“Sei la bambina più viziata ed egoista che io abbia mai incontrato in vita mia!” le gridò Nightshade. “Rhys è un uomo buono. Si occupa di te più di quanto tu ti meriti, perché sei stata una vera monella. E adesso sei scappata, e lui probabilmente sta male per la preoccupazione…”
“È per questo che sono scappata”, disse Mina deglutendo fra i singhiozzi. “È per questo che non deve trovarmi mai. E davvero un uomo buono. E io l’ho fatto quasi morire!”
Nightshade la guardò a bocca aperta. Mina non era scappata per sfuggire a Rhys; era scappata per proteggerlo! Nightshade sospirò. Quasi gli dispiaceva di averla sculacciata. Quasi.
“Su, su, Mina.” Nightshade prese a darle delle pacche sulla schiena per aiutarla a smettere di piangere. “Mi dispiace di avere perso la pazienza. Capisco perché l’hai fatto, ma comunque non dovevi scappare. Quanto all’avere quasi fatto morire Rhys, non è niente. Anch’io un paio di volte ho quasi fatto morire Rhys e anche lui più volte mi ha quasi fatto morire. È a questo che servono gli amici.”
Al che Mina parve estremamente stupita, e perfino Nightshade dovette ammettere che quando gli uscì di bocca la sua spiegazione non pareva più così buona come quando ce l’aveva in testa.
“Quello che voglio dire, Mina, è che Rhys ti vuole bene. Non smetterà di volerti bene solo perché tu sei scappata. E adesso oltre a volerti bene sarà preoccupato e non saprà che pensare. Quanto all’averlo messo in pericolo”, disse Nightshade alzando le spalle, “lui sapeva fin dall’inizio che sarebbe stato in pericolo quando ha deciso di portarti a Godshome. Il pericolo non fa differenza per lui. Perché lui ti vuole bene”.
Mina lo scrutava attentamente, e a Nightshade parve che i suoi occhi d’ambra luccicanti di lacrime l’avrebbero inghiottito tutto intero. Mina tese una mano esitante.
“Vale anche per te?” domandò umilmente. “Anche tu mi vuoi bene?”
Nightshade fu costretto a essere sincero. “Io non sono una persona buona come Rhys, e forse per un momento o due laggiù non mi è importato niente di te, ma solo per un momento… o due.”
Le prese la mano e gliela strinse. “Ti voglio bene, Mina. E mi dispiace di averti sculacciata. Allora aiutami a rimettere in piedi la catasta di sassi.”
Mina lo aiutò a disporre i sassi e poi proseguirono, diretti a est. La strada conduceva fra campi di erba alta, accanto a un laghetto, oltre un paio di ruscelli. Ormai il sole era a malapena una macchia rossa nel cielo. Dalla cima di una collina vedevano la strada scendere in una vallata e scomparire in una foresta.
Nightshade valutò le loro opzioni. Potevano accamparsi lì, sul ciglio della strada, all’aperto. Rhys sarebbe stato in grado di trovarli, ma d’altronde lo sarebbe stato chiunque altro, compresi ladri e briganti, e mentre Mina, essendo una dea, poteva trarsi d’impaccio, avrebbe tratto d’impaccio anche Nightshade e Atta? Avendola vista in azione nel tempio, Nightshade non lo riteneva molto probabile.
Se si fossero accampati nella foresta, vi sarebbero stati molti luoghi (un tronco cavo, un folto d’alberi e così via) dove si sarebbero potuti riposare nei pressi della strada pur rimanendo nascosti. Atta li avrebbe avvertiti se fosse arrivato Rhys.
Avendo preso la sua decisione, Nightshade si incamminò lungo la strada che conduceva nella foresta. Mina, che ora si comportava benissimo dopo il loro litigio, gli rimaneva al fianco, e Atta zampettava dietro a loro. Il sole scivolò via verso il luogo in cui andava a passare la notte e lasciò il mondo molto più buio di quanto ci si sarebbe potuto immaginare. Nightshade aveva sperato che una o due lune fornissero un po‘“di luce, ma le lune a quanto pareva erano impegnate in altre questioni, poiché non fecero la loro comparsa, e le stelle erano oscurate dalle foglie fitte dei rami degli alberi sovrastanti.
