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Joe Haldeman: Guerra eterna

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Joe Haldeman Guerra eterna

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La guerra, ci insegna l’autore, non è mai una cosa piacevole. E in una guerra che dura 1200 anni, le probabilità di sopravvivenza sono prossime a zero. Iniziata nel 1997, la guerra contro la razza extraterrestre dei Taurani si trascina avanti pesantemente, un secolo dopo l’altro. I soldati che la combattono viaggiano tra le stelle a velocità prossime a quelle della luce, e invecchiano soltanto di pochi mesi ad ogni viaggio, mentre i secoli si susseguono rapidamente sulla Terra: una Terra che ad ogni licenza diventa sempre più irriconoscibile. Il soldato Mandella inizia come fuciliere: è di leva, non ama né la vita militare né il modo con cui gli alti comandi trattano lui, i suoi compagni e in sostanza anche il nemico. Ma, nonostante queste sue avversioni, il semplice espediente di non farsi uccidere in qualche scaramuccia o in qualche esercitazione (assai più pericolose che non i veri combattimenti) lo porta a diventare maggiore, a capo di qualche… secolo. E parallelamente all’inglorioso svolgersi della Guerra Eterna, vediamo i cambiamenti della società terrestre in 1200 anni: i mutamenti di abitudini e di prospettive culturali, estrapolati da Haldeman in modo quanto mai plausibile. Un grande romanzo, che ha giustamente meritato i massimi premi della fantascienza.

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— Jeff… va un po’ meglio? — Era ancora un po’ pallido.

— Se gli dèi avessero destinato l’uomo a sopravvivere in caduta libera, lo avrebbero equipaggiato con una glottide di ghisa. — Sospirò, pesantemente. — Va un po’ meglio. Muoio dalla voglia di una fumatina.

— Già.

— Mi è sembrato che tu l’abbia presa bene. Avevi viaggiato nello spazio quando frequentavi la scuola, no?

— Tesi sulla saldatura nel vuoto, sicuro. Tre settimane in orbita intorno alla Terra. — Mi sedetti e per la millesima volta allungai la mano per prendere il mio portaerba. E quello continuava a non esserci. L’Impianto Ambiente non voleva aver niente a che fare con la nicotina e il catrame.

— L’addestramento è già stato uno strazio — mugugnò Jeff. Ma questa merda…

— At-tenti! — Ci alzammo in piedi, straccamente, a gruppetti di due e di tre. La porta si aprì ed entrò un maggiore. Mi irrigidii un tantino. Era l’ufficiale di rango più elevato che avessi mai visto. Aveva una fila di nastrini cuciti alla tuta, compreso un nastrino purpureo indicante che era stato ferito in combattimento, nel vecchio esercito americano. Doveva essere stato in quella faccenda dell’Indocina, che comunque era sbollita prima che io nascessi. Ma non sembrava poi tanto vecchio.

— Seduti, seduti. — Fece un cenno con la mano. Poi si piantò i pugni sui fianchi e squadrò la compagnia, con un sorrisetto sulle labbra. — Benvenuti su Caronte. Avete scelto una bellissima giornata per atterrare, fuori la temperatura è estiva, otto virgola quindici gradi assoluti. Si prevedono scarsi cambiamenti per i prossimi due secoli o giù di lì. — Alcuni di noi risero a mezza bocca. — È meglio che vi godiate il clima tropicale qui a Base Miami: godetevelo finché potete. Qui siamo al centro dell’emisfero illuminato dal sole, e quasi tutto l’addestramento si svolgerà sull’emisfero buio. Da quelle parti, la temperatura è freschina: due virgola zero otto gradi assoluti.

"Sarà bene che consideriate tutto l’addestramento compiuto sulla Terra e sulla Luna come un esercizio elementare, ideato per darvi una discreta possibilità di sopravvivere su Caronte. Qui dovrete ripassare tutto il vostro repertorio: utensili, armi, manovre. E vi accorgerete che, a queste temperature, gli utensili non funzionano come dovrebbero, e le armi non vogliono saperne di sparare. E la gente si muove con mooolta prudenza."

Studiò la tabella che aveva in mano. — Per ora, siete quarantanove donne e quarantotto uomini. Due morti sulla Terra, uno congedato per motivi psichiatrici. Dopo aver letto lo schema del vostro programma d’addestramento, francamente sono sorpreso che ce l’abbiate fatta in tanti.

"Ma tanto vale vi dica subito che non sarò scontento se anche solo cinquanta di voi, la metà, supereranno questa fase finale. E l’unico modo per non superarla è morire. Qui. L’unico modo in cui qualcuno ritorna sulla Terra, me compreso, è dopo un turno di combattimento.

"Completerete il vostro addestramento entro un mese. Da qui andrete alla collapsar Stargate, a mezzo anno-luce di distanza. Resterete nella colonia di Stargate 1, il più grosso pianeta portale, fino all’arrivo dei rincalzi. C’è da sperare che l’attesa non duri più di un mese: un altro gruppo deve arrivare qui non appena ve ne sarete andati.

