“Lascia che ci pensi Rhys”, le sussurrò.
“Mi basta dire una parola a Chemosh, monaco”, disse Krell, “e lui ti scorticherà vivo, tanto per cominciare…”.
Rhys afferrò saldamente il bastone con le mani, per poi tenerlo dritto davanti a sé. Non aveva idea se questo bastone fosse benedetto come l’altro. Forse sì. Forse no. Sapeva che Majere era dalla sua parte. Percepiva il dio sotto la forma di un coacervo di pace e calma e tranquillità.
Il bagliore negli occhi di Krell si fece maligno.
“Me lo dirai.”
Andò verso la bambina, che in tutto quel trambusto aveva continuato a dormire, e abbassando la mano la afferrò per i capelli e la strappò dal sonno.
Mina rimase senza fiato e poi gridò. Dimenandosi nella stretta di Krell, cercò di liberarsi.
Krell la strinse forte e le mise la mano enorme attorno alla gola.
Mina si lasciò sfuggire un lieve gemito e si irrigidì sotto le grinfie dell’uomo.
“Mi sono sempre piaciute giovani”, ridacchiò Krell. “Eccoti un accenno a quello che accadrà alla bambina se tu non parli, monaco.”
Krell affondò le unghie lunghe, gialle, scheletriche nella gola di Mina. Sottili strie di sangue colarono dai tagli nella carne. Mina trasalì per il dolore, ma non emise alcun suono. I suoi occhi d’ambra si indurirono con ferrea determinazione.
“Oh-oh”, disse Nightshade, e trascinò Atta all’indietro contro la parete.
“La prossima volta faccio un taglio più profondo. Dov’è Mina?” domandò Krell, guardando furioso Rhys.
Ma fu Mina a rispondere.
“Proprio qui”, disse.
Afferrò il bracciale d’osso dell’armatura di Krell e vi affondò le dita. Il bracciale si spezzò e cadde a terra. Mina continuò ad affondare le dita in profondità e da sotto le dita cominciò a sgorgare del sangue.
Krell grugnì per il dolore e cercò di liberare il braccio strattonandolo.
Mina gli torse il braccio. Le ossa si spezzarono, Krell urlò di dolore e, gemendo, cadde in ginocchio. Dalla carne insanguinata, colorata di blu, si vedevano spuntare i margini frastagliati di un osso ricoperto di sangue.
Mina lo fissò con lo sguardo furioso.
“Mi hai fatto male. Sei un uomo cattivo.” Arricciò il naso. “E poi puzzi. Non mi piaci. Io mi chiamo Mina. Che cosa vuoi da me?”
“Che razza di trucco è mai questo?” ringhiò lui.
“Rispondimi!” Mina gli sferrò un calcio sulla coscia rivestita dall’armatura. L’armatura d’osso si spezzò in due.
Krell gemette. “Mi ha mandato Chemosh…”
“Chemosh. Non conosco nessun Chemosh”, disse Mina. “E se è un tuo amico, non voglio conoscerlo. Vattene e non tornare più.”
“Non so che cosa stia succedendo”, disse ferocemente Krell. “Ma non importa. Che cerchi di capirlo il padrone.”
Col braccio buono, afferrò la mano di Mina e ruggì: “Chemosh! L’ho presa…”.
Rhys balzò in avanti, facendo oscillare il bastone verso la testa di Krell. L’emmide sibilò nell’aria vuota. Rhys abbassò il bastone, guardandosi attorno sbalordito. Krell era scomparso.
“Rhys”, gridò Nightshade con voce strozzata. “Guarda su.”
Il kender puntò il dito verso l’alto.
Krell era appeso a testa in giù, sospeso alla volta della grotta con un tratto di corda legato attorno allo stivale. L’elmo a cranio di ariete gli era caduto e adesso era posato a terra ai piedi di Mina.
Krell aveva gli occhi fuori dalle orbite. La bocca gli si spalancava e gli si richiudeva. Il braccio spezzato gli penzolava inerme. Krell si agitava, scalciando col piede, ma riusciva soltanto a dimenarsi ruotando a mezz’aria.
Mina alzò lo sguardo verso Rhys.
“Non ho più sonno. È ora di andare.”
Rhys guardò su verso Krell, che si dimenava e ruotava sul suo filo intessuto da una divinità, e chiedeva, implorava Chemosh di venire a salvarlo. Rhys guardò Nightshade, che fissava Mina con occhi atterriti… e non è facile spaventare un kender.
