fatto chiamare, e benché avesse potuto concedergli solo pochi minuti del suo tempo prezioso, quei minuti erano stati tuttavia sufficienti per mutare l’avvenire di Gibson.

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