Kleo Mavrides: la giovane sposa era il clone della donna morta. Aveva in comune con lei il nome e i geni. C’erano momenti in cui Lindsay aveva l’impressione che dietro gli occhi allegri della Kleo più giovane si celasse uno spirito assai più vecchio, proprio come un suono poteva vibrare ancora in un cristallo quando la sorgente del suono si era immobilizzata. Lindsay aveva fatto tutto quello che poteva. Sin da quando la giovane Kleo era stata prodotta, si era preso cura di lei in maniera tutta speciale. Lui e Nora avevano trovato soddisfazione nel fare ammenda in quel modo. Era più di una semplice penitenza. E si erano dati troppa pena per chiamarla semplicemente una ricompensa. Era amore.
Lo sposo danzava con poderoso vigore. Aveva la corporatura da orso di tutti i genetici dei Vetterling. Fernand Vetterling era un uomo dotato, il quale risaltava perfino in una società di geni. Erano vent’anni che Lindsay conosceva quell’uomo, come commediografo, architetto, e membro della Congrega. Ancora oggi l’energia creativa dei Vetterling riempiva Lindsay d’una specie di meraviglia, perfino d’una sorta di ottusa paura. Quanto tempo sarebbe durato quel matrimonio, si chiese, fra Kleo, con le sue agili grazie, e il sobrio Vetterling, con una mente simile a un’ascia d’acciaio affilato? Era un matrimonio di stato, oltre che un accoppiamento d’amore. Molto capitale era stato investito in quell’operazione, economico e genetico.
Nora gli fece strada in mezzo a una folla di bambini che stavano sferzando dei vorticanti giroscopi per aumentarne la velocità con dei delicati frustini a treccia. Come al solito, Paolo Mavrides stava vincendo. Il suo volto di ragazzino di nove anni era illuminato da una concentrazione quasi soprannaturale. — Non toccare la mia ruota, Nora — disse.
— Paolo ha giocato d’azzardo — s’intromise Randa Vetterling, una muscolosa ragazzina di sei anni. Sorrise maliziosamente mostrando che le mancavano i denti davanti.
— Giocate bene — commentò Nora. — Non disturbate gli adulti.
Nel palco di Lindsay gli adulti genetici sedevano intorno a un tavolo intarsiato con al centro un oggetto d’arte degli investitori. Stavano conversando esclusivamente in Sguardi, una lingua che all’occhio non addestrato sarebbe parsa consistere interamente in occhiate in tralice. Lindsay, annuendo, lanciò un’occhiata sotto il tavolo. Due bambini erano accucciati là sotto, intenti a giocare in coppia con un lungo cappio di corda. Usando tutte e quattro le mani e le dita più grandi dei piedi, avevano formato un complicato intreccio di angoli. — Molto bello — commentò Lindsay. — Ma andate a giocare a ragnatela da qualche altra parte.
— D’accordo — replicò imbronciato il ragazzino più grande. Facendo attenzione a non guastare la loro struttura, raggiunsero strisciando sui calcagni e sulle dita dei piedi la porta aperta, tenendo allargate le dita delle mani avvolte nei fili.
— Gli ho dato delle caramelle — disse Dietrich Ross, quando i due bambini se ne furono andati. — Hanno detto che le avrebbero messe da parte per dopo. Hai mai sentito parlare di ragazzini di quell’età che mettono da parte le caramelle per dopo? Cosa diavolo sta succedendo a questo mondo?
Lindsay si sedette, aprendo uno specchio tascabile. Tirò fuori un cuscinetto da cipria dal taschino del panciotto.
— Sudi come un maiale — osservò Ross. — Non sei più l’uomo di un tempo, Mavrides.
— Avrai diritto di parlare quando ti sarai fatto quattro misure di ballo, Ross, vecchio imbroglione — fu pronto a replicare Lindsay.
— Margaret ha una nuova opinione sul tuo centrotavola — interloquì Charles Vetterling. L’ex reggente era proprio ridotto male, da quando aveva perso il posto: aveva un aspetto obeso e collerico, i suoi capelli tagliati secondo una foggia fuori moda erano chiazzati di bianco.
Lindsay provò un genuino interesse. — E qual è Cancelliere?
