Margaret Weis - Ambra e ferro

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La vita sul mondo di Krynn è in rapida evoluzione e persino gli dei ne rimangono sconcertati. Che dire allora dei mortali? Di fronte a forze apparentemente invincibili, una piccola ma determinata banda di avventurieri pone in atto un disperato tentativo di arrestare un’invasione. Mina, enigmatica come sempre, riesce a fuggire dalla sua prigione sottomarina e parte per una ricerca che metterà a dura prova la sua forza di volontà, mentre il male sembra diffondersi inesorabilmente...

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Le labbra del drago si ritrassero dai denti ingialliti formando un sorriso. Con stupore di Mina, il drago si spostò qua e là pesantemente nell’acqua e nuotò verso il fondo del globo, dove si adagiò.

«Mi scuserai», disse il drago. «Sono vecchia e tutta questa agitazione mi ha sfinita. Ma non voglio distoglierti dal tuo compito.»

Gli squali giravano attorno a Mina. Le meduse le si libravano fastidiosamente vicino. Il calamaro aprì gli occhi. Le creature marine la osservarono. Nessuna le si avvicinò.

Mina prese a nuotare nell’acqua, dirigendosi verso il castello di sabbia e tenendo d’occhio i suoi nemici.

Muovendosi pigramente in cerchio, gli squali la accompagnarono. Il calamaro si mosse nell’acqua, ma si mantenne a distanza.

Perplessa oltre misura, Mina continuò a nuotare. Le creature marine la seguirono, la osservarono. Il drago la osservò, con gli occhi verde-oro a luccicarle per quello che poteva essere divertimento.

Naturalmente ci sarebbero state delle trappole.

Arrivando alla struttura, Mina nuotò attorno verso la facciata e rimase lì a galleggiare, ondeggiando lievemente con le correnti, e a fissarla con perplessità. L’acqua non le aveva giocato scherzi alla vista. Il Solio Febalas era un castello giocattolo per bambini, fatto di sabbia, che pareva in procinto di sgretolarsi al minimo tocco.

Mina si sarebbe dovuta mettere carponi per strisciare attraverso la porta, e malgrado la sua corporatura snella sarebbe entrata a malapena.

Non Ci sono oggetti sacri! Questa è una burla perpetrata da Nuitari, ma perché? Perché darsi tutta questa pena? Certamente, rifletté Mina, le vie degli dèi vanno al di là della comprensione umana. Il mio signore sarà estremamente deluso.

Mina guardò indietro verso il drago, che sembrava godere per l’imbarazzo di lei. Mina si domandò se continuare a indagare oppure rinunciare e tornare indietro.

Per lo meno dovrei guardare dentro, si risolse. Il mio signore già così sarà abbastanza furioso. Dovrei essere in grado di fornirgli tutti i dettagli.

Mina si avvicinò con cautela al castello di sabbia, badando a eventuali trappole e mezzo timorosa di tirare giù l’intera struttura se l’avesse urtata. La sommità delle pareti le arrivava alle spalle.

Mina tese la mano per toccare con circospezione la parete. La struttura era fatta di sabbia fusa assieme e dura come il marmo. Quando lei toccò il muro non accadde niente. Mina guardò di nuovo indietro verso il drago e poi fuori del globo di cristallo, temendo che Nuitari arrivasse da un momento all’altro.

Non c’era nessuno e il drago non si era mosso.

Mina nuotò attorno verso la facciata del castello di sabbia e trovò l’ingresso: una porta, alta meno di un metro, fatta di migliaia di perle che tremolavano di un luccichio rosa-violaceo. Al centro era incastonata un’unica runa ricavata da un grosso smeraldo. Mina con la punta delle dita sfiorò lo smeraldo.

La runa emise un bagliore verde accecante. La porta di perla si aprì con forza esplosiva. Troppo tardi Mina capì la trappola. L’edificio era a tenuta d’aria, chiuso ermeticamente contro l’acqua. Quando la porta si aprì, la chiusura si ruppe. L’acqua precipitò all’interno, trasportando con sé Mina. L’afflusso rapido di acqua cessò. La porta si richiuse ermeticamente, rendendo il castello di nuovo a tenuta d’aria.

E prendendo Mina, ancora una volta, prigioniera.

Non meravigliava che il drago apparisse divertito.

La forza dell’acqua aveva fatto perdere l’equilibrio a Mina e l’aveva fatta ruzzolare qua e là. Era stesa a pancia in giù nell’acqua che le arrivava al mento. Il livello dell’acqua però scendeva rapidamente. Doveva esserci uno scolo nel pavimento. Mina udiva l’acqua gorgogliare nel deflusso turbinante.

