E lo stava infatti aspettando. Lo abbracciò in silenzio, e poi rotearono entrambi pigramente nel mezzo della stanza, dimentichi di tutto. Carl si era finalmente impadronito dell'arte di mettere da parte gli affari, una volta tornato nel piccolo alloggio, e questa volta lo fece di nuovo, anche se le implicazioni delle ultime osservazioni di Virginia erano enormi. Fu tentato di dirlo a Lani, ma poi si trattenne. Fra loro, nell'arco dei decenni, la speranza era stata attizzata fin troppe volte, soltanto per venir soffocata dalla brutale certezza di qualche spietato fatto astronomico. Così, bandì del tutto quell'irritante coro di pensieri e, semplicemente, la baciò.
— Càspita! — alitò lei, profondamente. — Piuttosto torrido per essere a mezzogiorno, particolarmente dopo una notte tanto dura…
— Facciamo del nostro meglio.
— Sono di turno fra poco. Facciamo un rapido pranzo.
— Magnifico. — Carl si lanciò verso la loro minuscola cucina, resa funzionale soltanto perché potevano usare le pareti e il soffitto.
— C'è il tabulato sulla tua stampante, a proposito — si ricordò Lani, prendendo un po' della salsa usata per i legumi brasati e il pollo-muto della sera prima. — Da Virginia.
— Oh?
Scalciò per avvicinarsi alla stampante. Di solito veniva usata soltanto per i casi di emergenza o per divertirsi, non per le faccende ordinarie della nave.
Era una poesia:
La natura non sa niente della morte,
non nel pigro coccolarsi del gatto miiiaaaooo ,
non nella folle scalciata dell'antilope,
mentre il leone fa il suo pasto.
Né nel sollevarsi indolente del mare
al risucchio del lento gradiente d'una stella,
né nell'annuire d'un fiore, nella danza frenetica di un insetto.
Vivi è tutto ciò che il mondo dice.
Sulle alternative esso è muto.
Soltanto in noi e nel nostro interminabile sporgerci in avanti
può vivere la morte.
Ogni vivido momento è libero.
E tutto quello che potrebbe accadere
può ancora essere.
Carl studiò la poesia, corrugando la fronte. — Sta migliorando.
Lani di avvicinò e la lesse lentamente. — Tutte le volte, rimango di nuovo sorpresa. Virginia è davvero là dentro, da qualche parte.
Carl scosse la testa. — Non è da nessuna parte, in realtà. È dappertutto. Il sistema si è espanso molto al di là dei banchi di JonVon. Adesso è Halley.
Lani si girò e l'abbracciò. — Siamo tutti Halley.
Carl respirò l'aromatico, caldo muschio che emanava da lei, e sentì che i vecchi dolori si allentavano. Perché mai ho impiegato tanto tempo a capire che questa brava donna poteva essere un intero mondo per me? E se non me ne fossi mai accorto?
Sentiva Virginia intorno a loro tutti, sentiva l'intera comunità di Halley come una matrice intrecciata nell'antico ghiaccio. Non erano più sepolti dentro, venuti lì soltanto per usufruire di un passaggio. Niente percell. Niente ortho. Erano una nuova, assediata società, un nuovo modo, per un primate versatile, di estendersi oltre, di essere più di quello che era. Non erano semplicemente al centro dell'antico ghiaccio morto, erano il cuore stesso della cometa.
— Sì, suppongo che lo siamo — dichiarò.
Era uno spettacolo che gli umani non avevano mai contemplato prima, e molto probabilmente non avrebbero mai più visto. Il costante martellare dei lanciatori per più di trent'anni aveva alterato l'orbita della montagna di ghiaccio che cadeva verso l'interno, spostando i punti focali di quell'ellisse schiacciata. L'orbita della Terra si teneva aggrappata al Sole deviando dalla forma d'un cerchio perfetto meno del due per cento. Ma l'eccentricità di Halley era stata del novantasei per cento ancora prima che le macchine degli uomini cominciassero la loro persistente sgomitata. Adesso la curva si stringeva sempre più al passare d'ogni ora, portando un'estate bruciante. Halley non si era mai tuffata così vicina all'erodente Caldo.