"Quando lascerete Stargate, vi trasferirete vicino a qualche collapsar d’importanza strategica, vi creerete una base militare, e se sarete attaccati combatterete il nemico. Altrimenti, terrete la base fino a nuovo ordine.

"Nelle ultime due settimane qui, il vostro addestramento consisterà nel costruire esattamente una base dello stesso tipo di questa, nell’emisfero buio. Là sarete completamente isolati da Base Miami: niente comunicazioni, niente evacuazioni mediche, niente rifornimenti. Prima che le due settimane siano trascorse, il vostro sistema difensivo verrà messo alla prova da un attacco ad opera di sonde teleguidate. Saranno armate."

Avevano speso tutto quel danaro per noi solo per ammazzarci in addestramento?

— Tutti i membri del personale permanente, qui su Caronte, sono combattenti veterani. Quindi, tutti noi abbiamo dai quaranta ai cinquant’anni. Ma sono convinto che possiamo farcela a starvi dietro. Due di noi staranno sempre con voi e vi accompagneranno almeno fino a Stargate. Si tratta del capitano Sherman Stott, vostro comandante di compagnia, e del sergente Octavio Cortez, vostro primo sergente. Signori?

Due uomini seduti in prima fila si alzarono con gesti sciolti e si girarono verso di noi. Il capitano Stott era un po’ più piccolo del maggiore, ma pareva uscito dallo stesso stampo: faccia dura e liscia come la porcellana, un mezzo sorriso cinico, un centimetro esatto di barba che incorniciava il mento largo; e dimostrava trent’anni al massimo. Al fianco portava una grossa pistola, del tipo a polvere da sparo.

Il sergente Cortez era un’altra storia: un racconto dell’orrore. Aveva la testa rapata e di forma assurda, appiattita da una parte, dove era stato evidentemente asportato un pezzo di calotta cranica. La faccia era molto scura, segnata da rughe e cicatrici. Gli mancava metà dell’orecchio sinistro, e i suoi occhi erano espressivi quanto i pulsanti di una macchina. Aveva una combinazione di baffi e di barba, sistemata in modo da sembrare che un magro bruco bianco gli stesse attorcigliato attorno alla bocca. Su chiunque altro, il suo sorriso da ragazzino sarebbe apparso simpatico, ma mi parve l’essere più brutto e dall’aria più carogna che avessi mai visto. Comunque, se non gli guardavi la testa e prendevi in considerazione solo il metro e ottantatré inferiore della sua persona, poteva passare per la pubblicità "dopo la cura" di un centro per culturisti. Né Stott né Cortez portavano nastrini. Cortez aveva un piccolo laser tascabile, appeso di traverso a un sostegno magnetico sotto l’ascella sinistra. Il laser aveva un’impugnatura di legno allisciata e logorata dall’uso.

— Ora, prima di affidarvi alle cure premurose di questi due signori, permettetemi di avvertirvi ancora:

"Due mesi fa su questo pianeta non c’era anima viva, soltanto l’equipaggiamento abbandonato qui dalla spedizione del 1991. Una squadra di quarantacinque uomini ha vissuto e lottato qui per un mese, per costruire questa base. Ventiquattro, più della metà, sono morti durante i lavori. Questo è il pianeta più pericoloso sul quale gli uomini abbiano mai tentato di vivere, ma i posti dove andrete voi saranno eguali a questo, o anche peggio. I vostri quadri cercheranno di tenervi in vita per il prossimo mese. Ascoltateli… e seguite il loro esempio: tutti loro sono sopravvissuti, qui, più a lungo di quanto dovrete fare voi. Capitano?" Il capitano tornò ad alzarsi, mentre il maggiore usciva.

At-tenti! - Le ultime due sillabe furono come un’esplosione, e tutti noi balzammo in piedi.

— Ora vi dirò una cosa, una volta sola , quindi farete bene ad ascoltare attentamente — ringhiò lui. — Qui noi siamo in combattimento, e in combattimento c’è una sola punizione per la disobbedienza e l’insubordinazione. — Si strappò dal fianco la pistola e la strinse per la canna, come una clava. — Questa è una pistola automatica modello 1911 dell’esercito, calibro 45, ed è un’arma primitiva ma molto efficiente. Il sergente e io siamo autorizzati a usare le armi per uccidere, al fine di imporre la disciplina. Non costringeteci a farlo, perché lo faremo. Lo faremo. - Rimise a posto la pistola. La chiusura automatica della fondina fece udire uno scatto secco, in un silenzio di morte. — Tra me e il sergente Cortez, abbiamo ucciso più persone di quante ce ne siano in questa stanza. Abbiamo combattuto entrambi nel Vietnam dalla parte degli americani ed entrambi siamo entrati nella Guardia Internazionale delle Nazioni Unite più di dieci anni fa. Ho rinunciato a un avanzamento al grado di maggiore per avere il privilegio di comandare questa compagnia, e il primo sergente Cortez ha rinunciato al grado di vicesergente maggiore, perché siamo entrambi combattenti , e questa è la prima situazione di combattimento dopo il 1987.

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