Mina non vedeva niente in quel buio pesto. Si sollevò lentamente da terra, timorosa di sbattere con la testa contro il soffitto basso. Non percepì niente. Sollevò la mano, e ancora non percepì niente al tatto. Cercò di drizzarsi in tutta la sua altezza.

Non sbatté con la testa. Rimase perfettamente immobile, timorosa di muoversi senza vedere niente. A poco a poco gli occhi le si abituarono al buio. La stanza non era oscura come lei aveva inizialmente pensato. Non c’erano luci, ma certi oggetti attorno alla stanza emanavano un lieve bagliore, per cui Mina poté distinguere l’ambiente che la circondava.

Si guardò attorno. Guardò su e guardò giù. Rimase col fiato in gola. Le lacrime le fecero bruciare gli occhi, rendendo indistinte le luci.

Mina si trovava in una sala immensa. Cento passi non l’avrebbero condotta neanche a metà della sala. Il soffitto su cui temeva di sbattere la testa era tanto in alto sopra di lei che Mina riusciva a malapena a vederlo.

E tutto attorno a lei vi erano gli dèi.

Ciascun dio aveva una nicchia intagliata nella parete, e in ciascuna nicchia vi era un altare. Vari oggetti, sacri a ciascun dio, erano collocati sull’altare o sul pavimento davanti all’altare.

Alcuni degli oggetti sacri brillavano di luce radiosa. Alcuni tremolavano, altri luccicavano. Alcuni oggetti sacri erano bui, alcuni parevano assorbire la luce degli altri.

Mina cadde tremante in ginocchio.

La potenza sacra degli dèi parve annientarla.

«Dèi, perdonatemi!» sussurrò. «Che ho fatto? Che ho fatto?»

12

Nuitari ritornò alla Torre e la trovò sotto assedio. Sua sorella Zeboim, dea delle profondità, a quanto pareva era intenta a scuoterla per farla a pezzi.

Anche se erano fratello e sorella, figli di Takhisis e del suo consorte, il dio della vendetta Sargonnas, Nuitari e Zeboim erano diversi quanto le onde spumose e la luce della luna nera. Zeboim aveva ereditato dalla madre la natura volubile e l’ambizione feroce, ma della madre le mancava la disciplina. Nuitari invece era nato con l’astuzia fredda e calcolatrice della madre, temperata dalla passione per la magia. Zeboim era vicina a suo padre, Sargonnas, e spesso operava con lui per favorire la causa dei suoi amati minotauri, che erano tra i principali adoratori della dea del mare. Nuitari disprezzava il padre e non ne faceva un segreto. Non aveva una grande opinione nemmeno dei minotauri, uno dei motivi per cui vi erano pochi minotauri maghi in circolazione.

Nuitari sapeva che sua sorella sarebbe rimasta sconvolta per il fatto che lui avesse riedificato l’antica Torre dell’Alta Magia nel suo mare senza prima chiederle il permesso. Conoscendola, sapeva che era capace di rifiutarglielo per puro capriccio. Temendo inoltre che questo le mettesse in testa strane idee, Nuitari aveva ritenuto più saggio costruire prima la Torre e poi chiedere perdono alla sorella.

Adesso stava cercando di fare proprio questo, ma Zeboim si rifiutava di ascoltare.

«Te lo giuro, fratello», si adirò Zeboim, «nemmeno una delle tue Vesti Nere oserà mettere piede sull’acqua, altrimenti affronterà la mia ira! Se un mago cercasse di fare un bagno caldo, io lo spingerò sotto! Qualunque nave trasportasse un mago si rovescerà. Le zattere che traghettassero maghi attraverso i fiumi affonderanno. Se un mago metterà il dito del piede in un torrente, io lo rigonfierò facendone un fiume impetuoso. Un mago che appena bevesse un bicchiere d’acqua soffocherà...».

Continuò così, sbraitando e infuriandosi e pestando i piedi. A ogni pestata, il fondo del mare tremava. La sua furia faceva ondeggiare la Torre sulle fondamenta. Nuitari poteva solo immaginare la devastazione che le scosse provocavano all’interno. Aveva perso il contatto con i due maghi, e questo lo preoccupava.

«Mi dispiace, cara sorella, se ti ho sconvolta», disse contrito. «Davvero, non è stato intenzionale.»

«Innalzare questa torre a mia insaputa non è stato intenzionale?» urlò Zeboim.

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