“Sì”, concordò Rhys, rimettendolo in piedi. “È vero.”
Nightshade lo guardò furioso.
“Mi dispiace, amico mio”, disse sconcertato Rhys. “Non so che dirti. Se non che dobbiamo avere fede…”
“In che cosa?” domandò Nightshade. “In Mina?”
Rhys diede una pacca sulle spalle al kender. “In noi due.”
““Non andare a raccogliere guai”, mi diceva mio padre”, mormorò Nightshade, “anche se il caro vecchio babbo raccoglieva ogni altra cosa che non fosse inchiodata…”.
Furono interrotti da uno strillo acuto e da voci imploranti.
Mina ridiscese le scale ruzzolando. “Signor monaco! Quei morti orribili sono lì sopra! Qualcuno ha aperto la porta…”
“Qualcuno?” ringhiò Nightshade.
“Immagino di averla aperta io”, ammise Mina. Aveva il volto pallido, gli occhi d’ambra spalancati. Guardò Rhys con aria lamentosa. “Lo so che mi avevi detto di restare con te. Mi dispiace di non avere obbedito.” Gli prese la mano, stringendola con fermezza. “Adesso resto con te. Lo prometto. Ma non penso che i morti ci lasceranno uscire”, soggiunse con un fremito nella voce. “Credo che vogliano farmi del male.”
“Avresti dovuto pensarci prima di farli diventare morti!” gridò Nightshade.
Mina lo fissò meravigliata. “Perché mi sgridi? Io non so niente di loro. Io li odio!” Scoppiò in lacrime e cingendo con le braccia Rhys nascose la testa poggiandola sul ventre del monaco.
“Mina, Mina…” invocavano i Prediletti.
Si stavano radunando sul pianerottolo, ammassandosi sotto l’ingresso ad arco. Rhys non riusciva a contare quanti fossero. Nessuno di loro lo guardava. Nessuno guardava Nightshade né Atta. Gli occhi morti dei Prediletti erano fissi su Mina. Quelle bocche morte pronunciavano il suo nome.
Mina sbirciò fuori dalle pieghe della veste di Rhys e, vedendo i Prediletti che la fissavano, si fece piccola per la paura e gemette. “Non permettere che mi prendano!” “Non glielo permetterò. Non avere paura. Dobbiamo proseguire”, disse Rhys, cercando di parlare con calma.
“No, non voglio!” Mina si aggrappò a Rhys, trascinandolo indietro. “Non farmi andare lassù!”
“Nightshade, prendi il mio bastone”, disse Rhys. Si chinò e tirò su la bambina. “Reggiti forte.”
Mina gli mise le braccia al collo e gli cinse la vita con le gambe, nascondendo il viso contro la spalla di Rhys. “Non voglio guardare!”
“Anche a me piacerebbe non guardare”, mormorò Nightshade. “Non vorresti portare anche me, forse?”
“Avanti, cammina”, disse Rhys.
Salirono le scale, muovendosi con andatura lenta ma costante. Uno dei Prediletti fece un passo verso di loro. Nightshade si arrestò, riparandosi dietro a Rhys. Atta abbaiò e scattò in avanti, con le mascelle spalancate e i denti che brillavano. Mina urlò e si aggrappò a Rhys così fermamente che quasi lo soffocava.
“Atta! Smettila!” ordinò seccamente Rhys, e la cagna si ritrasse. Atta procedette al suo fianco, ringhiando per avvertimento, col labbro ritratto a mostrare i denti.
“Vai sempre avanti”, disse Rhys al kender.
Nightshade andò avanti, tallonando Rhys. I Prediletti non prestavano attenzione al monaco, al kender o alla cagna.
“Mina!” esclamavano i Prediletti, allungando le mani verso di lei. “Mina!”
La bambina scrollava il capo nascondendo il viso. Rhys pose il piede sull’ultimo gradino. Si sollevò su se stesso, lentamente. Salendo sull’ultimo gradino arrivò sul pianerottolo sotto l’arco.
I Prediletti gli bloccavano la strada.
Nightshade chiuse gli occhi e strinse con una mano la veste di Rhys e con l’altra l’emmide.
“Siamo morti”, disse Nightshade. “Non posso guardare. Siamo morti. Non posso guardare.”