Nightshade era stato in molte foreste e non rammentava di averne vista una tanto buia e tetra. Non vedeva quasi niente, ma ci sentiva molto bene e quello che udiva era un mucchio di rumori di passi furtivi e movimenti striscianti. Atta non migliorava la situazione guardando furioso nel bosco e ringhiando, e a un certo momento puntò contro qualcosa e fece scattare i denti, e quel qualcosa ringhiò e fece scattare i denti a sua volta, ma poi se ne andò.
Mina prese per mano Nightshade, per non perderlo nel buio. Era evidentemente spaventata, ma non disse mai una parola al riguardo. Sembrava cercare di compensare così il fatto di essere stata una monella, un gesto che commosse Nightshade. Lui stava pensando che la sua idea di accamparsi nella foresta non fosse stata delle migliori. Stava all’erta per cercare un luogo dove passare la notte, ma non trovava niente, e la foresta si faceva sempre più buia. Qualcosa scese in picchiata verso di loro da un albero e si innalzò sopra le loro teste con uno stridio gracchiante, facendo urlare Mina, che si raggomitolò su se stessa, e Nightshade cadde storcendosi una caviglia.
“Dobbiamo fermarci e accamparci”, disse.
“Non voglio fermarmi qui”, disse Mina tremando.
“Non riesco a vedere a un palmo dal mio naso”, le disse Nightshade. “Qui staremo abbastanza al sicuro…”
Atta abbaiò da far gelare il sangue e attaccò qualcosa lottando brevemente. Qualunque cosa fosse, guaì e balzò via. La cagna rimase lì ansimante, e il labbro inferiore di Mina ebbe un fremito. Così come il cuore di Nightshade.
“Bè, forse è meglio un po‘“più avanti”, disse.
I tre proseguirono lungo la strada; Mina camminava accanto a Nightshade e il kender procedeva strascicando i piedi nel buio, con Atta che ringhiava ogni due passi.
“Vedo una luce!” disse Mina, fermandosi all’improvviso.
“No, non la vedi”, disse stizzito Nightshade. “Non puoi vederla. Che ci farebbe una luce qua fuori in una foresta buia?”
“Ma io vedo davvero una luce”, insistette Mina.
E poi anche Nightshade la vide: una luce che brillava fra gli alberi. La luce brillava da una finestra e una finestra voleva dire una casa e una casa con una luce alla finestra voleva dire che qualcuno viveva lì nei boschi. Per di più Nightshade sentì l’odore più gradevole di tutti: il profumo allettante di pane, focaccia o torta appena sfornati.
“Andiamo!” disse Mina emozionata.
“Aspetta un attimo”, disse Nightshade. “Quando ero un piccolo kender, mia madre mi raccontò la storia di una vecchia strega orribile che attirava i bambini a casa sua e li ficcava nel forno e li cucinava trasformandoli in panpepato.”
Mina rimase senza fiato e gli strinse la mano così forte che lui perse ogni sensibilità alle dita. Nightshade annusò di nuovo l’aria. Qualunque cosa venisse cucinata aveva un odore davvero ottimo, e non sapeva affatto di bambini cotti. E passare la notte in un letto morbido sarebbe stato assai preferibile al dormire in un tronco cavo, ammesso di trovarne uno.
“Andiamo a vedere”, disse.
“Andiamo a vedere una vecchia strega orribile?” Mina tremava, tirandosi indietro.
“Sono quasi sicuro di essermi sbagliato in proposito”, rispose Nightshade. “Non era una strega. Era una signora bellissima che cucinava panpepato per i bambini, non il contrario.”
“Sei sicuro?” Mina non era convinta.
“Sicurissimo”, disse Nightshade.
La cosa strana però era che nel momento in cui l’aveva menzionato avrebbe potuto giurare di aver sentito davvero l’odore del panpepato.
Mina non fece ulteriori obiezioni. Tenendosi stretti per mano, si diressero verso la casa. Nightshade ordinò ad Atta di rimanergli al fianco, poiché era costretto ad ammettere fra sé che era molto più probabile incontrare streghe orribili che non signore bellissime abitanti in foreste buie e tetre. Atta aveva smesso di ringhiare e Nightshade lo considerò un buon segno.
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