Эд Гринвуд - Elminster - la nascita di un mago

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Elminster: la nascita di un mago: краткое содержание, описание и аннотация

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«I maghi umani ne sanno meno», continuò Broarn, uscendo nuovamente e riapparendo con un vassoio coperto e un vecchio boccale ammaccato, grande quanto la testa di Elminster, «ma sono sempre alla ricerca di vecchie magie o tentano di crearne di nuove. I maghi elfi si limitano a sorridere, e dicono di sapere già tutto ciò di cui hanno bisogno – o, se sono arroganti, affermano di sapere tutto ciò che c’è da sapere – e non fanno nulla».

Elminster vide uno sgabello e vi si sedette. «Ditemi di più», lo incalzò. «Per favore. Ciò che il mago ha detto a proposito dei miei modi semplici è alquanto vero. Vorrei conoscere un po’ di più il mondo».

Broarn sorrise e gli porse vassoio e boccale; il suo sorriso si allargò quando Elminster sollevò il coperchio, vide il pollo freddo e cominciò a divorarlo. «Ah, ma siete abbastanza intelligente da riconoscerlo, signore, mentre molti non lo sono. Per Athalantar c’è poco da dire: i signori maghi tengono questa terra per la gola e non intendono mollare la presa. Tuttavia, per quanto si diano delle arie, non sono riusciti a sostenere un apprendistato di magia nelle terre del sud».

Elminster sollevò lo sguardo con la bocca piena e inarcò le sopracciglia. Il locandiere annuì. «Sì, le terre laggiù sono sempre state ricche e affollate. Il regno più grande è il Calimshan; il luogo da cui provengono quei mercanti dalla pelle scura con le teste fasciate, che arrivano tutti avvolti nelle pellicce, in primavera e in autunno».

«Non li ho mai visti», affermò tranquillamente Elminster.

Il locandiere si lisciò i baffi. «Vi hanno tenuto segregato, ragazzo. Comunque, per farla breve, esiste un’enorme terra senza legge a nord del Calimshan, tutta foreste e fiumi, dove i nobili vanno sempre a caccia… o meglio vi andavano. Un arcimago, ossia un mago di gran lunga più potente di questi signori maghi», Broarn si interruppe per sputare pensosamente sul mago morto ai suoi piedi, «si è stabilito lì e ora governa gran parte del paese, il Calishar, come sono soliti chiamarlo; non so se lo abbia ribattezzato, con la sua mania di cambiare ogni cosa. La gente lo chiama il Mago Pazzo, perché per esaudire i suoi capricci non bada a ciò che distrugge; Ilhundyl è il suo vero nome. Da quando ha rivendicato la terra, molti sono emigrati, per lo più a nord, per timore di essere trasformati in rane o in falchi».

Elminster sospirò. «Sembra che tutto il mondo sia infestato dai maghi».

Broarn sorrise. «Pare che sia così, mio signore. Se vi dovete nascondere dai signori maghi, risalite il Torrente Unicorno, nel cuore della Grande Foresta. Temono che gli elfi possano insorgere contro di loro, e su ciò non si sbagliano… il popolo della foresta ha paura di perdere ancora parte della sua terra a opera delle asce di Athalantar, e lotterà per ogni singolo albero. Se dovete nascondervi solo dai soldati, la Foresta del Drago proprio dietro di noi farà al caso vostro… loro temono i draghi. I maghi dicono di aver ucciso l’ultimo drago qui nei dintorni, e preso il suo tesoro, una ventina di inverni fa, ma non riescono a far sì che la gente semplice ci creda».

Elminster sorrise. «E se invece voglio combattere? Come faccio ad avere la meglio su un mago?»

Broarn allargò le sue mani grandi e pelose. «Imparate, o lanciate una magia più forte».

El scosse il capo. «Come ci si può fidare di qualcuno più potente dei signori maghi? E se una volta uccisi si impossessasse lui stesso del trono?»

Il locandiere annuì in segno di assenso. «Avete ragione. Ebbene, l’altro modo è molto più lento e meno sicuro».

Elminster si sporse dallo sgabello, e gli fece cenno di proseguire. «Ditemi, dunque».

«Lavora da dentro, come un ratto che rosicchia la dispensa».

«Come fa un uomo a diventare un ratto?»

