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Эд Гринвуд: Elminster: il viaggio

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Эд Гринвуд Elminster: il viaggio

Elminster: il viaggio: краткое содержание, описание и аннотация

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Era il tempo in cui il magnifico regno elfo di Cormanthor era dominato dai barbari, draghi malefici governavano i cieli e gli abitanti non nutrivano più fiducia in nessuno. Maghi e guerrieri minacciavano i regni poiché mossi dalla loro arrogante e rozza ignoranza anelavano alla gloria. Accadde in quel tempo che, dopo un interminabile viaggio, Elminster giungesse a Cormanthor, alle Torri del Canto, regno di Eltargrim. In quel luogo Elminster visse per più di dodici estati, dedicandosi allo studio della magia, imparando, grazie all'aiuto di una congrega di maghi sapienti, ad avvertire dentro di sé la forza della magia e a farvi ricorso per dominare il male...

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Symrustar prese fiato e rabbrividì, osando sperare e respirare, dopo ciò che le era sembrato un’eternità.

Il giovane la voltò a mezz’aria fino a prenderla fra le sue braccia, e lentamente discesero sul pavimento. Quando le sue ginocchia toccarono terra, El percepì la stima di molti elfi, ma si chinò e baciò la bocca insanguinata di Symrustar come fossero stati amanti da sempre. Labbra contro labbra, le infuse forza vitale, lasciando che tutto il potere ricevuto da Mystra fluisse nel suo corpo straziato. Poi le trasmise la sua vitalità, finché, vinto dalla debolezza, dovette alzarsi e finalmente respirare.

Fu allora che la donna parlò per la prima volta, in un sussurro stridulo. «Sei tu, non è vero, Elminster? Ho dovuto aspettare tanto per questo bacio».

El ridacchiò e la tenne a sé mentre la luce tornava nei suoi occhi.

Dapprima le apparve il soffitto squarciato della corte, poi lui. Lentamente, con una smorfia di dolore, Symrustar abbozzò un sorriso. «Ti sono grata, mi stai rendendo più semplice il trapasso, ma sto morendo, non puoi farci nulla. Quella notte, nella foresta, Mystra mi salvò dalla morte che Elandorr aveva progettato per me, perché compissi una missione. L’ho portata a termine, e ora posso morire».

Il giovane mago scosse lentamente la testa, consapevole delle facce vigili e delle mani sollevate di Sylmae e di Holone, pronte a colpire se mai Symrustar avesse tentato un ultimo tradimento.

«Mystra non tratta così gli individui», le sussurrò delicatamente.

La ragazza si contrasse per una fitta di dolore, e un rivolo di sangue scintillante le fuoriuscì da un angolo della bocca. «È ciò che pensi tu, Eletto. Io sono un’elfa, e per di più ho abusato della magia. Ho tentato di renderti mio schiavo: ti avrei rubato tutti gli incantesimi e ti avrei ucciso. Perché dovrebbe interessarle il mio destino?»

«Per la stessa ragione per cui interessa a me», ribatté El gentilmente.

Quegli occhi arrossati dal dolore tremolarono. «Per amore? Piacere? Non lo so, uomo. Non posso soffermarmi a riflettere, la vita scivola via…»

«Una vita», le rispose il giovane immediatamente, quando comprese finalmente il progetto di Mystra. «Ma non tutto ciò che è Symrustar».

Le aprì ciò che rimaneva del corpetto sbrindellato e inzuppato di sangue, e tracciò sulla sua carne straziata il primo simbolo d’oro che Mystra gli aveva impresso nella mente: quello che avrebbe scintillato per sempre.

L’elfa ricominciò a respirare liberamente, e si mise seduta, gli occhi luminosi. «Finalmente, finalmente capisco. Oh, umano, ti ho trattato ingiustamente fin dall’inizio. Ho…»

Un fuoco color blu-bianco iniziò ad avvolgerle il corpo, al che non sprecò altro tempo in parole e lo baciò teneramente.

Le sue labbra erano ancora appoggiate a quelle di El quando la ragazza scomparve, lasciando dietro di sé granelli di luce che danzarono per qualche istante per poi svanire nel nulla.

El sollevò lo sguardo e vide quattro dei tessitori, le loro membra ancora avvolte da fuoco bianco e collegate al Mythal sopra di loro, osservarlo con affetto e preoccupazione.

«Mystra l’ha reclamata. Ora servirà la Signora dei Misteri», esclamò rivolto alla Srinshee, alla Lady d’Acciaio, ad Alais e al Coronal.

D’un tratto qualcosa gli si arrampicò su per il braccio, e il giovane lo afferrò e lo sollevò, perplesso. Un brandello vivo di tessuto impolverato, macchiato di sangue: la maschera che Llombaerth Starym aveva indossato per tanto tempo. Tra le dita sentì un formicolio caldo, e in qualche modo gradevole.