Le gallerie e i pozzi formavano degli eccellenti amplificatori acustici. A mano a mano che il ghiaccio sfregava e premeva contro le nuove frizioni, i gemiti echeggiavano fino alle profondità del nucleo, svegliando i dormienti, anche se di questi ce n'erano assai pochi, con l'ora cruciale sempre più incombente.
Con un tuffo che la portava più vicina di cinquanta chilometri ad ogni secondo, Halley si precipitava verso il suo antico nemico. Ogni passato incontro aveva spogliato la cometa d'uno strato si pelle di ghiaccio, ma adesso rombava tutta e si torceva sotto l'effetto di nuove forze che cercavano di frantumarla sull'incudine del suo Sole.
Virginia seguiva quella tempesta ululante e accecante attraverso i suoi occhi elettronici. A mano a mano che una telecamera moriva a causa delle raffiche pungenti di polvere e di plasma, lei ne dispiegava un'altra fatta uscire dalle cavità più profonde. Il Sole appariva il doppio più grande di come lo si vedeva dalla Terra. Ma dalla superficie non si vedeva nessun disco incandescente. Halley ruotava ma non si vedeva nessun sorgere del Sole. Invece una corona bianco-incandescente ribolliva in alto. Una chiazza di ardente luminosità segnava il punto dove il fiume che sgorgava dal Caldo incontrava la marea di ioni che esplodeva fuori da Halley, e la vittoria andava inevitabilmente al Caldo. Spezzati, ionizzati, i gas roteavano, venivano deflessi lateralmente e vorticavano intorno al piccolo mondo di ghiaccio come un sudario magnetizzato. Questa turbinante atmosfera non mostrava nessuna lealtà attraverso il suo genitore, ma si precipitava invece verso l'esterno.
Adesso le code gemelle di Halley si srotolavano attraverso uno spazio più esteso dell'orbita di Mercurio. Il contorto vessillo di plasma luminoso conteneva meno fluido di molti dei grandi stagni della Terra, ma la luce avvampante del Sole lo rendeva l'oggetto più visibile del sistema solare. Gli abitanti progrediti di una stella vicina avrebbero potuto captare le scintillanti cortine quasi dritte che sgorgavano dalla stella centrale. La coda di polvere, per contrasto, era una curva fascia rossastra, interrotta da sentieri bui, sfavillanti di sassi e granelli non più grandi d'un micron.
Ma coloro che calcavano la particella di ghiaccio genitrice non potevano vedere la più bella coda che avesse mai aggraziato una cometa in tutta la storia. A mano a mano che sfrecciava sempre più in profondità nel pozzo gravitazionale della sua stella, quella chioma ardente d'una luminosità insostenibile si allargava sempre più divorando l'intero cielo. Adesso accecata, Halley non poteva neppure vedere la sua nemesi. Il cielo era dovunque un bagliore.
Virginia aveva calcolato con grande accuratezza quell'effetto, giacché quella era la chiave. Se avesse permesso ad Halley di rimanere priva di rotazione, la faccia rivolta in permanenza al Sole sarebbe salita fino alla temperatura di quattrocento gradi, la temperatura che qualunque corpo solido avrebbe avuto a quella distanza dal Sole. Adesso osservava gli schermi sepolti a decine di metri sotto il ghiaccio che le indicavano il flusso del calore. A mano a mano che il calore filtrava sempre più in profondità, Virginia faceva ruotare più velocemente quel mondo di ghiaccio, per attenuare gii effetti della vampa del Sole, spandendoli nel modo più uniforme in tutti i suoi punti, consentendo al lato notturno d'irradiare verso la tenebra dello spazio.
Ma la tenebra si stava affievolendo. Ben presto la stessa atmosfera «estiva» della cometa cominciò a riflettere da ogni parte il bagliore del Sole sulla faccia in ombra di Halley, e le temperature aumentarono più in fretta mentre la cometa continuava a precipitarsi verso il perielio.
— Cosa te ne sembra? — Carl stava osservando gli schermi della Centrale con Lani al suo fianco. — Abbiamo già sparato via venti metri di ghiaccio! — proseguì, con veemenza. — Quanto tempo ci vorrà perché finiamo in pezzi?
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