— Sta arrivando Nessus. — Teela si alzò in piedi e si diresse verso la parete invisibile. — Sembra ubriaco.
Nessus non trottava, come era solito fare. Veniva in punta di piedi, mentre le due teste piatte si giravano di scatto a destra e a sinistra. Aveva quasi raggiunto la calotta, quando una specie di grossa farfalla nera venne a posarglisi sulla groppa. Nessus lanciò uno strillo, come una donna, e scattò in avanti con un salto. Atterrò con una serie di ruzzoloni rimanendo alla fine raggomitolato in se stesso come una palla.
Louis si precipitò verso di lui. — Ciclo depressivo — strepitò sopra la sua spalla. Per fortuna si ricordò dove si trovava l’entrata della calotta invisibile. Aguzzò lo sguardo tra le piante del parco.
Gli si inginocchiò vicino: — Sono Louis — gli disse. — Stai tranquillo. — Allungò la mano verso l’arruffio di capelli che copriva il erano dell’alien e si mise a grattarlo piano piano.
A quel contatto il burattinaio sussultò, poi si calmò. — Era pericolosa? — gli chiese Louis. — Quella cosa che si è posata su di te.
— Quella? No. — La voce di contralto usciva soffocata, ma perfettamente pura e scevra da inflessioni. — Quello era solo… un annusa-fuori.
— Come è andata con Coloro-che-governano?
Nessus si ritrasse trasalendo. — Ho vinto.
— Benissimo. Che cosa hai vinto?
— Il diritto di procreare.
— Per questo eri tanto spaventato? — Era inverosimile, pensò Louis. Nessus poteva essere il maschio di una vedova nera condannato per amore… oppure una verginella nervosa… maschio o femmina… o magari tutti e due.
— Potevo fallire, Louis — disse il burattinaio. — Li ho affrontati. Ho bluffato. Ho chiesto un volontario…
— Bravo. Ben fatto. Hai trovato il volontario?
— Uno dei nostri sessi è… di proprietà. Privo di intelligenza: stupido. Coloro-che-governano …
Teela si intromise. — Perché non ti limiti a dire capi ?
— Perché una volta ho cercato di tradurlo con i termini che usate voi — disse il burattinaio. — Una traduzione più appropriata della frase sarebbe coloro-che-governano-da-dietro. C’è un presidente eletto o un portavoce-di-tutti oppure… la vera traduzione della sua qualifica è Ultimo. È stato Ultimo ad accettarmi come compagno. Ha detto che non poteva chiedere a nessun altro di sacrificare il rispetto di se stesso.
Nessus si agitò, cominciando a rilassarsi.
— È la faccenda del pronome che mi disturba — disse Louis. — Devo dire lei a te o a Ultimo?
— Sei indelicato, Louis. Non si discute di sesso con una razza alien. — Una testa sbucò fuori dalle gambe di Nessus e lo fissò con disapprovazione. — Tu e Teela non vi accoppiereste in mia presenza.
C’era una siepe color arancione, alta tre metri e perfettamente allineata, dalla quale pendevano tentacoli blu cobalto. Delimitava i confini del parco. Nessus sospinse il gruppetto in quella direzione.
Louis si aspettava di trovare una breccia nella siepe. Con suo stupore, invece, Nessus entrò difilato dentro la siepe che si aprì da sola per lasciarlo passare, richiudendosi poi dietro di lui. Gli altri lo seguirono.
Il cielo, che prima era di un azzurro cupo, appariva adesso nero e bianco. Sullo sfondo nero della notte eterna spiccavano delle nubi vaganti illuminate dal bagliore di una città che si estendeva per miglia e miglia.
Sin dalla prima occhiata si notava la differenza di dimensioni a paragone delle città terrestri. Gli edifici erano più larghi, gli isolati più massicci, uniformi e alti, anzi altissimi. Il cielo era punteggiato di finestre illuminate che si interrompevano bruscamente là dove l’oscurità indicava, con una linea retta, l’apice dell’edificio.