Mentre la fissava, vi fu un bagliore improvviso di luce arcobaleno, e tutti i presenti alzarono lo sguardo e mormorarono sbalorditi: il Mythal era nato!

Elminster si sentì commuovere e si sollevò da terra per unirsi in ciò che già echeggiava nelle strade. Elfi, mezzi elfi e umani in tutta Cormanthor stavano cantando insieme. La medesima canzone spontanea della nascita del Mythal: radioso, magnifico e ultraterreno. Tutti si abbracciarono meravigliati, e la terra fu inondata di lacrime.

«Sì», sussurrò Lord Mornmist, lo sguardo fisso su un punto lontano. I servi spostarono lo sguardo dal suo viso assente a quello della moglie. China sopra Nelaeryn, il volto rigato da lacrime copiose.

«Perché?», gemette freneticamente. « Perché i maghi non arrivano?»

I servi si scambiarono occhiate ansiose, non osando però rispondere. Poi Nelaeryn Mornmist si sollevò dal suo abbraccio gentile come prelevato da una mano invisibile. Ithrythra urlò, ma un istante più tardi le sue grida divennero singhiozzi di gioia, quando il marito aprì gli occhi ed esclamò: «Sì! Finalmente! La gloria è giunta a Cormanthor!»

La sua voce squillò come una tromba mentre si sollevava nell’aria sopra di loro, e fiamme blu fuoriuscivano dai suoi occhi.

«Oh, Ithrythra» chiamò, «vieni a dividere con me questa meraviglia. Venite tutti!» L’elfo tese una mano, e si udirono mormorii di sorpresa quando i servi si sentirono sollevare con delicatezza infinita, e si unirono al padrone, la cui risata risuonava ora come un corno trionfale.

Nlaea si mosse nelle braccia del giardiniere, ed emise un suono flebile, ma soddisfatto. L’elfo abbassò lo sguardo, scivolò sul sentiero, e per poco non la lasciò cadere.

«Fai attenzione!», sbottò Alaglossa al suo fianco, sostenendo entrambi con le braccia robuste.

Nlaea si agitò nuovamente, e d’un tratto si librò nell’aria. Il servo inciampò, sbilanciato dal cambiamento improvviso, e cadde in un cespuglio di galamathra.

«Nlaea?», urlò Lady Tornglara in preda al panico. «Nlaea!»

La ragazza si voltò e le sorrise. «Non vi preoccupate, Signora», esclamò dolcemente, e fiamme blu sembrarono fuoriuscirle dagli occhi mentre parlava. «Cormanthor è finalmente incoronata».

Mentre la serva fluttuava sopra di lei, Alaglossa cadde in ginocchio sul sentiero e iniziò a pregare in un fiume di lacrime gioiose.

Galan Goadulphyn si guardò intorno, incredulo. Corpi elfi fluttuavano da ogni parte, e dappertutto si udivano risa e pianti di gioia. Qua e là s’innalzavano grida d’esultanza. Cormanthor era impazzita d’un tratto?

L’elfo si affrettò verso una casa riccamente addobbata, la cui porta era aperta. Bene, se erano tutti occupati con le celebrazioni, forse non avrebbero notato l’assenza di qualche oggetto.

Si era quasi intrufolato all’interno quando una mano risoluta gli torse l’orecchio sinistro. Galan si divincolò e si voltò di scatto, estraendo repentino un pugnale. «Chi?», ringhiò ma subito dopo s’interruppe, la bocca ancora aperta.

La donna conosciuta come la più bella e fatale di tutta Cormanthor gli sorrise come in un sogno, fluttuante sulla soglia, le membra avvolte da fuoco blu. «Diamine, Galan», esclamò allegramente Symrustar, «mi fa molto piacere. Finalmente ti sei lasciato alle spalle i furti, e sei tornato a Myth Drannor per ripagare le tue vittime di tutto ciò che hai rubato!»

Il ladro contorse il volto, confuso e incredulo. «Che cosa? Ripagare? “Myth Drannor”?»

Quelle furono le ultime parole che pronunciò prima che labbra sfavillanti si unissero alle sue, e gemme d’ogni colore iniziassero a fuoriuscire, volando, dai suoi stivali, come vespe arrabbiate che lasciano un nido, e fluttuassero nell’aria limpida di Myth Drannor.

Quella notte il sorgere della luna sopra Myth Drannor fu un momento di gioia. Corni e arpe vennero suonati all’infinito in una piacevole cacofonia, come se tutte le feste di un anno fossero state riunite in un’unica celebrazione frenetica. Grazie alla meraviglia invisibile e silenziosa che sovrastava la città come una volta protettrice, chi prima non era in grado di volare, ora poteva farlo senza bisogno d’incantesimi. L’aria era piena di elfi abbracciati e sorridenti; il vino scorreva liberamente e abbondavano le promesse di matrimonio. La luna era piena e brillante, e i suoi raggi illuminavano il pavimento della Camera della Corte attraverso il tetto devastato.

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