Rhys, tenendo fra le braccia Mina, avanzò di un passo in mezzo alla folla di Prediletti. I Prediletti esitarono, poi, con gli occhi fissi su Mina, indietreggiarono per lasciare passare il monaco. Rhys li udì avvicinarsi alle sue spalle. Continuò a camminare a un’andatura lenta e regolare, e superarono l’arco entrando nell’atrio. Rhys si fermò, sopraffatto dallo sgomento. Nightshade emise un suono strozzato.
I Prediletti avevano invaso la torre. La scala a chiocciola proseguiva in alto fino in cima alla torre e c’erano morti viventi su ogni scalino. I Prediletti si ammassavano nell’atrio, accalcandosi l’uno contro l’altro, sgomitando e spintonandosi, mentre ognuno cercava di intravedere Mina; e altri ancora si spingevano attraverso l’ingresso, aprendosi la strada per entrare.
“Ce ne sono migliaia!” disse Nightshade deglutendo. “Devono essere qui tutti i Prediletti di Ansalon.”
Rhys non aveva idea di che fare. I morti viventi avrebbero potuto ucciderlo anche senza volerlo. Se si fossero spinti in avanti per afferrare Mina, la calca dei corpi li avrebbe schiacciati.
“Mina”, disse Rhys, “devo metterti giù”.
“No!” gemette la bambina, aggrappandosi a lui.
“Devo”, ripeté lui con fermezza, e la fece scendere a terra.
Nightshade porse a Rhys l’emmide. Rhys prese il bastone e lo tenne dritto orizzontalmente davanti a loro.
“Mina, stai dietro a me. Nightshade, prendi Atta.”
Nightshade afferrò la cagna per la collottola e la trascinò vicino a sé. Atta ringhiava, faceva scattare le mascelle ogni volta che i Prediletti si avvicinavano troppo; ne azzannò più di uno, ma quelli non ci badarono troppo. Mina si premeva contro Rhys, aggrappata alla sua veste. Rhys stava davanti a loro, reggendo il bastone con entrambe le mani, per tenere a bada i Prediletti. Si incamminò verso la porta a due battenti.
I Prediletti gli si ammassarono attorno, gareggiando fra loro per cercare di toccare Mina. Il suo nome risuonava per tutta la torre. Alcuni lo sussurravano come se fosse stato troppo sacro per pronunciarlo ad alta voce. Altri ripetevano “Mina” più volte ritmicamente in maniera ossessiva. Altri ancora piagnucolavano pronunciando il suo nome con tono implorante. Che venisse sussurrato o gridato con forza, le voci parevano cariche di dolore, intente a lamentare il loro destino.
“Mina, Mina, Mina.” Il nome della bambina era un vento mesto che sospirava nel buio.
“Falli smettere!” urlò Mina, coprendosi gli orecchi con le mani. “Perché mi chiamano per nome? Io non li conosco! Perché fanno così?”
I Prediletti gemevano e si accalcavano attorno a lei. Rhys li colpiva col bastone, ma era come cercare di ricacciare indietro le onde infinite. Il lamento mesto aveva assunto un tono differente. Adesso aveva una sfumatura di collera. Gli occhi dei Prediletti finalmente si erano rivolti verso Rhys, che udì lo stridio dell’acciaio.
Atta guaì di dolore. Nightshade si aprì un varco a forza tra i corpi ammassati e trascinò via la cagna da sotto i piedi che la calpestavano, tirandosela su fra le braccia. Atta aveva gli occhi spalancati per il terrore, la bocca aperta, ansimante. Con le zampe gli raspava contro il petto, cercando di reggersi.
L’aria era fetida, puzzava di marcio. A Rhys mancavano le forze. Non avrebbe potuto respingere i Prediletti ancora per molto, e una volta che avesse lasciato cadere il bastone sarebbe stato sopraffatto.
La luce scintillò sulla lama di un coltello. Rhys colpì la lama con l’estremità del bastone e riuscì a deviare il colpo assassino, però il coltello graffiò il braccio di Nightshade, causandogli un taglio profondo. Nightshade urlò e lasciò cadere Atta, che si rannicchiò tremante ai suoi piedi.
Mina guardò fisso il sangue, e il volto le si fece terreo. “Non voglio restare qui”, disse con voce tremante. “Non voglio che succeda questa cosa… Io non li conosco… Ce ne andremo via, lontano…”
“Sì!” gridò Nightshade, stringendosi con la mano il braccio sanguinante.
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