Perché la città non si intravedeva da lontano? Sulla Terra erano pochi gli edifici più alti di un miglio, mentre qui lo erano quasi tutti. Louis pensò che intorno al parco esistessero campi di flessione della luce. Non aveva pensato a chiederlo. Era un altro miracolo dei burattinai.
— Il nostro veicolo si trova sull’altra estremità dell’isola — disse Nessus. — Saremo là in un minuto, con i dischi mobili. Ve li faccio vedere.
— Ti senti bene, adesso? — chiese la ragazza.
— Sì, Teela, il peggio è passato. — Il burattinaio fece un’abile impennata davanti a loro. — Ultimo è il mio amore. Basta che io ritorni dal Mondo ad Anello.
Al centro della trasversale c’era un’area azzurra di forma rettangolare. Ad ogni entrata del rettangolo era piazzato un disco blu. — Potete salire sui dischi — disse Nessus, — però cercate di non prendere quello sbagliato. — Senza curarsi del disco più vicino, attraversò la strada e trottò verso il disco che si trovava sul lato opposto. Sparì.
Per un istante rimasero tutti paralizzati dallo stupore. Poi Teela si mise a correre verso il disco, strillando come un fantasma impazzito. E si dileguò anche lei.
Speaker scattò con un ruggito, piombando sul disco con una precisione da fare invidia a una tigre. Louis si trovò solo.
— Per tutti i Diavoli della Nebbia — esclamò con aria sbalordita. — Hanno trovato cabine-transfert senza pareti.
E fece un passo avanti.
Si ritrovò in piedi nel rettangolo al centro della trasversale successiva, tra Nessus e Speaker. — La tua compagna è partita prima — disse Nessus, — spero che ci aspetti.
Il burattinaio si diresse verso un altro disco che gli si trovava dirimpetto. Lo raggiunse in pochi passi e sparì di nuovo.
— Che razza di organizzazione! — esclamò Louis ammirato. Era di nuovo solo, perché lo kzin aveva già seguito Nessus. — Basta camminare ed è fatta. Con tre passi superi un isolato. Come una magia. — Proseguì a lunghi passi.
Era come calzare gli stivali delle sette leghe. Corse agilmente sulla punta dei piedi, e la scena cambiava ogni tre passi. I segni circolari che si vedevano agli angoli dovevano essere i codici postali, in modo che i pedoni sapevano quando erano arrivati a destinazione. Per scendere al centro dell’isolato bastava far ruotare il disco.
Sulla strada si affacciavano le vetrine. O non erano vetrine, ma qualcosa di molto diverso? In fondo a quel canyon di edifici vide spuntare dei palazzi al di sopra degli altri. Accelerò il passo.
Davanti a lui, in fondo al sentiero, gli alien gli stavano sbarrando la strada.
— Temevo che avessi perso il tuo turno — disse Nessus, e li guidò a sinistra.
— Aspetta… — ma anche lo kzin era sparito. Dove diavolo era Teela?
Doveva essere stata la prima a filare. Louis voltò a sinistra e proseguì.
Gli stivali delle sette leghe. La città gli passò davanti come in sogno. Fugaci visioni di chicche colorate gli confondevano il cervello. Via libera attraverso la città, con dischi dai diversi colori, a dieci isolati per volta. Dischi per le lunghe distanze che facevano centro miglia per ogni passo. Piste per attraversare gli oceani: ad ogni passo un’isola. Isole come pietre per attraversare un ruscello!
Cabine-transfert aperte. Il progresso dei burattinai era pauroso. Il disco era in uno spiazzo e non si faceva in tempo a salirvi che già si metteva in funzione. Un passo ed ecco già la prossima fermata. Al confronto i marciapiedi mobili facevano una meschina figura.
Louis si trovò fuori dei dischi mobili, sulla riva di un mare nero e tranquillo. Oltre l’orizzonte, quattro lune paffute si levavano, in linea verticale, sullo sfondo delle stelle. A metà strada si stagliava un’isoletta vivamente illuminata. Gli alien lo stavano aspettando.
— E Teela?
— Non so dove sia — rispose Nessus.
— Per i Diavoli Fumanti! Come possiamo rintracciarla?
— Dovrà trovarci lei. Non è il caso di preoccuparsi.
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