«Ruba. Diventate un ladro, frequentate le vie secondarie e le taverne dei bassi fondi e i mercati di Hastarl, rimanete attaccato alle vesti dei maghi e aspettate, osservate e imparate. I guerrieri devono stare eretti e agitare le spade… ed essere visti e uccisi da qualsiasi mago che punti una bacchetta contro di loro, e i fuorilegge devono uscire troppo spesso in cerca di cibo. Probabilmente avete visto abbastanza delle terre selvagge del regno per soddisfare la vostra curiosità. È ora che conosciate la città, e il ladrocinio. Si apprende a governare, come sostiene qualcuno». Sorrise per la sua battuta sollevando un angolo della bocca. «Inoltre, la via di un guerriero non è meno sicura di quella del ladro; qualsiasi uomo può essere sopraffatto se preso da solo – come avete imparato stanotte – e se aspettate abbastanza a lungo…»

El sogghignò come un lupo a un banchetto, si alzò e afferrò le gambe del mago. «Avete un badile?»

Broarn lo guardò. «Sì, e un bel cumulo di letame tiepido, Principe». Si afferrarono le braccia l’un l’altro, come tra guerrieri.

«Almeno mangiate ancora qualcosa, prima di partire», mugugnò Broarn, porgendogli un vassoio.

Elminster lo prese; la scodella che vi era appoggiata emanava vapore e un profumo delizioso. «No», esclamò, «dovrei essere…», poi il suo stomaco borbottò tanto rumorosamente che entrambi scoppiarono a ridere.

«Ricordate di prendere quel ciondolo quando ve ne andrete e di nasconderlo da qualche altra parte», affermò Broarn seriamente. «Non voglio che i maghi lo rintraccino qui, per poi interrogarmi gentilmente con i loro incantesimi».

«Lo porterò con me», promise Elminster. «Al momento si trova sotto a una pietra sulla strada, dove potrebbe averlo lasciato qualsiasi ladro».

«Va bene», esclamò Broarn, «allora io…» Si interruppe e allungò una mano per invitare Elminster a fare silenzio.

Poi inclinò la testa verso la porta sul retro della stalla, e rimase in ascolto. Poco dopo, allungò la mano oltre la porta laterale e afferrò nuovamente la vecchia ascia.

Elminster sguainò la Spada del Leone e sprofondò in mezzo al fieno, nonostante il fumo rivelatore salisse lentamente dal vassoio.

Lo sportello si aprì senza far rumore. Broarn era immobile e un sorriso illuminò il suo volto non appena una voce familiare esclamò: «Mi stavi aspettando, caro?»

«Entra, Helm, mentre c’è ancora tepore nella stalla», borbottò il locandiere, facendo un passo indietro.

«Ho portato degli amici», affermò il cavaliere entrando nel locale, più sporco che mai. Aggrottò le ciglia quando vide spuntare El, paglia nei capelli e spada in mano.

«Solo fin qui sei arrivato? Ti pensavo già oltre il fiume», esclamò.

Elminster scrollò il capo, e il suo sorriso svanì improvvisamente. «Il mago che mi è sfuggito al campo è riuscito in qualche modo a trovarmi – probabilmente può rintracciare il libro di magia – e per poco non mi ammazzava. Broarn l’ha ucciso con quell’ascia».

Helm guardò il locandiere con meritato rispetto. «Un assassino di maghi, adesso». Girò intorno a Broarn come se stesse osservando una donna con un’audace veste lunga, poi fece un cenno d’approvazione. «È una fratellanza esclusiva, sai… oltre a me e al ragazzo qui presente, i suoi unici membri sono i morti e qualche mago vivo. Perché…?»

«Helm», lo interruppe bruscamente Broarn, «perché sei qui? Ho dei soldati in casa, dovresti saperlo».

Mentre parlavano, i cavalieri erano entrati uno per volta e si erano ammassati nelle stalle posteriori. Molti di essi portavano armature sottratte alle guardie di Athalantar, e ora sembrava che nella stalla vi fossero una decina di soldati trasandati.

«Abbiamo un piccolo problema», asserì Helm più seriamente. «Mauri sta tremando qui fuori su una slitta, con un’altra ventina di guerrieri coraggiosi».

«Hanno preso il Castello Senza Leggi?» chiese l’oste con aria scioccata. «No. Siamo scappati prima che potessero intrappolarci dentro. I maghi hanno mandato numerosi soldati da Sarn Torel, per proteggere una dozzina di maghi. Hanno ucciso venti o più briganti che conosciamo e ne hanno torturato uno con gli incantesimi… ormai sapranno dove si trova il castello, e vi si stanno recando».

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