Mina allungò la mano e prese quella di Rhys.
“Devi portarmi a casa, signor monaco”, gli rammentò. “Me l’hai promesso.”
Rhys non riusciva a rispondere. Una sensazione di soffocamento al petto gli rendeva difficile respirare. Stava cominciando a capire l’enormità del compito che aveva intrapreso.
“Avanti, signor monaco!” Mina lo strattonava con impazienza.
“Mi chiamo Rhys Mason”, disse Rhys, cercando di scandire le parole con un tono disinvolto. “E questo è il mio amico Nightshade.”
“P-piacere di conoscerti”, disse Nightshade con un filo di voce.
“Come si chiama il cane?” domandò Mina. Abbassò la mano per accarezzare Atta, la quale si rannicchiò sotto il tocco della dea bambina e avrebbe voluto allontanarsi strisciando, ma Nightshade la tratteneva. “E una bella cagnetta, mi piace. Ha morso quell’uomo cattivo.” “Si chiama Atta.” Rhys inspirò profondamente. Si inginocchiò, mettendosi al livello degli occhi di lei. “Mina, perché vuoi andare a Godshome?”
“Perché è lì che sta mia mamma”, rispose Mina. “Mi aspetta lì.”
“Come si chiama tua mamma?” domandò Rhys.
“Goldmoon”, disse Mina.
Nightshade emise un suono strozzato.
“Mia mamma si chiama Goldmoon”, stava dicendo Mina, “e mi aspetta a Godshome, e tu mi accompagnerai lì da lei”.
“Rhys”, disse Nightshade, “posso parlarti un momento? In privato?”.
“Non stiamo andando?” domandò con impazienza Mina.
“Fra un attimo”, disse Rhys.
“Oh, va bene. Vado a giocare fuori”, dichiarò Mina. “La cagna può venire con me?” Corse verso l’ingresso della grotta e si girò per chiamare: “Atta! Vieni, Atta!”.
Rhys fece un gesto con la mano. Atta gli lanciò un’occhiata di rimprovero, poi, con gli orecchi bassi, sgattaiolò fuori della grotta.
“Rhys”, disse Nightshade apostrofandolo, “in nome di Chemosh, Mishakal, Chislev, Sargonnas, Gilean, Hiddukel, Morgion e… e tutti gli altri dei che in questo momento non mi vengono in mente, che cosa pensi di fare?”.
Rhys raccolse gli stivali di Nightshade e glieli porse.
Nightshade scagliò via gli stivali.
“Rhys, quella bambina è una dea! Non solo, è una dea che è andata fuori di testa!” Nightshade agitò le braccia per sottolineare le sue parole. “Vuole che la portiamo a Godshome, un posto che forse non esiste nemmeno, per incontrare Goldmoon, una donna che è morta da anni! Quella bambina è suonata, Rhys! Rimbambita! Pazza! Svitata!”
“Chemosh”, ululava Krell. “Figlio di cagna! Vieni a tirarmi fuori di qui!”
Nightshade agitò il pollice verso l’alto.
“Che succederà quando Mina si arrabbierà con noi? Forse ci spedisce su una luna e ci abbandona lì. Oppure solleva una montagna e ce la sbatte in testa. Oppure ci dà in pasto a un drago.”
“Ho fatto una promessa”, disse Rhys.
Nightshade sospirò e, sedendosi, si infilò uno stivale e lo strattonò.
“Hai fatto quella promessa prima di conoscere tutti i fatti”, affermò Nightshade, infilandosi l’altro stivale. “Sai almeno dov’è Godshome, ossia se esiste?”
“Secondo la leggenda, Godshome è sui monti Khalkist, da qualche parte vicino a Neraka”, rispose Rhys.
“Oh, bè, va benissimo”, brontolò Nightshade. “Neraka è il luogo più orribile e malvagio del continente. Senza parlare che si trova dall’altra parte del mondo.”
“Non proprio così lontano”, disse Rhys, sorridendo.
Uscirono dalla grotta, dove Krell era ancora appeso alla volta, si contorceva e imprecava. Chemosh sembrava non avere fretta di soccorrere il suo paladino.
“A mio parere, ti sei fatto infinocchiare”, proseguì Nightshade. Si fermò all’ingresso, alzando lo sguardo verso l’amico. “Rhys, voglio che tu tenga presente una cosa.”
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