— Erotica. — Il cancelliere-generale Margaret Juliano si sporse sopra il tavolo intarsiato e indicò l’interno della cupola a pressione di perspex. Sotto la cupola c’era una complessa struttura. Le ipotesi avevano abbondato, sin dal primo momento in cui gli investitori l’avevano data a Lindsay.
Il dono era scolpito nell’acqua ghiacciata e placcato di ammoniaca congelata. Alcuni particolari congegni piazzati sotto la cupola lo mantenevano a 40° Kelvin di temperatura. La scultura consisteva di due grumi schiacciati ai poli, coperti da aghi finissimi e filigrane fatte di delicati ghiaccioli cristallini. Il tutto era sistemato su una superficie increspata, che forse intendeva rappresentare qualche limaccioso oceano inimmaginabilmente freddo. Su un lato, spuntando dalla superficie, c’era un piccolo grumo snodato che avrebbe potuto essere un gomito.
— Noterai che ce ne sono due — disse la plasmatrice accademica. — Ritengo che ciò che avviene su un piano fisico sia elegantemente nascosto sotto l’acqua. O meglio, il fluido.
— Non sembrano molto uguali — replicò Lindsay. — Sembra molto più probabile che uno dei due stia mangiando l’altro. Sempre che siano vivi.
— È quello che ho detto anch’io — intervenne Sigmund Fetzko con voce raschiante. Il mechanist rinnegato, di gran lunga il più vecchio di loro sei, si era abbandonato esausto sullo schienale della sua sedia. Le parole gli uscivano con difficoltà, propulse da tiranti flessibili applicati alle costole sotto la pesante giubba. — Il secondo ha delle fossette. Il guscio sta collassando. La linfa gli viene succhiata fuori.
Un bambino dei Vetterling entrò nel palco, lanciato all’inseguimento di un giroscopio che era schizzato via per proprio conto. Vetterling guardò Neville Pongpianskul, cambiando argomento. Il bambino se ne andò, dopo aver riacchiappato il giroscopio fuggiasco. — È un buon matrimonio — rispose Pongpianskul. — La grazia dei Mavrides con la tenacia e la decisione dei Vetterling. Un’accoppiata formidabile. Mikhail Vetterling mostra molte promesse, credo; com’era la sua combinazione?
Vetterling era compiaciuto: — Sessanta di Vetterling, trenta di Mavrides, e dieci per cento di Garza con un accordo generale di reciprocità. Ma ho fatto in modo che i geni dei Garza fossero prossimi a quelli della prima linea dei Vetterling. Niente di tutte quelle interferenze della nuova linea dei Garza. Non fino a quando non ci saranno state delle prove concrete.
— La giovane Adelaide Garza è brillante — osservò Margaret Juliano. — È uno dei miei studenti più evoluti. I superintelligenti sono stupefacenti, Reggente. Un balzo quantico. — Si lisciò il bavero del sovrapanciotto costellato di medaglie con le aggraziate mani rugose.
— Davvero — disse Ross. — Un tempo sono stato sposato alla vecchia Adelaide.
— Cos’è successo ad Adelaide? — chiese Pongpianskul.
Ross scrollò le spalle. — Svanita.
Un lieve brivido attraversò il palco, Lindsay si affrettò a cambiare argomento. — Abbiamo progettato una nuova barcaccia. Nora ha bisogno di questa per farne il suo ufficio.
— Ha bisogno di un posto più grande? — chiese Pongpianskul.
Lindsay annuì. — Il suo incarico. E questo è il nostro miglior ambiente. Wakefield Zaibatsu ha provveduto alla disinfestazione. Altrimenti avremmo dovuto far venire di nuovo la squadra e finirebbero per ribaltare tutto.
— Costruite a credito? — chiese Ross.
— Naturalmente. — Lindsay sorrise.
— Qui, oggi, ci si sta bruciando troppo con tutto questo credito incontrollato nella Goldreich-Tremaine — continuò Ross. — Non sono d’accordo.
— Ah, Ross — intervenne Vetterling — sono ottant’anni che non cambi quel buco dove abiti. Un uomo non riesce neppure a girarsi di fianco in quella tana da topi nel nucleo. Adesso, prendi noi Vetterling. La sposa ci ha appena consegnato le specificazioni per un nuovo complesso di gonfiabili.
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